Capitolo 8: Spiegazioni (Revisionato)

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Mi erano sempre piaciuti i film dell'orrore. Non quelli in cui un pazzo psicopatico macellava un'intera famiglia con una sega circolare, non mi piacevano nemmeno quelle scenografie raccapriccianti allestite solo per impressionare. Il mio genere convergeva più su temi che riguardassero la psicologia di serial killer dalla mente disturbata che, spesso, non si rendevano nemmeno conto del danno che facevano. Quei personaggi mi avevano sempre affascinata perché manifestavano dei comportamenti inspiegabili che li inducevano a fare cose davvero mostruose. L'idea di essere una di loro non mi era mai passato per la mente, ovviamente, ma in quel momento, dentro il bagno del Blarney Stone, ci pensai attentamente. Ci misi un po' per rispondere.

«Uccidermi?» domandai con un filo di voce. «Non farmi ridere.»

«Ho l'aria di uno che vuole farti ridere?» Mi venne più vicino. Eravamo a una spanna di distanza. Lui era agitato benché mostrasse un'aria intimidatoria. Non mi persi i movimenti dei tendini sul collo.

«Perché hai paura di me?» gli chiesi a bassa voce.

Dimitri soppesò la mia domanda, senza distogliere lo sguardo dal mio. «Dammi una buona ragione per non averne.»

Abbozzai un sorriso mesto. «Hai la corporatura di un uomo medio, forse anche al di sopra di un ragazzo normale della tua età, mentre io sono una ragazza gracile e indifesa.»

Anche lui sorrise impercettibilmente. «Non c'è niente di gracile o di indifeso in te.»

«Era un complimento?»

«Il massimo che puoi ambire.»

«Sono sorpresa. Non credevo fossi un mio fan, ma dal modo in cui mi hai pedinato fino ad ora dovevo immaginarlo.» Feci una risata, scollando il capo. «Ora capisco. Hai vinto la competizione contro Jason, quel giorno, per osservarmi più da vicino. Non ti importava niente di noi. Mi hai osservato – mi avete osservato – per tutto questo tempo per scavare dentro di me.» La voce, questa volta, era alta e mi tremava. Tutto il mio corpo tremava. Mi sentivo violata nel profondo, presa e rigirata come una bambola senza valore a cui a nessuno importa. Mi salì un brivido lungo la schiena ricordando quello che avevo detto a Sophia. Se Dimitri mi stava spiando, probabilmente sapeva tutto delle mie sedute e di ciò che avevo confidato alla mia terapista. Sapeva delle mie visioni. Ma forse non sapeva che avevo ucciso un uomo. Non ne avevo ancora parlato con Sophia, avevo ricordato l'omicidio solo poche ore prima.

Dimitri aggrottò le sopracciglia. «Sono stanco di giocare.»

Mi costrinsi a mantenere l'impassibilità sul mio volto, ma la paura fece prepotentemente breccia dentro di me. Cominciai a respirare più velocemente. «Quindi è qui che lo farai?»

Alzò un sopracciglio.

«Hai detto che devi uccidermi» gli ricordai. «Lo farai qui? In un luogo pubblico? Con i miei amici al piano di sotto?»

Dimitri rimase in silenzio, sembrava pensieroso e perso in chissà quale parte del mondo. Si allontanò un po' da me, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. Nonostante le sue parole, non credevo che lo avrebbe fatto davvero. «Ho detto che devo ucciderti, ma non che lo farò. O, almeno, non ancora.»

«Immagino che prima tu voglia un autografo come ricordo della nostra conoscenza.» Non avrei dovuto provocarlo, ma era più forte di me. Non ce la facevo a controllarmi. Era da un po' che avevo perso il controllo su me stessa.

«Non essere sciocca» mi rimproverò, sempre pervaso da quell'aria autoritaria e inamovibile. «Non sono io il nemico in questa storia.»

«Ma certo» lo assecondai, incrociando le braccia al petto. «Sono io, è ovvio. Tu sei pulito. Mi hai spiata anche quando ero in camera mia? Quando andavo a fare la spesa o andavo al parco? Mi hai guardata attraverso il finestrino della tua auto come un bravo voyeur

Utrem Humano SanguineWhere stories live. Discover now