CAPITOLO UNDICI

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Torno alla camerata da sola.
Io ed Eric ci siamo accordati che nessuno dovrà mai sapere della nostra parentela, non sarebbe visto di buon occhio. Penso che sarà facile mantenere il segreto, dopotutto non ci assomigliamo neanche lontanamente.
Ho male dappertutto e non mi sento più metà faccia, quando mi guarderò allo specchio non sarà un bello spettacolo.
Mi cambio velocemente in bagno e vado a letto senza badare a niente e a nessuno. Ho solo bisogno di non pensare per un po', poi si vedrà.

Il giorno dopo mi alzo tutta indolenzita. Ho un livido enorme su tutta la guancia destra e un grande taglio sopra il sopracciglio, senza contare gli innumerevoli ematomi sparsi per tutto il corpo.
Oggi andremo alla recinzione.
Questo pensiero mi turba, oltre la recinzione c'è la mia ex fazione e la mia famiglia. Sicuramente ci sarà qualche Pacifico con il suo camion e io mi sentirò maledettamente a disagio di fronte a lui, vestita da Intrepida.
Usciamo dal palazzo e ci dirigiamo verso i binari. Solo il pensiero di saltare su di un treno in corsa in queste condizioni fa urlare ai miei muscoli pietà; mi servirebbe proprio una mano, ma Al è troppo impegnato ad aiutare Tris.
Cerco di balzare dentro al vagone più agilmente che posso, ma le mie gambe doloranti non reggono e finisco per perdere l'equilibrio.
Una mano mi trattiene saldamente dal fianco impedendomi di cadere dalla porta aperta. Mi giro e sto per ringraziare il mio salvatore quando vedo che è Peter.
Mi guarda negli occhi, sicuramente si aspetta che gli dica qualcosa. Sposto la sua mano dal mio fianco senza parlare.
Anche un solo "Grazie" è difficile da dire a Peter.
Vado verso un angolo del vagone senza dire niente mentre sento che se la prende ancora con Tris.
Mi fa venire il nervoso quando fa così.
«Chris» Al si avvicina «Scusa, volevo aiutare Tris» dice mentre le guance gli si colorano di rosso.
«Non preoccuparti, me la sono cavata benissimo anche da sola» gli do un buffetto sorridendo. Non me la prendo se lui cerca di fare il carino con Tris.

Il treno non ci mette molto ad arrivare a destinazione. Scendiamo e ci ritroviamo davanti alla recinzioni, per me così famigliare.
Respiro profondamente.
L'aria non è pulita come nei campi, me è sempre più fresca che nei corridoi degli Intrepidi.
Quattro ci guida verso il cancello e inizia a parlare del lavoro delle guardie.
Io le conosco bene; alcune sono gentili, altre veramente assillanti e maleducate. Altre guardie pattugliano oltre le fattorie e sono le più severe. Non permettono a nessuno di avvicinarsi o di chiedere cosa c'è là fuori.
Ormai nessuno domanda più da che cosa ci stiamo proteggendo.
«Guarda contadina, non ti senti a casa?» il sussurro mi Molly mi arriva da dietro l'orecchio. Faccio finta di niente, avrò altre occasioni molto più interessanti per scontrarmi con lei.
Le guardie aprono il cancello. Anche il rumore mi fa male, è tutto troppo famigliare.
Entra un camion e io mi sposto dietro ad Al, nascondendomi nella sua ombra. Non so esattamente perché, ma non voglio che mi riconoscano.
Vesto i panni di un'Intrepida, ma non lo sono ancora. Sono in una specie di limbo fra cosa sono stata e cosa diventerò, una situazione fragile e precaria che non voglio far vedere a loro.
Mentre le guardie stanno ispezionando il camion mi viene l'improvvisa voglia di correre verso il cancello, uscire e chiuderlo; lanciarmi per i campi fino alla mia casa, riabbracciare i miei genitori.
Irrigidisco tutti i muscoli. L'ho voluto io e non mi pento di essermene andata.
Non voglio pentirmene.
Al non si sposta e non mi domanda niente, gliene sono infinitamente grata.
Dopo questa veloce ispezione è ora di tornare indietro.
Lancio un'ultima occhiata verso i campi e corro verso il prossimo vagone.

DIVERGENTEWhere stories live. Discover now