[CAPITOLO 5]

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LONDRA

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LONDRA

10 Giugno 1997

Era un comune giovedì, e come tutti i giovedì Sandie e Chloè avevano la visita dalla logopedista, la dottoressa era una delle migliore logopediste di Londra, Diana Spencer, ex principessa del Galles e cara amica di Sandie, le aveva espressamente consigliato di andare da lei.
Il suo nome era Emma Stevens, era una donna bella, come pettinatura aveva caschetto che metteva in risalto i suoi lisci capelli di color nero corvino come quelli di Vrachnos, alta di statura, naso a patata e labbra sottili con semplici occhi marroni, nel suo sguardo traspareva sicurezza e fiducia, e lei era una di quelle dottoresse nella quale sarebbe morta per il suo lavoro talmente che amava così tanto la sua professione.

Chloè aveva incominciato le terapie da quasi un mese, cercarono di farla parlare in tutti i modi ma con scarsi risultati, Sandie era più che demoralizzata, sembrava che Chloè rifiutasse il linguaggio, e preferiva chiudersi nel silenzio.

Una volta entrate nello studio della dottoressa Stevens cominciarono subito la terapia.
«Dottoressa.» salutò la madre.
«Vrachnos, e ciao a te stellina.» salutò poi la dottoressa con tono cordiale e un bellissimo sorriso alla bambina.
Chloè aveva un peluche a coniglietto che stringeva tra le mani, indossava un bellissimo vestitino azzurro antico, tra i capelli ricci aveva frontino abbinato, era bellissima, una vera bambolina.
«Ciao.» disse la bambina con tono educato, abbassando teneramente lo sguardo in segno di timidezza.
«Come stai Chloè?» domandò ancora la logopedista per farla parlare, la bimba rimase in silenzio, Sandie vedendo che non rispondeva alla domanda le prese la mano minuta della figlia.
«Amore.» disse Sandie «Rispondi alla dottoressa.» le ordinò con tono gentile.
Ma la bambina sembra non voler rispondere alla domanda, e la dottoressa analizzò per bene quello che era lo stato d'animo della bambina, come se volesse parlare ma che fosse bloccata da qualcosa, da cosa?
«Chloè, rispondi.» ordinò di nuovo la madre ma stavolta con tono serio.
La dottoressa continuò ad analizzare il linguaggio del corpo, era come chiusa a riccio, sbatteva ogni secondo le palpebre in segno di nervosismo, giocava con le "manine" del peluche e muoveva le gambe in avanti e indietro. Sistemò gli occhiali da vista. Sandie mise una mano sulla fronte in segno di afflizione.
«Chiedo scusa, di solito Chloè non resta in silenzio quando qualcuno le fa una domanda.»
«Non si deve scusare.» la rassicurò, ma Sandie non era per nulla tranquilla e la paura le mangiava il cuore.
«Dottoressa, ma ... se Chloè é-»
«Escluda l'autismo, non ha i sintomi e in più è una bambina molto tranquilla e intelligente. Quindi l'autismo buttiamolo via, ripeto, si tratta solo di un ritardo che può capitare a tutti i bambini. Ma piuttosto, mi permetta che le faccia una domanda?» chiese la dottoressa con tono serio.
«Mi dica.» acconsentì Vrachnos.
«Quando ci siamo viste per la prima volta mi ha detto che Chloè frequenta il primo anno di asilo.» Sandie annuì in segno di accordo «Ha mai sospettato che l'ambiente che frequenta non è del tutto adeguato?» la madre fece un'espressione perplessa.
«In che senso?» domandò per sapere meglio.
«Nel senso che probabilmente sua figlia è presa di mira dalle bambine o c'è altro. Di solito i bambini hanno un ritardo nel linguaggio anche a causa di vari ambienti che frequentano, tra cui quello scolastico, dipende anche da questo. Io se fossi in lei indagherei, e se fosse così avremo trovato un primo pezzo del puzzle.» Sandie guardò la bambina e analizzò i suoi bellissimi occhi, erano tristi, molto tristi e giocava ancora con il peluche, notava nelle pupille un barlume, come se volesse piangere.

 𝐓𝐑𝐄𝐀𝐓𝐌𝐄𝐍𝐓  Volume IIWhere stories live. Discover now