capitolo settimo

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Quella sera Geto si era rifiutato di restare a dormire a casa mia. Avevamo cenato insieme dopo che lui mi aiutò a levare la vernice dalla mia camicia.
Dissi ai miei cuochi di cucinare ciò che di più gustoso avevano in cucina perché sapevo che un'occasione del genere per lui poteva accadere una volta su un milione, ma durante il pasto parlammo a malapena. Il pittore era talmente concentrato sul cibo in tavola che credo non avesse più parole.
Poi se ne andò.
-Uno appartenente alla mia classe sociale non ha alcun diritto di restare a dormire a casa di un nobile come voi- mi disse mentre lo osservavo dirigersi verso la porta di casa mia.
-Sei a tutti gli effetti assunto da mia madre per il dipinto, potresti restare qui come una delle persone che lavorano per la mia famiglia- gli dissi sospirando, ormai convinto che non sarebbe restato lì nemmeno se lo avessi pagato.

Non è che fosse una questione di vita o di morte farlo restare a dormire da me, però dopo aver visto le quattro mura entro le quali passava le sue giornate, con un materasso sul pavimento per la notte e una coperta stracciata avrei preferito saperlo lì a casa mia, in uno dei mille letti comodi che erano presenti nelle varie camere degli ospiti, ma -Magari un'altra volta signor Gojo, vi ringrazio per la cena, era tutto buonissimo-
Poi lo vidi sparire dietro la porta come era successo quando litigammo non appena ci incontrammo la prima volta. Non ebbi nemmeno voglia di saltarlo quando se ne andò.

Passai l'inizio di quella notte in bianco, chiedendomi se fosse giunto a casa sano e salvo. Il tempo prima che se ne andò era migliorato, la pioggia aveva smesso di battere sui giardini di casa mia e lui sembrava sereno. Poco dopo però, quando si incamminò la tempesta si abbatté ancora più forte di prima e a occhio e croce a lui mancava ancora una mezz'oretta per arrivare a casa. Quel ragazzo mi aveva colpito, ero stralunato da lui e non l'avrei voluto sulla coscienza.

Di colpo mi alzai dal letto e mi diressi verso la finestra. Osservai gli alberi sul retro di casa mia muoversi seguendo il vento, le gocce abbattersi sui vetri e sul prato ormai zuppo di acqua. Il laghetto al centro del giardino era straripato, i contadini si erano ritirati nelle loro stanze da quando la tempesta era iniziata, sentivo le imposte sbattere contro i muri esterni della casa. E lui era lì fuori, senza problemi si era incamminato sotto il diluvio più totale, con la sua sacca sulle le spalle ed un ombrello che considerando il tempo fuori aveva perso ormai da un pezzo.

Ed io ero lì, in camera mia al caldo sotto una coperta di pelliccia di montone in camicia da notte.
No, se gli fosse successo qualcosa perché l'avevo lasciato uscire di casa in quelle condizioni non me lo sarei più perdonato. Era pur sempre un mio dipendente.

Mi spostai dalla finestra e mi diressi verso la cabina armadio. Presi tra le mani i primi vestiti che mi capitarono dove tenevo quelli per andare a cavallo. Mi misi un paio di pantaloni marroni, un lungo cappotto del medesimo colore ed una camicia bianca sotto. Scesi le scale di casa come se avessi il diavolo in corpo, come se ci fosse qualcuno ad inseguirmi, poi raggiunsi la scuderia che se ne stava sul retro della casa.
Lì era presente uno dei custodi, che non appena mi vide fece una smorfia quasi spaventata.
-Signor Gojo! Che ci fate qui?- esclamó per farsi sentire a causa del forte frastuono della pioggia e dei tuoni. -Sellami il cavallo- gli dissi solo dirigendomi dentro la scuderia per prendere uno dei cap che se ne stavano appesi accanto al mio cavallo.
-Volete uscire di casa con questo tempo?- mi domandó spaventato venendo verso di me. -Si- gli risposi mettendomi un paio di quanti che tenevo puntualmente nella tasca destra dei miei pantaloni.
-Non posso-
-Come prego?- gli chiesi voltandomi con due occhi infuocati. Non avevo tempo da perdere e lui stava iniziando a farmi innervosire non poco.
-Non posso permettermi di farvi uscire in queste condizioni-
-Vi state rifiutando di sellare il mio cavallo?-
-Si- mi disse inghiottendo sonoramente -Non vi sellerò il cavallo-

Vidi tutto nero, come era successo quando avevo discusso con Geto. In tempo zero mi catapultai contro di lui e lo presi per il colletto della camicia, lo alzai dal terreno di qualche centimetro e lo feci sbattere contro il muro.
-Pensi che non sappia andare a cavallo senza sella?-
-N-non ho mai detto questo-
-Allora prendi le chiavi perché con o senza sella andrò oltre quel cazzo di cancello-

Quando lo lasciai e toccó nuovamente il terreno prese in mano le chiavi con le mani tremanti e si avviò verso l'uscita in fondo al viale di casa mia.
Feci uscire dal box il mio cavallo nero e vi montai sopra, senza sella o redini, iniziai a galoppare verso l'uscita.

Come un fulmine mi fiondai verso il cancello che il mio guardiano stava aprendo e non appena vidi uno spiraglio mi ci gettai dentro. In men che non si dica mi stavo dirigendo verso il paese.
Ero sicuro che l'avrei trovato sulla strada, anche perché quella era l'unica che da casa mia portava al centro, togliendo chiaramente quelle secondarie che però conosceva solo la mia famiglia dato che eravamo gli unici autorizzati ad utilizzarle.

Avevo l'acqua che mi cadeva dalla visiera dal cap e che mi impediva di vedere lucidamente la strada. Tenevo la criniera del mio cavallo con una mano mentre con l'altra mi grattavo le palpebre per cercare di togliere le gocce dai miei occhi, ma con quel tempo non riuscivo a fare gran che.
L'unica opzione che mi rimaneva era una.
-Geto!?-
Urlai il suo nome a squarciagola nella speranza che mi sentisse, che mi rispondesse.
Non poteva ancora essere arrivato a casa, a cavallo ero tre volte più veloce di lui, anche se si fosse messo a correre.

Lo chiamai ancora e ancora osservando le strade vuote di quel paese che ai miei occhi era offuscato.
Poi una risposta.
-Signor Gojo?-
Sentii questa domanda essere posta gridando dall'altro lato della strada.
Feci fermare il cavallo, poi mi portai una mano sopra il cap per togliere un po' di acqua. Mi guardai attorno e allora lo vidi.
Era attaccato al muro di una casa, seduto a terra con le gambe incrociate e la sua sacca contro la pancia, coperta dalle sue braccia. Lì sotto era in parte coperto da un tetto, solo i suoi stinchi venivano toccati dall'acqua.

Quando lo guardai in viso vidi i suoi occhi neri che andarono subito alla ricerca dei miei azzurri. Aveva i capelli fradici, liberi dalla sua solita crocchia, si muovevano seguendo il vento. Non doveva essere lì fermo da tanto. Istintivamente sorrisi.
A passo d'uomo andai verso di lui, guardandolo dall'alto del mio cavallo al basso.
-Che ci fate qui?- mi chiese subito corrucciando le sopracciglia.
-Sono venuto a prenderti- gli dissi inclinando un po' la testa.
-A prendere me?- domandò stupito alzando ancora un po' il volto, per osservarmi meglio, mentre teneva una mano sulle sopracciglia a mo di cappello per proteggere gli occhi dal vento.

-Si, a prendere te, non potevo lasciarti tornare a casa con questo tempo-
-E quindi vi siete fatto un quarto del paese a cercarmi solo per questo?-
-Perché? Ti sembra una cosa da poco?-
Abbassò il viso, non rispose.
Gli porsi una mano davanti come feci prima che lasciasse casa mia.
-Vieni a casa con me Geto, il tempo peggiorerà e basta per tutta notte- esclamai per farmi sentire, prima che un lampo si abbattesse sulla montagna dietro di noi.

Alzó lo sguardo, ricambió la stretta.
Si mise la sacca a spalle, poi con una spinta salí dietro di me a cavallo.
Mi tolsi il cappotto e glielo porsi -Metti questo, prenderai un accidente se no-
-Voi l'avete già preso a venirmi a cercare- rispose subito scuotendo il capo.
-Ne è valsa la pena- mormorai io senza quasi farmi sentire, anche se più avanti scoprii che mi aveva sentito eccome.
Si aggrappò a me, sporgendosi in avanti finché i nostri corpi non si toccarono. Una scarica elettrica mi percorse la schiena. Sentivo le sue mani fredde sul mio busto caldo.

-Tieniti- gli dissi girando il cavallo verso casa mia.
-So andare a cavallo meglio di voi, non dovete preoccuparvi-
Mi scappò una risata, seguita poi dalla sua, prima che la nostra velocità aumentò sempre di più verso casa mia.

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