CAPITOLO VENTISETTE

2.3K 154 16
                                    

Mi sveglio molto presto, mentre tutti dormono, così posso permettermi di fare una doccia con più tranquillità.
Nonostante ci siano sempre dei lamenti durante la notte, il dormitorio sembra molto più silenzioso senza quelli di Al.
Mi infilo i miei soliti pantaloni neri anonimi e una maglietta scura leggermente aderente.
Il mio modo di vestire è cambiato radicalmente rispetto a quando ero tra i Pacifici, lì il mio attuale abbigliamento sarebbe stato triste e assolutamente fuori luogo.
Cerco di sistemarmi alla meglio i capelli sulle spalle ed esco in silenzio.
Queste sono le mie ultime ore per i corridoi del dormitorio, dopo la prova di domani verremo spostati negli appartamenti dall'altro lato del quartiere.
Mi sento fin troppo sicura di riuscire a superare il test; finora tutto è andato per il meglio dal punto di vista della mia divergenza, nessuno lo sospetta e io sono fiduciosa di poter mantenere il segreto.
Mi fermo allo strapiombo e guardo giù; per quanto io possa odiare questo posto, riesce ancora a rapirmi.
Rimango lì per un po' a pensare, poi decido che è meglio andare a fare colazione finché la mensa è ancora mezza vuota.

Siedo da sola al solito tavolo e consumo il mio pasto in religioso silenzio.
Una cosa che manca completamente agli Intrepidi è la calma, fanno tutto freneticamente, anche mangiare.
Quando mi alzo vedo Eric che si avvicina a me.
«Ciao Christal» mi saluta «Ho sentito che te la sei cavata molto bene ieri, come le altre volte dopotutto»
«Si, mi impegno» dico vagamente.
«Certo. Senti, ti devo parlare di una cosa» abbassa la voce e si avvicina al mio orecchio «Ma non qui, vieni oggi pomeriggio in palestra»
«Okay...»
«Mi raccomando, è molto importante» se ne va senza aggiungere altro, lasciandomi un po' perplessa.
Forse ha scoperto che sono una Divergente? Il pensiero mi fa rabbrividire.
Mentre mi dirigo verso l'uscita della mensa, entra Peter, seguito a poco distanza da Molly e Drew. Alla vista di quei due insieme mi viene da ridere e cerco di trattenere la risata, mentre Peter mi lancia un'occhiata divertita.
«Dove stai andando?» mi chiede sulla soglia della porta.
«Vado a pensare» gli sorrido ed esco.

Il vento freddo mi accarezza i capelli e la faccia. Faccio dei profondi respiri e cerco di concentrarmi il più possibile.
Le miei paure.
Di cosa ho veramente paura? Sicuramente non dell'altezza, sono seduta sull'orlo di un tetto.
I topi potrebbero ricomparire?
Sono sempre più confusa, ho la sensazione che lo scenario sia fatto per paure ben più profonde.
Mi volto sentendo la porta aprirsi, Peter esce sul tetto e mi guarda sorridendo.
«Quando mi hai detto che andavi a pensare, immaginavo di trovarti allo strapiombo»
«È più tranquillo qui, non ci viene mai nessuno»
Si avvicina a me, ma rimane in piedi.
«Hai pensato alle tue paure?» mi chiede.
«Un po'... tu?»
«Ho in mente qualcosa...»
«Sarà difficile»
«Forse per gli altri, non per te, ne sono certo» sento un brivido lungo la schiena, ne è convinto perché sa che sono una Divergente?
Mi alzo e mi volto verso di lui, ora siamo faccia a faccia, lui nella parte interna e io con i piedi sul bordo.
«Perché dici questo?» indago.
«Perché hai sempre dimostrato di essere intelligente, forte e coraggiosa. Ci dovresti essere tu in cima alla classifica, non la Rigida» mi scappa un sorriso, lui non può sapere niente, mi sto facendo troppe paranoie.
«Il mio non è coraggio, Peter, è...» mi blocco un attimo; anche se in questi giorni mi sono avvicinata a lui, non ho nessuna intenzione di rivelargli la mia divergenza «Stupidità» dico infine.
«Assolutamente no, fidati, te lo sta dicendo uno che ne ha fatte tante di cose stupide» sentenzia seriamente.
«Si... in effetti tu di cose stupide ne hai fatte un'infinità»
Lui ride e continua a guardarmi negli occhi.
«Sai però cosa trovo stupido? Che ogni volta che devi pensare vai a giocare a mosca ceca con la morte» e dicendo questo, mi prende per le braccia, mi sposta verso l'interno e poi di lato.
«Non hai paura a dare le spalle al vuoto?» mi chiede piano, siamo solo a pochi centimetri di distanza.
«No...» mi viene da guardare in tutte le direzioni tranne che nella sua.
A quella distanza noto veramente quanto è alto, gli arrivo al petto e vedo le braccia irrigidirsi, ma non credo sia per il freddo.
Il vento mi fa volare i capelli davanti alla faccia, alzo un braccio per spostarmeli e Peter ne approfitta per mettermi una mano sul fianco.
Sento un brivido per tutto il corpo.
Mi porta ancora un po' più verso di sé e io mi costringo a guardarlo in faccia.
Ha proprio un bellissimo volto.
I suoi occhi sono puntati sulle mie labbra e sembra indeciso sul da farsi.
Ha paura che io possa reagire male?
Sorrido per l'imbarazzo e probabilmente lui lo prende come un segnale.
Si china verso di me e il mio cuore comincia ad accelerare; è molto bello quando non accelera per la paura.
Anche se non so bene cosa fare, mi sporgo verso di lui e chiudo gli occhi quando le nostre labbra si toccano.
Sono assolutamente certa di avere appena dimenticato come si respira, ma l'ossigeno non mi sembra più una cosa così importante.
Mentre Peter continua a premere le sue labbra contro le mie, gli metto le braccia intorno al collo e lui mi cinge la vita con il braccio libero.
Non avevo mai provato una sensazionale così, è come un'esplosione  in pieno stomaco che non fa male, anzi.
Potrebbero passare minuti, ore, ma non me ne accorgerei.
Quando Peter stacca le sue labbra dalle mie, mi sento per un momento vuota; c'è davvero bisogno di tornare alla realtà? Non possiamo rimanere così per sempre?
Poi quella sensazione svanisce e lascia il posto all'euforia, lo vedo sorridere e non potrei essere più felice.
Faccio un passo indietro, cercando di tornare in me. Non sono una di quelle ragazze frivole e spensierate che vanno in giro saltellando mano nella mano con il loro fidanzatino, eppure non riesco a smettere di sorridere.
Sento la faccia in fiamme. Sono rossa? Mi imbarazza da morire diventare rossa e così divento ancora più rossa.
Vorrei dire qualcosa, ma il mio cervello non sembra in grado di elaborare un pensiero logico.
Inizio a pensare che troppa euforia faccia male.
«Avresti potuto buttarmi giù dal tetto» Peter sorride scoprendo i suoi denti perfetti; forse è solo una mia impressione, ma mi sembra un po' rosso.
«Questa volta ti è andata bene» gli sono infinitamente grata di aver spezzato la tensione.
Alcune gocce iniziano a scendere.
«Faremo meglio a rientrare» dico, senza smettere di sorridere.

DIVERGENTEWhere stories live. Discover now