Capitolo 13.

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Ho deciso che non mi importa come Rev decide di vivere in casa, se ha intenzione di ignorarmi e di cercare di non incrociarmi è un problema suo, anche se mi piacerebbe dannatamente sapere perché continua a comportarsi in questo modo

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Ho deciso che non mi importa come Rev decide di vivere in casa, se ha intenzione di ignorarmi e di cercare di non incrociarmi è un problema suo, anche se mi piacerebbe dannatamente sapere perché continua a comportarsi in questo modo.

Dopo lo sconforto della sera prima, avvenuto più che altro perché fatico a comprendere i miei stessi pensieri, mi sono svegliata con un'energia nuova e una positività diversa. Rev non è un problema mio ed è lui che deve imparare a convivere con me, non il contrario. È lui quello che mi sta evitando, quindi, è lui che ha qualcosa che non va, non io.

Entro in cucina con un sorriso, mentre mi stiracchio. Jeff è appoggiato con il sedere alla cucina, un piatto con delle uova tra le mani e mi squadra non appena varco la soglia. Ho notato che ha l'abitudine di mangiare in piedi a colazione, come se fosse troppo pigro per sedersi.

Quando lo vedo mordicchiarsi un labbro, mi rendo conto che forse non è stata una buona idea uscire dalla camera con solo il pigiama addosso e, per di più, senza reggiseno.

Mi ritrovo ad arrossire e mi dirigo al frigo per recuperare la tanica del latte, tutto pur di ignorare il suo sguardo addosso, anche se ho la sensazione che sia ancora lì.

«Buongiorno,» lo saluto, con la testa affondata al fresco. Forse è il caso che mi riprenda un attimo prima di tornare a fronteggiarlo.

Sento la sua presenza alle mie spalle e mi ritrovo a sussultare quando mi prende per i fianchi e mi fa sbattere contro il suo corpo. Il suo naso affonda nel mio collo, dove vi lascia un bacio di sole labbra.

«Piccola, giuro, ci sto provando a fare il bravo, ma non puoi presentarti così di prima mattina, quando i miei neuroni non sono ancora del tutto collegati e non riesco a darmi un freno.»

La sua voce è roca, rotta, e mi sembra di percepire la sua difficoltà, anche se non riesco a capire per quale motivo lo sia tanto.

«Sono le otto, Jeff» sussurro senza fiato, perché è la prima volta che si spinge tanto oltre.

«Per me è come se fosse l'alba» mi tiene tra le sue braccia e inspira il mio profumo a fondo.

Mi lascio cullare da lui senza avere la forza di staccarlo, perché sarei un'ipocrita a non ammettere che mi faccia sentire bene stare tra le sue braccia.

«Domani mi cambio.»

«Sarebbe fantastico, grazie. La mia sanità mentale ringrazia.»

Scoppio a ridere, perché non può dire davvero. Non riesco a prendere sul serio le sue parole, forse perché non mi vedo capace di provocare un effetto del genere in un uomo.

Mi muovo fino al pensile dove si trovano le ciotole e mi alzo sulle punte per recuperarne una, ma lui mi raggiunge e la prende al posto mio. La appoggia sul tavolo, mi ruba la tanica del latte che tengo tra le mani e lo versa.

Si sporge per lasciarmi un bacio sulla guancia. «Me ne vado, prima di fare qualcosa di cui mi pentirei.»

«Prima che Rev pensi che sia colpa mia, se improvvisamente hai gli ormoni a palla.»

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