[CAPITOLO 3]

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LONDRA

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LONDRA

21 Maggio 1997


Stellina aveva tra le sue mani una tazza color rosso tenue quanto le sue labbra di tè al limone firmato Lipton, ne bevve un sorso e le sue labbra che avevano un colore vivo, divennero bagnate e leggermente gonfie e più colorate.
Era una comune domenica, la città di Londra era viva ed erano circa le otto del mattino.
Guardò attraverso la finestra le cose più comuni, come ad esempio le macchine vagare per le strade, persone entrare nei vari negozi e vedere una famigliola composta da una coppia e un bambino sui tre anni che camminavano felici, la cosa che più la distrusse al punto di sentire una fitta al petto era di vedere un papà che teneva strette le gambe attraverso la testa una bambina intorno sui quattro anni, camminavano e la bambina rideva posando le manine sui capelli del padre.
Un fortissimo senso di colpa avvenne nel cuore, voleva a tutti i costi che Michael sapesse di Chloé e della sua gravidanza, ma ormai era diventato papà ed era sposato per la seconda volta, intuì che lui si dimenticò di lei una volta per tutte e che a stento si chiedeva come era riuscito ad andare avanti così veloce, se lo chiedeva ma senza ottenere una buona risposta.

Ad interrompere i suoi pensieri fu lo squillo di un telefono, era il suo telefono personale e quando vide nella piccolissima schermata verde il numero di Nicole, le apparì sul volto un tenero sorriso, premette il tasto verde per rispondere.
«Adelfì.» rispose la donna con tono contento.
«Oh Sandie, adelfì mia come stai?» domandò Nicole, ma Sandie udì in sottofondo delle voci di alcune persone, come se la sorella fosse ad una festa.
«Tutto ok? Sento delle voci.» annotò la sorella maggiore.
«Sono le mezzanotte precise e questi bastardi non se ne vogliono andare, menomale che ho portato Nathan da papà. Ti spiego, Cheyenne ha ottenuto un lavoro alla Ucla Medical Center ed è venuta la sua famiglia per festeggiare. Sono qui dalle nove di sera, mi sto annoiando a morte e quindi ti ho chiamato per avere compagnia.» Cheyenne e Nicole si sono laureati nello stesso giorno due anni prima, Nicole incominciò a praticare il lavoro di psicologa da una molto nota nella città, come una sorta di tirocinio. Anche per Cheyenne fu la stessa cosa, aveva ottenuto un lavoro negli ospedali più importanti di Los Angeles come infermiere al pronto soccorso, era felice e non vedeva l'ora di iniziare un nuovo percorso. Un anno dopo alla laurea Cheyenne e Nicole si sposarono, felici di coronare nel migliore dei modi la loro storia d'amore.
«Sei incorreggibile e poi i genitori di Cheyenne sono delle brave persone e molto adorabili.» commentò stellina accennando una risata.
«Spero tu stia scherzando, sono dei morti viventi.» la maggiore rise a bassa voce scuotendo la testa.
«Sei tremenda, a proposito, vuoi sapere chi ho sognato stanotte?» domandò Sandie con il sorriso sulla labbra.
«Michael.» rispose la sorella sicura.
«No, ho sognato mamma.» rispose, il sorriso della sorella scomparve come fumo per l'aria «È stato un sogno strano, e ho un angoscia strana come se fosse un sogno premonitore.»
«Sandie vai al punto, cos'hai sognato?» disse Nicole in modo precipitoso per arrivare al dunque.
«Che era morta.» il sangue di Nicole si congelò divenendo il ghiaccio dell'antartico, un pesante macigno entrò dentro nel cuore. Nonostante il dolore che le avesse causato ogni giorno si domandava dove fosse sua madre «Nicole, non credi che dobbiamo cercarla? E se fosse vero?» Nicole emise una risata amara.
«Se fosse vero passerei la vita con più leggerezza e non avrei più un pensiero del genere.»
«Ma Nicole, non è meglio sapere?»
«Per me mia madre è morta già da tempo, non voglio avere più niente a che fare. Non la perdonerei neanche se avesse un cappio al collo, che morisse!» esclamò con la tristezza mischiata nella rabbia tra la voce.
«Nicole!» riprese Sandie.
«Nicole un cazzo! È stata una pessima madre sia per me che per te. Ci ha battute fuori dalla nostra vita come stracci, se dovessi descrivere la cattiveria con una sola parola direi proprio nostra madre. Che morisse nel peggiore dei modi così capirà il dolore che mi ha trasmesso.»
«Non è bello inaugurare la morte a qualcuno Nicole.» precisò Sandie con tono serio.
«È meglio se stai zitta, visto che tu eri la cocca di mamma ed io il brutto anatroccolo, è meglio se taci Sandie, o mi arrabbierei sul serio.» l'avvertì con rabbia, Sandie emise un pesante sospiro.
«Non capisco perché ti arrabbi così tanto, infondo si tratta di nostra madre, non vuoi nemmeno sapere se è viva o morta?»
«Oh Dio mio Sandie, apri gli occhi cazzo! Ti sei dimenticata di quello che ha fatto!? Di quello che ha fatto a me, di come mi ha fatta sentire una nullità!? Mi ha trattato come un insetto, perciò le auguro di morire perché si è rovinata la vita da sola con le sue stesse mani, abbandonando le sue figlie e la famiglia. Non merita neanche di essere considerata una donna. Le auguro il male del mondo a quella puttana!»
Puttana era così che aveva chiamato la madre, colei che l'aveva messa al mondo, cresciuta e nutrita, ma che in verità fu tutt'altro che una mamma affettuosa e presente, anzi, con Nicole aveva sempre avuto quasi antipatia nei suoi confronti, sminuendola quando era solo una bambina, mostrandole dei confronti tra la sorella e le varie bambine. Nutriva un forte odio e rabbia verso madre che ormai si arrese, era una situazione triste per Nicole e la ferita sanguinava e sarebbe sanguinata per tutta la vita, perché non c'era cosa peggiore di essere stata cresciuta con una madre crudele e poco presente nella sua vita. E la odiava per questo, a volte si domandava il perché, pensò che fosse sbagliata quando poi si accorse che quella sbagliata era proprio sua madre e non lei.
Non odiava Sandie ne tantomeno quelle bambine dove le faceva i paragoni, no, odiava la donna che l'aveva messa al mondo e che non aveva più notizie da tempo. E sperava dentro di lei che fosse morta sul serio.

 𝐓𝐑𝐄𝐀𝐓𝐌𝐄𝐍𝐓  Volume IIWhere stories live. Discover now