Capitolo 17.

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Io tutto mi sarei immaginata tranne quello che mi trovo davanti e giuro che vorrei avere una reazione diversa e smetterla di fissarlo, ma non riesco

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Io tutto mi sarei immaginata tranne quello che mi trovo davanti e giuro che vorrei avere una reazione diversa e smetterla di fissarlo, ma non riesco.

Il respiro mi resta incastrato nei polmoni per un po', fatica a uscire come se non trovasse la giusta via e mi fa annaspare, mentre passo gli occhi su ogni dettaglio del suo viso.

Dio, non ci posso credere.

Ho fantasticato in mille modi, ma niente può competere con il reale motivo per cui lui voleva che non lo vedessi e mi si spezza il cuore a pensare che si voglia nascondere, che si vergogni con me, di qualcuno che dovrebbe essere la sua famiglia.

Rev è bello, continuo a pensarlo, ma di una bellezza rotta, spezzata. Lo guardo e non posso fare a meno di pensare alle speranze infrante, agli imprevisti che ti complicano la vita e ti costringono a stravolgerla. Lo studio e mi chiedo cosa possa aver deturpato a quel modo il suo viso, trasformando un uomo che doveva essere stupendo in una tela sfregiata, rovinata dal tempo.

Una cicatrice gli taglia il sopracciglio destro in due, distogliendo l'attenzione da tutte le altre che costellano la guancia, il mento, il collo. Sembrano cicatrizzate ormai da anni, ma da lontano e grazie alla luce che lo colpisce quasi in pieno volto, deduco quanto siano state profonde le ferite che le hanno prodotte.

Se ho creduto che vedendolo in viso avrei avuto delle risposte, mi sono sbagliata di grosso, perché stanno aumentando in maniera esponenziale, come la sensazione cocente che mi sta attraversando il petto adesso che finalmente lo posso guardare negli occhi. Mi domando quanta sofferenza deve aver provato, cosa gli è successo per sfregiare a quel modo il suo intero corpo, perché le ricordo le cicatrici che ho intravisto sulla sua schiena quando eravamo in palestra. Avrei così tante domande da porgli, ma mi rendo conto che l'unica cosa che voglio davvero fare in questo momento è toccarlo, per togliergli dallo sguardo quella durezza che lo sta adombrando.

Gli sono a pochi metri di distanza, mi sono fermata quando si è girato nella mia direzione, ma adesso che mi sta passando lo shock voglio avvicinarmi a lui, toccarlo.

Stringe i pugni lungo i fianchi e contrae la mascella. «La smetti di guardarmi così, per favore?» il tono è il suo solito, duro e strafottente, ma adesso una parte di me intravede il motivo per cui forse si comporta a questo modo.

Ignoro il formicolio che mi invade e tento un sorriso. «Come ti guardo?» sussurro, con un filo di voce, perché mi abbandona nello stesso instante in cui tento di parlare e sono costretta a schiarirmela.

«La compassione puoi tenerla per te, intesi?»

Sussulto, il sorriso mi svanisce dalle labbra e lo guardo confusa. «Compassione? Io... non ti sto guardando con compassione!» mi indispettisco.

«Fidati, è lo stesso sguardo che hanno tutti.»

«Com'è successo?» non mi risponde, ma i suoi occhi rimangono puntati nei miei prendendosi il battito del mio cuore.

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