Diamond 17 (parte 2)

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Scendemmo dall'auto e ci trovammo in un quartiere affollato da persone che bevevano per strada, fumavano, e scopavano sotto gli sguardi indifferenti dei passanti.

Le case, per la maggior parte, erano mal ridotte, con finestre rotte e pareti vandalizzate dai graffiti.

Alzai gli occhi su un'insegna lampeggiante di blu con la scritta "Blue" sopra un locale caratterizzato da una sola porta e nessuna finestra a svelare cosa nascondesse al suo interno.

Mi ressi allo psichiatra sentendo la testa girare e il cuore accelerare al ricordo di quel giorno. Con l'intenzione di seguire Emilien, avevo preso un taxi e raggiunto questo luogo maledetto. Ma una volta qui, venni circondata e minacciata, mentre dentro il locale venni violentata da due mostri che mi usarono come un oggetto dei loro desideri, lasciandomi marchiata dal loro peccato.

"Tu avanti e io dietro."

Quel giorno si trasformò in un incubo in cui persi me stessa, vittima non di uno, ma di due uomini, semplicemente perché non appartenevo alla loro fazione.

<Tranquilla. Sei con me.> affermò lo psichiatra, stringendomi la mano.

Inspirai profondamente, sollevando la testa con fierezza mentre mi guardavo attorno.

Le stesse persone che un anno fa mi circondarono, bloccandomi con i loro corpi. Oggi, invece, mi guardavano intimoriti. Chi stava bevendo posò la bottiglia a terra e si alzò, chi si stava drogando interruppe la sua azione e si alzò, mentre chi stava facendo sesso si rivestì e abbassò la testa in segno di rispetto di fronte al König.

Tutti si alzarono in piedi di fronte al capo della mafia nemica. <Pronta?> chiese lui, e io annuii.

Ci avvicinammo alla porta del Blue e entrammo. Attraversammo il corridoio fino ad arrivare alla sala principale, illuminata da luci viola e blu. Al centro, come l'ultima volta, c'era una ragazza appesa al soffitto, completamente nuda, con pinzette sui capezzoli e nelle parti intime. Dietro di lei, c'era un uomo con una frusta pronto a colpirla di nuovo sui glutei già violacei dai colpi precedenti. Ogni colpo faceva urlare la donna dal dolore, ma i suoi lamenti venivano soffocati dalla musica alta. La sua testa era abbassata per lo sfinimento, le lacrime rigavano il suo viso e le sue mani erano strette dalla corda al soffitto.

Nella sala, tutti erano in compagnia di altri. Alcuni inghiottivano una pillola dopo l'altra, altri bevevano senza sosta, altri si drogavano, infilando siringhe nelle vene. C'erano quelli che si facevano ammanettare, legare, e quelli che facevano sesso nudi per terra, sulle poltrone, sui banconi, in piedi. La sala era un turbinio di eccessi e perversioni, una spirale di autodistruzione che sembrava non avere fine.

Strinsi la mano di Emilien con forza mentre tutti, improvvisamente, interruppero le loro azioni e si alzarono in piedi, alcuni sembravano increduli di trovarsi di fronte allo psichiatra. L'uomo che stava frustando la donna si fermò e posò la frusta a terra.

Emilien si diresse verso una poltrona e mi invitò a sedermi. Esaudii il suo desiderio e mi accomodai mentre lui si avvicinava al bancone, chiedendo un bicchiere che poi mi porse gentilmente. Presi il bicchiere tra le mani e sorrisi, assaporando un sorso del liquore che riconobbi come vodka.

Lo guardai, sentendomi potente di fronte a tutti loro. La stessa sala in cui quei mostri mi avevano obbligato a seguirli in una stanza per poi violentarmi. Ora mi stava accogliendo con un bicchiere di vodka, sotto gli sguardi increduli di tutti loro. Le stesse persone che una volta avevano ignorato le mie urla e le mie suppliche di aiuto, ora stavano in piedi ad ammirarmi, seduta su quella poltrona, con un senso di sicurezza che non avevo mai pensato di poter avere.

Inspirai profondamente, abbassando il bicchiere e fissandoli con la testa alta.

Sono io. Diamond One. E nessuno di loro oserà più toccarmi.

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