Diamond 4 (parte 2)

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Isabel alternò lo sguardo da me allo psichiatra posizionandosi al centro della cucina, davanti al tavolo.

<Che coppietta affascinante, da far invidia a Romeo e Giulietta.> disse con un sorriso rivolto allo psichiatra, prima di posare il suo sguardo su di me. <Speriamo che Romeo non condivida lo stesso destino. Per quanto riguarda Giulietta, non mi interessa particolarmente.> affermò, alzando le spalle con indifferenza.

<Mi stupisce che tu non conosca il finale di Romeo e Giulietta. Lascia che te lo racconti brevemente: Romeo, credendo che Giulietta fosse morta, beve del veleno. Giulietta si risveglia, lo trova morto accanto a lei e si pugnala.> feci una breve pausa prima di proseguire. <Quello che intendo è che se Giulietta avesse deciso di vivere, una seconda opportunità l'aveva al contrario di Romeo.> conclusi, imitando il suo sorrisetto.

<Da ricordare anche che le loro morti portarono alla riconciliazione tra le famiglie Montecchi e Capuleti, sottolineando che anche l'impossibile può diventare possibile.> commentò lo psichiatra, alludendo così anche alla mia situazione, come d'altronde fece con ogni discorso sin dal momento in cui scesi per bere la cioccolata con lui.

<Sono felice che tu sia ben informata sull'argomento ma non sono venuta fin qui per ricevere lezioni su William Shakespeare.> dichiarò Isabel con evidente fastidio. <Devo parlare con il mio amore quindi, sparisci.> concluse, avvicinandosi allo psichiatra e sfiorando appena il suo braccio, mentre lui la guardava senza compiere alcun gesto.

<Se me lo avessi chiesto con gentilezza, avrei potuto persino considerare questa possibilità. È un peccato che tu abbia utilizzato le parole sbagliate.> risposi, prendendo posto sulla stessa sedia che occupai precedentemente.

Eravamo io, Isabel e lo psichiatra. Non avrei mai permesso a Mademoiselle di sminuirmi di fronte a lui, non senza reagire.

Iniziò a ridere e si avvicinò a me reggendosi con una mano sul tavolo. <Con un semplice schiocco di dita potrei farti scomparire non solo da questa cucina, ma dall'intera esistenza.> annunciò con un sorriso sul volto. Da quella distanza, potei osservare i suoi occhi nocciola, le lentiggini che punteggiavano il suo viso e i capelli neri che sfioravano appena le spalle. Indossava un vestito nero corto e raffinato con collo alto, stivali alti fino alle ginocchia e un lungo cappotto bianco.

<Ti sfido a farlo.> pronunciai con sicurezza, alzandomi dalla sedia per eguagliare la sua altezza.

Con un gesto, afferrò i miei capelli con forza, tirandoli. Sentii le sue unghie sulla mia pelle e il profumo di vaniglia avvolgere l'aria.

<Isabel!> esclamò lo psichiatra con voce bassa ma autoritaria, stringendo il suo braccio e costringendola ad allontanarsi. <Mi ha sfidato, non l'hai sentita?!> gridò lei, cercando di avvicinarsi nuovamente, ma lo psichiatra la bloccò. <Smettila.> disse con rabbia.

<No, lasciala. Ho capito che la violenza fa parte della sua famiglia.> dichiarai, guardandola. <O scompare da qui o...> proseguì lei, ma prima che potesse concludere la frase, lo psichiatra intervenne <Attenta a come concludi la frase.> affermò con rabbia, allontanandola da sé e rimanendo di fronte a lei per impedirle ogni tentativo di avvicinamento a me.

<La proteggi da me ora? Cos'ha di così speciale questa mocciosa straniera?!> continuò a urlare, rivolgendo le sue parole allo psichiatra, il quale rimase straordinariamente calmo.

<Straniera? Anche tu hai origini straniere. Oppure desideri che ti ricordi da dove proveniamo?> rispose, voltandosi successivamente verso di me. <Da oggi in poi, questa villa è anche la casa di Diamond. E, come tale, nessuno può costringerla ad andarsene o può imporle qualcosa contro la sua volontà.> dichiarò, tornando a guardare Isabel. <E con nessuno intendo nessuno.> sottolineò, aspettando una risposta che non tardò a giungere.

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