Diamond 16 (parte 2)

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Preparai la tisana al limone e zenzero e tornai da Brayan.

Gliela offrii e lui la sorseggiò lentamente, proseguendo la sua recita.

Rimanemmo ad aspettare il medico tutti e quattro nel salotto: Roman era seduto accanto a Brayan, il quale si lamentava, mentre Victoria beveva una birra seduta sul divano con le gambe appoggiate sul tavolino. Io, invece, stavo accanto alla vetrata, osservando la pioggia cadere, sottile e lenta.

Sentimmo un leggero bussare alla porta e mi diressi verso di essa, fiduciosa che fosse il medico.

Strinsi la maniglia e la girai lentamente, aprendo la porta. Alzai gli occhi con sicurezza, aspettandomi di incrociare lo sguardo del medico che avrebbe dovuto visitare Brayan.

<Tu?> non riuscii a distogliere lo sguardo dalla figura di una donna con i capelli neri che scendevano sino alle spalle, le lentiggini a circondare gli occhi nocciola e le labbra rosse. Avvolta in un vestitino bianco e dei tacchi abbinati a una pelliccia nera.

<Ciao anche a te, Diamond.> affermò, superandomi ed entrando.

<È maleducazione entrare nella casa degli altri senza essere stati invitati.> dissi, chiudendo la porta e posizionandomi di fronte a lei.

<Il proprietario di questa villa è il mio fidanzato. Entro ed esco quando voglio.> rispose, dirigendosi verso il salotto. <Hai organizzato una festa senza invitarmi, Diamond?> mise la mano sul petto e si voltò verso di me. <Meglio così, non vorrei che mi scambiassero per una poco di buono come...> si interruppe per lanciare uno sguardo a Victoria. <Miss Harley Quinn.> aggiunse con un tono tagliente mentre posava la borsetta sul divano e si toglieva la pelliccia.

<Non ti permetto di insultare i miei ospiti. Victoria non è un-> non riuscii a concludere la frase, poiché Victoria mi precedette.

<No, no, Diamond, non le devi nessuna spiegazione.> intervenne Victoria con decisione. <Preferisco essere considerata una poco di buono piuttosto che accettare di stare con un uomo che dice di amarmi ma che continua a privarmi della mia dignità.>

Roman si alzò, intenzionato a intervenire, ma fece subito un passo indietro quando Isabel si avvicinò a Victoria.

<Parli dello stesso uomo a cui hai venduto tuo padre? A cui hai ceduto la tua verginità come se valesse meno di niente?>

<Parlo dell'uomo che continui a condividere, nonostante lui pretenda di averti solo per sé.> rispose Victoria, togliendo la giacca di pelle e rimanendo solo in reggiseno rosso, pantaloni di pelle neri e un paio di tacchi a spillo.

Isabel sorrise, alternando lo sguardo da me a Victoria. <Lo ami ancora, vero?> chiese, soffermandosi su Victoria.

<L'amore è felicità. E visto che nessuno mi trasmette felicità, ammetto che non amo nessuno.> rispose Victoria, con enorme sicurezza.

<Errato. L'amore non è felicità. L'amore è fiducia. Un sentimento che nessuna di voi conoscerà mai con lui.>

A queste parole, mi avvicinai a Isabel, sentendo un'enorme energia scorrere nelle mie vene. <Ma che tu hai conosciuto, vero?> domandai, già intuendo la sua risposta.

Isabel annuì, posando lo sguardo su di me. <Il tradimento si ha quando il partner non è a conoscenza dei rapporti dell'altro, e questo non è il nostro caso. So perfettamente chi frequenta, dove va e cosa fa. Perché tra noi c'è fiducia, conosco ogni dettaglio della sua vita, presente e passato.>

<L'hai accompagnato dall'infanzia, mi stupirei del contrario...> affermò Victoria, quasi seccata da quella situazione.

Isabel ignorò le sue parole e rimase a guardare me, aspettando la mia risposta. <In questi due anni, ho visto sorrisi e lacrime, momenti di gioia e di tristezza. Ho imparato a conoscere la sua anima e il suo cuore. Non sono stata al suo fianco dall'infanzia e non conosco tutti i dettagli del suo passato. Ma quando siamo insieme, ci sentiamo bene, dimentichiamo tutti i problemi quando ci abbracciamo. Per me, questo vale più di ogni altra cosa.> dissi, prima che Victoria potesse interrompermi di nuovo.

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