capitolo ventesimo

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Quando vidi Suguru entrare in quell'osteria piena di gente, mi mancò un battito. Abbandonai le bacchette che tenevo tra le dita sul piatto, incapace di ascoltare ciò che Mimiko mi stava dicendo.
Quando sentii quella porta aprirsi, riconobbi il suo profumo, avvertii la sua presenza. Infatti mi voltai e me lo ritrovai di fronte, con il suo solito sorriso gentile ed accondiscendente sul volto.
Veniva verso di me lentamente, mentre i lividi che aveva sul viso si facevano sempre più chiari ai miei occhi. Credevo, anzi, speravo di aver intravisto male quando ho incrociato il suo sguardo mentre se ne stava in piedi sulla soglia della porta del locale, ma man mano si faceva più vicino, capii che non era così.

Aveva un occhio nero, una botta sul naso ed il labbro tagliato. Lasciarlo solo con lui era stato l'errore più grande che io avessi fatto quel giorno. Che avessi fatto in vita mia.
-Fratellone! Che ti è successo?- sentii esclamare Nanako accanto a me, la quale scese dallo sgabello per andargli in contro. Mimiko non parlava più, si limitava a mangiare il riso con occhi bassi ed espressione cupa.
Suguru abbracciò la bimba dai capelli biondi, prima di prendere una delle sedie vuote li vicino per sedersi con noi e prenderla in braccio.
-Sono caduto da cavallo venendo qui- rispose lui grattandosi la nuca. Sapevo stesse mentendo.
-Che sbadato che sei! L'ho sempre detto io che fai schifo a cavalcare-
Subito una risata scaturì in lui, che scuotendo la testa disse solo -Hai ragione, faccio proprio schifo-

Lanciai una veloce occhiata alla bambina accanto a me. Poi osservai la sua mano mentre teneva salde le bacchette. Stava tremando.
Successivamente, spostai il mio sguardo su di lui. Mi guardò, ci fu un attimo di silenzio dove nei suoi occhi lessi più di quanto avessi mai fatto in vita mia sui libri. Lessi la sua storia, le sue emozioni, il suo dolore.

-Mimiko, ti piace il riso?- sviò lui argomento, poggiando una mano sul piccolo braccio della sorella che si limitò a dire -Si, delizioso-
Così, immediatamente, come un fulmine che squarcia il cielo, portai la mia mano sul braccio di Suguru.
-Posso parlarti in privata sede?- gli domandai con occhi di fuoco. Lui scosse il capo, come per supplicarmi di non farlo, per le sue sorelle, per me.
-Per piacere- continuai con tono più gentile questa volta io.

-Andate pure a parlare se volete- disse una voce proveniente dalle mie spalle. Mimiko mi guardava ormai con sguardo supplichevole, come se volesse che io andassi con lui. Non era un adulto, nemmeno un adolescente, ma aveva l'atteggiamento di una bambina che aveva visto tanto di questo mondo infame che aveva trascinato la sua famiglia sul fondo.
-Si- esordí poi Nanako -Possiamo finire di mangiare anche da sole, ormai sappiamo usare le bacchette- concluse sorridendo, scendendo dalle gambe del fratello per dirigersi nuovamente sullo sgabello accanto alla sorella.

Gli strinsi il braccio, poi mi alzai, costringendolo a venire fuori da quell'osteria con me. Lui mi seguí senza parlare, con il viso basso, mentre lo trascinavo tra quelle persone come un cane bastonato che però non ero stato io a bastonare. Poi, lo portai in una stretta e buia via accanto al locale e mettendomi le mani nei capelli gli chiesi solo -Mi spieghi che cazzo ti è successo?-
-Sono caduto da cavallo, l'ho detto prima, non hai sentito?- Gli puntai un dito contro -No- esclamai prima di inghiottire sonoramente -No non è vero- continuai subito dopo.
-È la verità- cercó di scusarsi lui mentre io scuotevo ripetutamente il capo.
-Suguru puoi prendere in giro chi vuoi, comprese le tue sorelle, ma non me-

Per un attimo non parlò, si portò la ciocca di capelli che di solito aveva davanti al viso dietro all'orecchio, poi poggiò la schiena al muro e strisciò lungo di esso fino a toccare il pavimento. Gettó la testa all'indietro e guardando verso l'alto portò la gamba sinistra al petto, poggiandoci sopra una mano. Picchiettò ripetutamente le dita sul ginocchio, sospirando come se non sapesse cosa dirmi.
Io mi abbassai davanti a lui, mettendomi in inginocchio in modo tale da portarlo osservare meglio.

ikigai || satosuguWhere stories live. Discover now