CAPITOLO VENTIDUE

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Mi sveglio molto tardi. Sono già tutti andati a fare colazione e io mi devo sbrigare se voglio mettere qualcosa sotto i denti. Scendo dal letto velocemente e corro a cambiarmi. Quando torno alla camerata per infilarmi le scarpe, noto qualcuno che prima non avevo visto.
Al è steso sul letto a faccia in giù, senza fare alcun rumore. Inizialmente penso che stia ancora dormendo, ma lui si sveglia sempre presto.
«Al?»
Non mi risponde ma si muove impercettibilmente, sembra quasi che stia singhiozzando.
«Al, che succede?» mi avvicino e allungo una mano per poggiargliela sulla spalla, ma lui si alza di scatto e si allontana.
È letteralmente stravolto, ha gli occhi gonfi di pianto, la faccia bagnata dalle lacrime e sta tremando.
«Che succede?» ripeto guardandolo negli occhi, lui abbassa lo sguardo.
«N-non dovresti a-avvicinarti a me» singhiozza più forte.
«Ma perché? Al, per favore, spiegami che cosa è successo»
«N-niente.»
«Niente? Oh, andiamo, Al! Non mi muoverò da qui finché non me lo dirai» mi siedo sul letto e incrocio le braccia e le gambe. Lui mi guarda in silenzio, tremando come una foglia.
«Ho fatto una cosa orribile» dice tutto d'un fiato.
«Cosa?» cosa può aver mai fatto Al di così terribile?
Fissando il cuscino, inizia a raccontarmi di come lui, Drew e Peter abbiano aggredito Tris allo strapiombo, di cosa le hanno fatto e dell'arrivo di Quattro.
Lo guardo incredula. Al è la persona più buona di questo mondo, non può aver fatto una cosa del genere.
«Cosa speravi di fare?» gli chiedo duramente.
«Io... io non lo so! Non la volevo buttare giù! Non la volevo uccidere!» ricomincia a piangere, sempre più forte. Si rannicchia e mette la testa tra le braccia.
«Vai dagli altri. Lasciamo solo»
Me ne vado. Non so cosa dirgli semplicemente perché sono scioccata anch'io.
Come ha potuto farlo? Come gli è venuto in mente?
Ma la risposta già la so, qualcuno lo ha convinto, ha sfruttato la sua debolezza.
Sento montare la collera. Peter.

Quando arrivo di corsa al Pozzo vedo Quattro che si sta incamminando con gli altri trasfazione. Mi unisco al gruppo e noto Tris, con ai suoi lati Will e Christina come bodyguard. Più indietro, Peter è con Drew, che ha il volto tumefatto. Quattro ha fatto proprio un bel lavoro.
Non penso a dove stiamo andando, ho ancora davanti agli occhi Al rannicchiato e tremante. Provo un enorme dispiacere per lui, cerco di immaginare che cosa sta provando e sento il cuore sprofondare.
Lui non si merita questo.
Ci fermiamo in un locale che io trovo abbastanza squallido. Quattro ci spiega che qui affronteremo il nostro "scenario della paura", nel quale saranno comprese tutte le nostre peggiori paure.
«Sarete consapevoli di trovarvi in una simulazione» questa frase attira la mia attenzione. Per me non cambierà niente rispetto alle altre volte, ma almeno non mi dovrò preoccupare di nascondermi.
Questo sarà il test finale e ci sarà anche una commissione di capifazione ad osservarci.
Tento di prestare attenzione anche al resto del discorso, ma non ce la faccio. Peter dice qualcosa, Quattro gli risponde, ma non mi interessa.

Quando torniamo indietro, mi avvicino a Peter e lo affianco. Lui si irrigidisce e mi lancia un'occhiata preoccupata.
Se pensa che io sia furiosa ha perfettamente ragione.
Senza che nessuno dei due dica una parola imbocchiamo il corridoio che porta al Pozzo. Qui c'è la porta di una stanza utilizzata come ripostiglio sempre aperta.
Prendo Peter per un braccio e lo spingo nel ripostiglio molto più violentemente di quanto pensassi, tanto che lui cade fragorosamente contro degli scatoloni.
Chiudo la porta alle mie spalle, mentre la rabbia mi acceca.
«Christal!» dice Peter tentando di rialzarsi.
Non posso più trattenermi.
Carico la gamba e gli dò un calcio in faccia.
Lui ricade all'indietro, portandosi le mani alla bocca. Del sangue gli gocciola tra le dita.
Era da tanto tempo che non picchiavo qualcuno per pura rabbia; pensavo che mi avrebbe fatto sentire meglio, invece non provo niente.
«Sei un verme!» gli urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni.
«Hai approfittato di una persona fragile per le tue cattiverie!»
Peter si rialza barcollando, tanto che deve appoggiare le mani al muro, lasciando del sangue sulla parete.
«Guarda che non l'ho costretto!»
«Lo hai usato! Fai veramente schifo»
«Volevamo solo spaventarla...»
«Per cosa? Per far si che se ne andasse dalla fazione? Così tu avresti potuto essere il primo in classifica?»
Allunga un braccio sulla mia spalla e si appoggia alla porta, guardandomi negli occhi dall'alto verso il basso.
Per un momento mi rendo conto che se lui volesse difendersi della mia rabbia avrebbe sicuramente la meglio.
Guardo il sangue che gli cola dal naso e dalla bocca e gli scende giù per il collo.
«Anche tu dovresti aspirare sempre al meglio. Saresti prima se ti impegnassi, ne sono sicuro»
«Giusto!» esclamo ironicamente «Così ti dò una buona scusa per uccidermi!»
«Non volevo uccidere la Rigida e di certo non voglio fare del male a te!»
«Quella classifica vale quanto te, niente» lo spingo via ed esco.

A tarda sera, quando tutti sono già sotto le coperte, mi avvicino al letto di Al. Non ha fatto niente tutto il giorno, è rimasto solo a piangere nella camerata.
«Al» sussurro nel buio «Mi fai posto?»
Si sposta un po' di lato. La branda non è molto larga e lui è grande, ma riesco comunque a stendermi sul bordo.
«Ho deluso tutti, anche te» dice in un sussurro quasi impercettibile.
«Non sono delusa da te»
«Avevi detto che io sono la persona migliore che tu abbia mai conosciuto, ovviamente non è così»
«Al, essere brave persone non vuol dire non commettere sbagli, vuol dire ammettere di aver sbagliato e cercare di non farlo più»
«Non posso più vivere con me stesso»
«Non dire così. Tu non hai fatto niente in confronto alle persone in questo edificio»
«Ma io non voglio diventare come loro...»
Rimaniamo in silenzio. Neanch'io lo voglio, ma ho paura di esserlo già da tempo.
«Pacifico» dice all'improvviso.
«Cosa?»
«Il mio test attitudinale. Sono risultato Pacifico»
Mi viene quasi da ridere. Ce lo vedo bene con una camicia gialla, mentre raccoglie i frutti dai rami alti.
«Io sono risultata niente»
«In che senso?»
«Nel senso che sono niente»
Non mi chiede cosa vuol dire, forse ha già capito che sono una Divergente, o forse no.
«Sei la migliore amica che si possa mai desiderare, Christal»
Non penso proprio di esserlo.
«È tardi, vai a letto»
Mi alzo.
«Buonanotte Christal»
«Buonanotte Al»

DIVERGENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora