Capitolo 6: In nome della ragione (Revisionato, parte 2)

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Chiusa finalmente la telefonata con Alexis, rimasi ancora a lungo stesa sul letto. Continuavo a rimuginare sulle mie parole, e sulle sue, chiedendomi se avessi fatto bene ad averle detto quelle cose.

Non sopportavo Dimitri.

Era più forte di me. E per qualche strana e insensata ragione neanche lui e Celina mi sopportavano. Ok, forse non ero stata del tutto gentile con Dimitri al nostro primo incontro, come non lo ero stata con Celina, ma ciò non cambia che io ero la vittima indiscussa in quella situazione.

No?

Quindi... perché darsi tanto disturbo e accettare l'invito di Alexis? Non aveva assolutamente nessun senso. A meno che Dimitri non avesse colto la palla al balzo e abbia accettato per continuare a rendermi la vita impossibile.

Sì. Era decisamente questo il motivo.

Mi sentivo schiacciata dalla loro presenza. Continuavano a farmi sentire inadeguata con il loro assurdo comportamento. E io continuavo a voler dimostrare di non esserlo. Incredibile!

Mi alzai controvoglia emettendo un gemito di sofferenza. Sentivo la stanchezza impossessarsi di me e ammantandomi come una gelida ombra che mi accarezza la schiena. Non era davvero in vena di uscire, ma avevo intenzione di chiedere una volta per tutte a quel russo spocchioso cosa avesse contro di me e che cosa avesse detto alla cugina tanto da farmi prendere così tanto in antipatia. Non che la cosa mi interessasse, ma poiché Alexis stava incominciando ad avere un interesse nei confronti di Dimitri era compito mio cercare di calmare le acque. Acque che non avevo avuto la minima intenzione di navigare.

Andai in bagno e mi sistemai i capelli scarmigliati. Mi truccai velocemente e mi diressi verso l'armadio. Essendo una persona molto pratica, avevo un guardaroba monocolore e parecchio scarno. Possedevo un numero infinito di vestiti che non avrei mai indossato e un numero altrettanto infinito di scarpe che non avrei mai portato ai piedi. Indossavo quasi sempre gli stessi vestiti: cinque magliette, due felpe e tre paia di jeans. Stop. L'unica borsa che avevo era una tracolla nera che aveva visto giorni migliori, ma non avevo il coraggio di buttarla via, era come se mi immedesimassi in lei. Era parte integrante di ciò che mi caratterizzava, insieme alle mie scarpe da ginnastica e ai miei jeans stretti e strappati alle ginocchia. Avevo anche provato a vestirmi seguendo la moda, ma è la moda che non aveva mai seguito me, e essendo una incapace che a stento riusciva ad adeguarsi al clima mutevole di alcune fosche giornate non avevo avuto l'abilità di cercare di apparire diversa. Più carina. Più interessante. Raggiante. Ma niente.

Nella mia camera da letto avevo due armadi. Il secondo non ero solita aprirlo proprio perché vi erano cataste di panni che non usavo spesso, ma mi ricordai un top che avevo intenzione di indossare quella sera. Non volevo sembrare carina – beh, forse un po'. Volevo solo dimostrare che anche io possedevo non poca attrattiva. Così facendo non avrebbero potuto farmi sentire inferiore a loro, soprattutto Celina. Forse la mia intenzione era sorprenderli in positivo. Non seppi perché aprii quell'armadio.

L'unica cosa che so per certo è che non avrei dovuto farlo.

Un brivido mi salì la schiena. Improvvisamente mi bloccai, con le mani stratte su entrambi i manici delle ante bianche. Il respiro si fece più pesante e la mia pressione sanguigna era aumentata così tanto da farmi sentire male. Qualcosa non andava. Non sapevo il perché, ma avevo una pessima sensazione.

Immersi le mie mani tremanti al centro degli abiti appesi alle grucce. Li divisi con uno scatto, e ciò che vidi mi fece perdere quasi completamente la testa: un vestito bianco era ricoperto di vivido sangue rappreso. L'aria nei polmoni mi si prosciugò completamente, facendomi emettere un lento e disperato grido muto. Allungai la mano verso il vestito, credendo di aver avuto una visione, ma percepii senza alcuno sforzo la ruvidezza del sangue secco sotto i miei polpastrelli. Udii un tonfo. Qualcosa era caduto sul fondo dell'armadio. Scostai lo sguardo a fatica, come se quello fosse solo un brutto film di cui non volevo vedere la scena finale. E invece la vidi. Vidi un luccicante, sporco coltello che mi fissava insieme alla sua letale lama pronta a recidere senza alcun indugio il mio debole cuore.

Utrem Humano SanguineOnde histórias criam vida. Descubra agora