Capitolo 5.

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Drew è probabilmente la persona che mi conosce meglio di tutti, ci frequentiamo da quando avevamo tredici anni, anche se è nell'ultimo periodo che fa parte davvero della mia vita

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Drew è probabilmente la persona che mi conosce meglio di tutti, ci frequentiamo da quando avevamo tredici anni, anche se è nell'ultimo periodo che fa parte davvero della mia vita.

Lui era uno dei ragazzi che frequentava la palestra di suo zio e che seguiva il corso di arti marziali. Io, l'unica ragazzina che faceva gli esercizi di un adulto e nessuno batteva ciglio in merito, come se fosse normale che sollevassi pesi e prendessi a pugni un sacco da boxe.

Un giorno in palestra, poco dopo la fine dell'ultimo anno di liceo, Drew mi si avvicinò e mi aiutò con un paio di esercizi. Venne tutto in maniera naturale, per niente forzata e avercelo attorno durante gli allenamenti non era così male, visto che era un avversario piuttosto valido.

Imparò a capire i miei silenzi, le mie smorfie, a gestire i miei attacchi e a porvi rimedio, quindi, quando gli dico "Portami a respirare" sa esattamente dove deve andare. Per questo ci troviamo davanti alla palestra dello zio, di cui ha le chiavi, e varchiamo la soglia, chiudendoci la porta alle spalle.

Drew non ha aperto bocca durante il viaggio, resosi conto che la mia richiesta d'aiuto fosse davvero disperata. Prima di parlare ho bisogno di sfogare un po' i miei sentimenti e di metabolizzare, e c'è solo un posto in cui potrei farlo: davanti a un sacco da boxe.

Mi tolgo i tacchi e li lascio poco lontano dall'entrata, perché non voglio rischiare che il parquet si rovini. Mi lego i capelli in una coda, con l'elastico che porto sempre al polso e mi guardo attorno.

«Andiamo, dovrei avere qualcosa nell'armadietto» Drew mi fa cenno di seguirlo e mi incammino alle sue spalle.

Mi sembra strano essere qui a quest'ora della notte. Mi è capitato ancora di restarci fino a tardi, ma sono fuori dal mio tempo massimo di almeno un'ora, se non di più.

Drew accende le luci senza sforzo, è cresciuto lì dentro, prima con le arti marziali e poi spostandosi sulla boxe e la MMA. Due sport che sembrano essere l'antitesi di Drew, che nella vita preferisce la filosofia del "vivi e lascia vivere" piuttosto di arrabbiarsi, ma ormai ho capito che è il suo modo per bilanciare la sua vita, senza quegli sfoghi probabilmente prenderebbe a pugni qualcuno dalla mattina alla sera. Io lo farei.

Il biondo si avvicina al suo armadietto, l'unico esclusivo, e lo apre, recuperando le chiavi dal suo mazzo. Ci infila dentro la testa, per poi lanciarmi un paio di pantaloncini, che prendo al volo.

«Mmh, credo di non avere una maglietta» la sua voce risuona un po' rimbombata, perché rimbalza sulle pareti dell'armadietto.

«Fa niente, mi arrangio.»

Si alza e si chiude lo sportello alle spalle. «Tette al vento?» ammicca.

Scuoto la testa e mi siedo sulla panca, per far scorrere i leggings di pelle sulle gambe. «Tengo su questo» indico il top di pizzo che indosso.

«Preferisco senza.»

Gli lancio i leggings addosso e lui scoppia a ridere. «La smetti di fare queste battute?»

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