Capitolo 11: Un grave errore (parte 2) (Revisionato)

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Mi girai dall'altra parte. Fu così repentino lo scatto che parve mi fossi scottata solo a guardarlo. Non mi piaceva l'effetto che aveva su di me, la sua presenza mi faceva sentire perennemente inadeguata. Per quanto la mia anima battagliera volesse ribattere, rimasi chiusa nel mio religioso silenzio, conscia e delusa del fatto che avesse ragione. Dimitri continuava a fissarmi, ma io continuavo a evitare lo sguardo incandescente mentre il suo caldo respiro mi sfiorava la guancia come una languida carezza di chi sa di ferirti solo per il tuo bene. Mi si avvicinò ancora di più, se possibile, parlandomi con un timbro di voce così profondo da provocarmi scariche elettriche lungo tutto il corpo.

«Non fare l'errore di credere che io sia tuo amico, Dalilah. Più mi odierai e meglio sarà per tutti. Tu sei ciò che sopprimo nella mia quotidianità, ti aiuto solo perché è ciò che facciamo noi in queste situazioni prima che sia troppo tardi. Ti aiuto perché sono un idealista e credo che nessuno in fondo sia una causa persa. Forse sei qualcuno che dovrò eliminare per il bene di altri, è il compito che mi è stato affidato ed è ciò che farò se la situazione lo richiederà. Il fatto che tu sia tanto coraggiosa e brava non cambierà la tua sorte. Non rendere tutto più difficile.» Si staccò velocemente da me e si alzò in piedi. La figura prorompente troneggiava ai piedi del letto, guardandomi con sufficienza. Nello sguardo non c'era tenerezza, né rimpianto. Era lo sguardo di un soldato fiero, pronto a tutto per salvare la patria anche a costo della vita. Lo guardai uscire dalla stanza finché, chiudendo la porta, non mi lasciò sola con il buio.

Il giorno seguente scesi al piano di sotto per fare colazione. La famiglia White non era famosa per la sua loquacità, ma quel giorno furono tutti troppo taciturni e sbrigativi. Diamine, Dave che aveva solo quindici anni era la persona più austera che avessi mai visto! Non c'era spazio per i convenevoli, né per le futili argomentazioni.

Cercai di scacciare l'immagine di Dimitri chino su di me, intento a sussurrarmi spietate verità nel mio orecchio, tuttavia la presenza stanziata al centro della sala da pranzo di Dimitri non perorava la mia causa. Cercai quantomeno di limitare i danni provocati dai suoi occhi sfacciati che ormai avevano libero accesso alla mia povera mente. Sembrava di buon umore, quest'oggi. Gongolava come un adolescente mentre era intento a consumare la colazione, prendendosi gioco dell'eccessiva serietà del cuginetto sotuttoio, che, dal canto suo, fissava Dimitri con disdegno, quasi a scomunicarlo, quasi a dire con gli occhi "Non posso credere che siamo parenti". Era incredibile come Dimitri potesse cambiare nel giro di poche ore. Solo cinque ore prima era pronto a pugnalarmi a morte dandomi in pasto a qualche cane scaccia demone senza alcuna remora. Adesso, vedendolo bene, quella figura di sé era lontana, distaccata. Non mi sarei di certo illusa: sarebbe ricomparsa presto.

«Sei pronta?» mi chiese d'un tratto Dimitri.

«Per fare cosa?» risposi, mentre riponevo i piatti nella lavastoviglie.

«Usciamo.»

«Ah...» Lo guardai ed annuii.

Uscimmo nell'immenso vialetto, adornato di statue di varie dimensioni, per dirigerci verso il garage e, quindi, verso l'auto di Dimitri.

«Non ne hai un'altra che dia meno nell'occhio?» proposi sconcertata.

«Non ti piace?»

Domanda di circostanza. Era ovvio che mi piacesse, me lo leggeva in faccia, ma questo non cambiava la realtà: era troppo vistosa. Dovevamo mantenere un profilo basso, non attirare sguardi indiscreti!

«È troppo grande!»

«Suvvia, Dalilah! È solo un'auto!»

«È una Range Rover...»

Dimitri esibisce un sorriso furbetto. «Vedo che hai studiato. Ma devo correggerti: non è una Range Rover, ma una Range Rover nera con rifiniture cromate. Non tutti riescono a capire il potenziale di Daisy al primo impatto.»

Utrem Humano SanguineWhere stories live. Discover now