capitolo ventunesimo

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Quando quella notte andai alla mia tenuta, Suguru era già li ad attendermi come la maggior parte delle volte. Non mi aspettavo di vederlo lì, in tutta sincerità dopo avergli detto di andare a casa con le sue sorelle ero convinto non si sarebbe presentato. Io infatti mi ero recato in quel luogo per un po' di tranquillità, non per lui.

Era seduto per terra fuori dalla casa, con la schiena poggiata contro il muro mentre muoveva su e giù rapidamente la gamba.
Nel momento in cui mi vide balzò in piedi.
-Ti rendi conto che sono qui da cinque ore ad attenderti?- mi domandò furioso venendo verso di me, mentre io scesi da cavallo con un balzo.
-Scusa- gli risposi -Ho avuto da fare-
-Che è successo?- mi domandò osservandomi il viso con occhi sbarrati e sopracciglia corrucciate.

Mi passai il pollice della mano destra sulla guancia, poi lo guardai. Era rosso. Portai direttamente la mano sul sangue e lo pulii con la manica della camicia.
-Ho bisogno di un bagno caldo- gli dissi tirandogli una piccola spallata mentre goffamente mi iniziai a dirigere verso la porta della casa.
Lui mi prese per un polso, tirandomi a se in modo che potessi girare il busto verso la sua direzione. Lo guardai in quegli occhi neri come la pece. Era terrorizzato, terrorizzato da me.
-Satoru- sussurró scuotendo lentamente il capo come per invitarmi a parlare.
Tolsi la sua mano dal mio polso, scostandomi da lui.
-Non l'ho ucciso, se è ciò che ti interessa- gli dissi io per tranquillizzarlo, sentendo subito un sospiro di sollievo lasciare le sue labbra.

Spalancai la porta, iniziando a sbottonarmi la camicia, sentendo il suo fiato sul collo mentre mi seguiva come un cane ubbidiente. Stava aspettando che io gli dicessi qualcosa, che parlassi, che gli raccontassi cosa fosse successo quel pomeriggio, ma prima io volevo raggiungere il bagno.
Quando vi entrai, presi uno di quei secchi di acqua fredda che lasciavo sempre accanto alla vasca e chinandomi li versai al suo interno.
Mi levai gli stivali, lui era dietro di me.
-Se vuoi posso uscire- mi disse leggermente imbarazzato, con già una mano sul pomolo della porta.
-Perché?- gli domandai poggiando una mano sul bordo della vasca in ceramica.
-Almeno puoi rilassarti privatamente-
-Non vuoi sapere cos'è successo?-

Immediatamente allungò le orecchie curioso, annuendo leggermente. Mi sfilai le mutande, rimanendo completamente nudo di fronte a lui.
-Siediti- gli dissi indicandogli lo sgabello sottostante il lavabo -Ti spiego-
Così, rosso in volto, fece come gli dissi mentre io entrai in vasca. Una volta al suo interno mi bagnai i capelli con entrambe le mani, portandoli all'indietro, prima di poggiare il retro della nuca sul bordo.

-Io non faccio i lavori sporchi- gli dissi chiudendo gli occhi -Non so cosa tu stia pensando in questo momento-
-Secondo te cosa sto pensando?- mi domandò poggiando i gomiti all'indietro sul lavandino, allargando le gambe -Ti ho visto arrivare insanguinato sul tuo cavallo, il mio primo pensiero è stato che tu- lo interruppi -Che io fossi un assassino?- gli domandai con un piccolo sorriso sul volto divertito -No, non sono un assassino- conclusi infine.
-Sei uno di quelli che paga gli assassini?-
-Una specie-
-Questo ti rende un assassino-
Mi girai verso di lui mentre con aria di sufficienza mi osservava dall'alto verso il basso.
-Tu dici?- gli domandai indifferente -Si- mi rispose alzando le spalle.
-In questo caso però non lo sono, te l'ho detto prima no? Non l'ho ucciso-
-Che gli hai fatto?-

Mi sporsi sul lato opposto a lui della vasca, dove sul pavimento avevo abbandonato il mio bacchetto di legno con al di sopra una piccola spugna. Il sangue si era indurito sulle mie braccia, perciò non sarei riuscito a levarlo con solo un po' d'acqua e le mie dita.
-Vuoi una mano?- mi domandò lui facendo un cenno con il capo all'oggetto che avevo tra le mani.
-Se ti va- gli risposi passandoglielo.
Lui l'afferrò, andandosi a sedere accanto alla vasca, poi poggiò la spugna sul mio braccio destro, iniziando a muoverla su e giù.

-C'è un sicario su cui la mia famiglia si appoggia ormai da anni- iniziai così il mio racconto -Faceva parte del clan Zen'in prima di essere ripudiato e cacciato-
-Il clan Zen'in?-
-Si, lo conosci?-
-L'ho sentito nominare da mia madre quando ero piccolo, ma non ne so nulla-
-È un clan di nobili, è abbastanza grande, ma non ha nulla a che vedere con il mio- continuai buttando nuovamente il capo all'indietro -Quest'uomo infatti ora ha preso il nome della sua defunta moglie, si chiama Toji Fushiguro-
-Non l'ho mai sentito nominare- mi rispose lui scuotendo il capo, invitandomi a porgergli l'altro braccio per pulire anche quello.
-Poche persone sanno della sua esistenza, nessuno sa davvero che faccia abbia-
-Tranne la tua famiglia evidentemente-
-Tranne la mia famiglia, esatto-
-E sei andato a chiamare lui per Mahito?-
-Si- gli dissi sospirando, grattandomi gli occhi con la mano libera dalla sua presa. Era stata una giornata veramente stancante, avrei voluto solo dormire.

-In questo caso io non gli ho chiesto di ucciderlo- continuai guardandolo mentre impegnandosi grattava via il sangue dal mio corpo nudo.
-Che gli ha fatto quindi?-
-Gli ha tagliato le mani-
Immediatamente si bloccò, fermó qualsiasi tipo di movimento, mentre sulle sue braccia vidi solo nascere un accenno di pelle d'oca.
Vedendo il suo volto sbiancare e la sua gola farsi secca, gli dissi solo -Non c'è bisogno che tu sappia cosa gli ha fatto se non te la senti-
-C'è dell'altro?- mi domandò iniziando a stringere la mia mano.
-Si- sussurrai portandogli la sua solita ciocca nera dietro l'orecchio.
-Allora continua-

Io avevo assistito per tutta la scena con una pipa tra le labbra ed un bicchiere di sake tra le mani, mentre Toji gli tagliava prima le dita ad una ad una, poi le mani ed infine la lingua, perché -Chi ascolterebbe mai le accuse di un pazzo che non è in grado di parlare?-

Suguru era fermo, gli occhi luccicavano, le labbra gli tremavano.
-Io non ti avevo chiesto di fare questo- mi disse a voce bassa, abbassando il volto in direzione dell'acqua dentro la quale mi trovavo.
-Nessuno mi chiede mai di fare nulla, lo faccio e basta-
-Non mi hai lasciato finire di parlare- continuò guardandomi negli occhi con un piccolo sorriso sul volto -Anche se non ti ho chiesto nulla, ti ringrazio, davvero-
-Ti aveva già messo le mani addosso, vero?- gli domandai iniziando a passare l'indice lungo tutto il suo braccio.
-Chi te lo ha detto?- mi chiese lui corrucciando le sopracciglia.
-L'ho capito dalla reazione che Mimiko ha avuto quando sei entrato nella locanda stamattina- dissi io porgendogli una mano sulla guancia -Ti fa ancora male?-
Scosse la testa, sospirando -Un pó- rispose stringendomi la mano nella sua.

-Suguru- gli dissi a voce bassa. Lui mi guardò facendomi cenno con il capo di parlare -Vuoi entrare nella vasca con me?-

ikigai || satosuguWhere stories live. Discover now