CAPITOLO DICIASSETTE

2.7K 146 7
                                    

Abbiamo la giornata libera e io la voglio spendere a cercare Peter.
So che non verrà punito per quello che ha fatto, ma voglio parlargli per capire cosa è successo visto che questa storia in parte mi riguarda.
Passo la mattina ad aggirarmi per corridoi che non avevo mai visto. Mi accorgo che continuando a camminare, in un modo o nell'altro, si finisce sempre al Pozzo. L'aria tra gli Intrepidi è frizzante e gli iniziati sono tutti rilassati e contenti.
Le persone ridono, scherzano, corrono per i corridoi più ripidi. Ora che ci penso, nessun anziano potrebbe mai vivere qui.
Per un momento mi domando che fine facciano gli Intrepidi anziani, ma arrivo alla conclusione che preferisco non saperlo.
Verso mezzogiorno mangio qualcosa al volo in mensa e riprendo a cercare.
Mentre percorro per la decima volta il corridoio che porta al dormitorio lo vedo. Sta venendo verso di me con la testa bassa.
«Peter» lo chiamo. Lui mi guarda un attimo spaesato e poi si gira dalla parte opposta.
«Peter, aspetta!»
Superiamo la camerata e ci infiliamo in un corridoio più stretto e ripido. Lui cerca di accelerare il passo ma io sono disposta anche a corrergli dietro se devo.
La pareti di pietra si fanno sempre più vicine e il pavimento è sempre più in pendenza. Non conosco questo lato dell'edificio e penso che anche Peter stia andando alla cieca.
Alla fine del corridoio c'è una porta di ferro. Peter la apre facendola cigolare rumorosamente e io gli vado dietro senza esitazione. Percorriamo delle scale al buio completo e poi apre un'altra porta.
L'aria fresca mi riempie i polmoni e il sole torna a baciare la mia pelle.
Ci troviamo sul tetto, dalla parte opposta dei binari.
«Perché mia hai portata qui?» gli domando. La sensazione del vento sulla faccia mi fa sentire ancora di più a casa e la vista su tutta la città è stupenda.
«Sinceramente non sapevo che saremmo finiti qua, ma mi piace» accenna un sorriso ma poi si incupisce «Ora non ho via di scampo, dimmi.»
«Volevo solo informarti che non è carino infilare un coltello nell'occhio di una persona»
«Me lo segnerò da qualche parte»
«Perché l'hai fatto, Peter?»
«La cosa mi è sfuggita di mano...»
«Intendi che il coltello da burro che ti sei magicamente trovato in tasca si è sfilato dalla tua mano e ha colpito Edward?»
«Sei qui per farmi la ramanzina? Dovresti ringraziarmi!»
«Per cosa?»
«Forse per averti difesa o forse perché ora che lui e la sua fidanzatina sono fuori il tuo amico è salvo»
«Nessuno te l'ha chiesto.» dico duramente. Non sopporto di dover ringraziare qualcuno, soprattutto per avermi salvata.
«Se io non fossi intervenuto, tu cosa avresti fatto?» si avvicina a me.
«Avrei cercato di liberami da sola»
«Lo avresti buttato giù dallo strapiombo»
«No.» mi irrigidisco.
«Non mentirmi, Christal. So quando menti»
Non bisogna essere per forza Candidi per capire se una persona sta mentendo, ma loro hanno una certa propensione a scovare i bugiardi.
«Comunque lo hai fatto solo per il tuo stupido orgoglio e niente ti dava il diritto di cavargli l'occhio, quindi non cercare di fare l'eroe.»
Mi dirigo verso il bordo del tetto e mi siedo, con le gambe a penzoloni nel vuoto.
«Hai l'abitudine di sederti nei posti più improponibili?» Peter si siede un metro più in dentro, al sicuro dal pericolo di cadere di sotto.
«Mi piace sedermi sui bordi» rispondo avvicinandomi sempre di più al vuoto.
«Posso capire i bordi delle sedie, ma quelli dei tetti mi sembra un po' eccessivo»
Mi circonda entrambe le braccia con le mani. In un primo istante penso che mi voglia spingere, mettendo anche me fuori gioco e potendo rimanere indisturbato in vetta alla classifica; invece mi tira verso di sé, posizionandomi alla sua altezza.
«Hai manie suicide?» mi chiede dopo avermi lasciata.
«No. Tu però hai istinti omicidi.» affermo. Lui guarda la città difronte a noi e non risponde.
Rimaniamo per un po' così, poi rompo il silenzio.
«Non ci sarei mai riuscita»
«A fare cosa?»
«A buttare Edward giù dallo strapiombo. Sarebbe stato troppo pesante per me.... e non sarei riuscita neanche a liberarmi dalla sua presa»
«Non lo so...» fa un sorrisetto «Secondo me avresti tirato fuori una forza niente male»
«L'ultima volta però non mi è andata bene» gli faccio notare.
«Se Eric non avesse fermato l'incontro lo avresti potuto mettere al tappeto»
«Scherzi? Non riuscivo a vedere niente, mi sarei solo fatta ammazzare»
«Mi sembri il tipo di persona che tira fuori il meglio quando ne ha più bisogno, quindi sono convinto che lo avresti battuto.»
Rimango in silenzio. Non saprò mai come sarebbe andato a finire quel combattimento, ma se Eric lo ha fermato vuol dire che non ha visto possibilità in me.
«È vero quello che ha detto Edward? Che fai gli occhioni dolci ad Eric» mi chiede improvvisamente Peter.
«Cosa? Credi alle parole di un ubriaco?»
«Ci sono due tipi di persone che dicono sempre la verità: i Candidi e gli ubriachi»
«Dicono quella che credono essere la verità» specifico.
«Quindi non è vero? Perché effettivamente Eric sembra volerti favorire...»
«No, non è vero. I risultati li ho ottenuti con le mie forze»
«Questo non lo metto in dubbio. Era solo per sapere...»
Mi volto a guardarlo per la prima volta. Le persone fra di loro sono molto diverse. Se fosse stato Al a farmi una domanda del genere, adesso sarebbe tutto rosso e si starebbe fissando le scarpe. Peter invece ha la testa alta, il suo colorito è quello di sempre e guarda tranquillamente il panorama.
Forse sentendosi osservato, si gira verso di me. La luce del sole che sta calando mette in risalto tutte le sfumature del verde nei suoi occhi.
«Perché mi fissi?» chiede piano.
Mi avvicino un po' di più a lui. Scruto bene il suo volto e vedo che deglutisce.
«Perché sei uno psicopatico.» mi alzo e torno dentro all'edificio.
Questo incontro non avrà portato ai risultati sperati, ma ho potuto capire altre cose.

DIVERGENTEWhere stories live. Discover now