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Tornati finalmente a casa salutai Ania e Carlos e mi fiondai in camera.
Decisi di cambiarmi in qualcosa di più comodo e così mentre aspetto che il computer si accenda indosso una tuta e una felpa, mi siedo alla scrivania indosso le cuffie, collego il joystick e faccio partire il gioco.
Decisi di provarne uno nuovo, la trama e la grafica sembrano interessanti anche se sembrerebbe essere troppo semplice, riuscire a scappare e sopravvivere in un vecchio castello del 700 tormentato dallo spirito infuriato della sua Lady murata e bruciata viva in una delle torri.
Ma se volevo far passare al meglio questa notte un gioco horror è quello che ci vuole per una scarica di adrenalina per restare svegli tutta la notte, è perfino meglio del caffè.

Non mi aspettavo che rivedere George mi procurasse un così forte tumulto di emozioni.
Erano anni che non lo vedevo e non pensavo a lui. Tutti i ricordi di George, di Lukas, e di tutti quei anni non li voglio più rivivere.
L'avevo messo bene in chiaro quando prima di prendere il diploma al liceo incontrai per caso George nel quartiere dove eravamo cresciuti, parlammo del più e del meno, o meglio lui parlò per la maggior parte del tempo, io ascoltai esordendo con qualche frase ogni tanto, ma ricordo chiaramente di averlo guardato negli occhi e avergli detto un "Non parleremo mai più di Lukas", non lo dissi con rabbia o cattiveria, George mi guardò, annuì e prima di andare disse "Va bene come vuoi tu, Rei. Ma posso almeno dire che mi manca il mio vecchio amico?"
Dopodiché non vidi più George, non avevamo litigato ma io non lo cercai, lui non cercò me.
Pensavo che avremmo continuato così per sempre, o almeno lo credevo prima di questa sera.

In una città a più di un'ora dalla nostra piccola cittadina dove eravamo cresciuti me lo ritrovo raggiante su un palco con la sua chitarra ad una serata in un pub in cui non volevo nemmeno andare.
Se non fosse per Ania e Carlos ora non starei qui a pensare a lui e a tutti quei anni che cerco invano di seppellire e dimenticare.
No! Dormire e permettere al mio subconscio di giocarmi qualche brutto scherzo facendomi rivivere uno di quei ricordi, non potevo permettermelo. Schiacciai il tasto play appena comparve sullo schermo e iniziai a giocare.

Quasi solbazzai quando vidi un raggio di luce improvviso apparire dalla porta, e la mia camera passò dal buio quasi totale ad una penombra, ora potevo distinguere i vari mobili della stanza.
Mi voltai e vidi Ania in piedi sulla soglia, mi tolsi le cuffie e appena notò che non ero nel mio letto spostò lo sguardo verso la scrivania e si portò le braccia al petto.
«Rei!»
Esclamò leggermente arrabbiata e preoccupata, camminò verso di me con ampie falcate
«Hai di nuovo passato così la notte?! Almeno hai dormito qualche ora?»
La guardai e annuii, anche se non era vero ma almeno così potei vedere il volto di Ania rilassarsi un pochino.
«Rei, amigo ti stiamo chiamando da dieci minuti se non ti alzi non farai mai in tempo per le lezioni»
La voce di Carlos proveniva da un altra stanza, forse la cucina o dalla sua camera, ma si faceva pian piano più vicino segno che stava venendo anche lui qui.
Entrò accendendo la luce, strizzai velocemente gli occhi per il cambio improvviso di illuminazione.
«Oh, sei sveglio»
Continuò entrando anche lui nella stanza.
«Già, e ha passato quasi tutta la notte sveglio al computer. Mi domando davvero come farai a stare attento alle lezioni di oggi»
Aggiunse Ania severa, Carlos continuò a farsi strada nella camera superando la forma mia e di Ania e si diresse alla finestra.
Scostò le pesanti tende blu e la aprì spalancandola completamente, io lo guardai storto.
«Abuela dice sempre che al mattino le camere devono poter respirare, prendere aria, così gli spiriti maligni venuti nella notte possano essere liberi di andarsene»
Disse muovendo le mani come a scacciare via l'aria verso la finestra.
«Si ma fa freddo, Abuela non ti ha detto nulla sul come non morire congelati?»
Replicai calmo, sul visto di Carlos sguizzò un sorriso
«No, però potrai chiederglielo tu stesso quest'estate quando andremo a trovarla»

Ah vero, mio ero dimenticato che Carlos, o meglio Abuela,  la nonna di Carlos, aveva insistito per ospitarci a casa sua in Messico quest'estate appena finite le lezioni.
La famiglia di Carlos nonostante fosse tra noi tre quella più lontana e divisa geograficamente, riusciva sempre a restare unita e mantenere una comunicazione costante.
I suoi nonni erano rimasti a vivere in Messico, dove lui è nato è cresciuto per i primi anni, poi a sua madre, donna molto intelligente e caparbia era stato proposto, dato anche la sua straordinaria capacità di parlare tre o quattro lingue, un importante lavoro in un' azienda. Così Carlos con i suoi fratelli e i suoi genitori si trasferirono qui, suo padre si aprì un piccolo ristorante che divenne presto popolare e di successo e decisero di espandersi quando anche uno dei fratelli maggiori di Carlos si appassionò alla cucina.
Nonostante anche altri membri della famiglia avessero lasciato il Messico o semplicemente si erano trasferiti in un' altra città messicana, d'estate riuscivano sempre a riunirsi a casa della Abuela.

What's my name?Where stories live. Discover now