Capitolo 47.

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Siamo tornati a casa intorno alle cinque della mattina, perché sembrava che nessuno volesse la serata finisse

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Siamo tornati a casa intorno alle cinque della mattina, perché sembrava che nessuno volesse la serata finisse. È stato tutto una completa sorpresa, considerando che per me il massimo del divertimento era una serata pizza e divano con Drew. La discoteca non sarà il mio habitat naturale, ma ho apprezzato il gesto di Aaron, che ha cercato di organizzare tutto perché io non sospettassi niente.

Non gli ho effettivamente chiesto se è stato lui ad avere l'idea e lui di sicuro non l'ha confessato, ma l'ho capito dal modo in cui tutti hanno parlato e da qualche frase sporadica che Gwen mi ha rivolto, prima di essere del tutto ubriaca.

È stata la prima volta in cui l'ho vista mollare davvero il freno e sono convinta che sia merito della presenza di Carter, che sembra essere interessato alla vita di Gwen al di fuori dell'ufficio. È un gesto che ho apprezzato, anche se non mi basta per conquistare pienamente la mia fiducia. Ho visto passare troppi uomini nella vita di Gwen che sembravano essere perfetti, ma che poi si rivelavano essere degli stronzi. Il mio istinto mi dice che Carter non sia così, ma potrebbe essere stata l'influenza della sorpresa ad aver offuscato i miei sensi, ormai si sa che, quando ho Aaron nei paraggi, non ragiono lucidamente.

Dio, se ripenso a quello che abbiamo fatto in ufficio, mi ritrovo ad arrossire, io... ma davvero ho detto quelle cose ad alta voce? Sì, e Aaron non è voluto uscire da lì fino a quando non abbiamo messo in pratica tutte le mie fantasie. È stato spossante, ma anche tremendamente eccitante.

Se qualche settimana fa mi avessero detto che il giorno del mio compleanno avrei fatto il miglior sesso della mia vita, sarei scoppiata a ridere.

E invece...

«Programmi per la giornata?» intreccio le gambe a quelle di Aaron e affondo il naso nel suo collo, appoggiando la testa in quell'incavo che sembra disegnato apposta per me.

«Dimmelo tu, è il tuo giorno» mi accarezza la schiena in punta di dita.

Siamo nudi, mi sono svegliata con lui attaccato al mio collo e la mano sul mio sedere, è stato inevitabile finire a fare l'amore.

Ci penso un po' su, rendendomi conto che in realtà mi è stato dato più di quanto abbia mai avuto e che non so cos'altro potrei desiderare ancora. Appoggio il mento sul suo petto e lo guardo. Ha gli occhi chiusi, il viso rilassato, la barba un po' più incolta del solito.

«Quand'è il tuo compleanno?»

«7 aprile.»

«Dio, ora capisco molte cose» sghignazzo.

Spalanca gli occhi e aggrotta le sopracciglia. «Che vorresti dire?»

«Che mi è chiaro perché sei un cazzo di maniaco del controllo, è perché sei un ariete.»

Comincia a solleticarmi i fianchi, facendomi ridere ancora più forte. Mi riverso sulla schiena perché vorrei tenerlo lontano, ma lui mi segue, imperterrito, mentre le sue dita corrono delicate sulla mia pelle. Sa essere tanto rude quanto leggero e non riesco mai a spiegarmi come faccia.

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