Capitolo 16.

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È domenica, sono da sola perché Jeff è partito per sbrigare qualche faccenda di cui non mi è dato sapere e Arnold è uscito

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È domenica, sono da sola perché Jeff è partito per sbrigare qualche faccenda di cui non mi è dato sapere e Arnold è uscito.

E l'idea di avere casa tutta per me mi rende euforica, perché non vedevo l'ora succedesse.

Gli animi con Jeff si sono calmati, anche se lui non riesce a fare a meno di toccarmi ogni volta che mi sta attorno e io accetto le sue attenzioni di buon grado. Arnold ci ha guardato per tutto il pomeriggio scuotendo la testa e con il chiaro avvertimento nello sguardo, ma a nessuno dei due è interessato davvero.

Sono in camera, il portatile aperto sul letto con una playlist di musica rilassante in riproduzione e un libro stretto tra le mani. Nonostante i buoni propositi di rendere la stanza più accogliente e più mia, non ho ancora cominciato ad arredarla, forse perché non sono stata colta dall'estro giusto.

Sento il cellulare vibrare più volte all'arrivo di alcuni messaggi, ma lo ignoro, troppo presa dalla lettura, ma quando comincia a diventare troppo insistente, sposto lo sguardo con uno sbuffo.

Drew mi sta tartassando di messaggi, tutti che riportano la stessa scritta "Ti devo parlare", "È urgente." Prova anche a chiamarmi, ma lo ignoro, volendo continuare a leggere, ovviamente con scarsi risultati. Il mio telefono vibra a ogni messaggio, a ogni chiamata, negandomi la concentrazione necessaria.

Guardo nuovamente il telefono e mi scappa un sorriso.

Chatty

Lo sai che so essere piuttosto fastidioso.

Non smetterò fino a quando non mi risponderai.


Sbuffo, sblocco il telefono e faccio partire la chiamata.

«Lo sapevo che una minaccia avrebbe sortito l'effetto desiderato.»

Non l'ho ancora perdonato, non ho superato del tutto la litigata che abbiamo avuto, nonostante abbia cercato in tutti i modi di non pensarci. Ieri Jeff è stato un'ottima distrazione, ma nei momenti in cui sono stata da sola il mio cervello finiva sempre lì, su quelle parole che ha pronunciato con tanta sincerità.

«Che succede?» gli domando senza mezzi termini.

«Quanto sono stato cretino venerdì sera da uno a dieci?»

Ci penso un po' su, una parte di me vorrebbe far finta di niente, ma l'altra non riesce a sopportare di mentire a questo modo. «Cretino 7. Stronzo 10» ammetto e lo sento sbuffare.

«Dio, pensavo di essermelo immaginato.»

Faccio una faccia perplessa, perché la sua frase mi risulta essere un grande enigma. «Di cosa stai parlando?»

«Ok, senti, ti devo confessare una cosa.»

«Sarebbe?» sono allarmata e non lo nascondo.

«Venerdì sera ho preso della roba prima di uscire e mi ha un po' sballato.»

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