Capitolo 17: Non c'è mai fine al peggio (Revisionato, parte 1)

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Morire non doveva essere tanto difficile. La morte era facile, veloce, talvolta indolore; altre volte non lo era. Ma la nostra mente era stata programmata per cancellare o rimuovere alcune nostre brutali e traumatiche esperienze per agevolare il nostro cammino. Su certi aspetti, la morte non era difficile: era di breve durata in confronto alla vita. Vivere lo era, vivere era difficile. O almeno, ciò che la vita comportava: erano tutte quelle sensazioni, principalmente. Odori, suoni, i colori, il caldo e il freddo, la pelle che bruciava, la pelle che pizzicava, la pelle che tremava. I segnali elettrici che ti sciamavano dentro i nervi, sotto la pelle, e che ti mettevano in subbuglio il cervello per scombinarti le idee. E poi, il dolore. Io avevo sempre pensato che fosse il dolore la cosa peggiore che una persona potesse provare ma non era vero. Il dolore non era la cosa peggiore, la cosa peggiore era, in realtà, la non appartenenza. Non aver nessun ruolo prestabilito nella propria vita. Ti sentivi... vuota, inutile, senza uno scopo nella vita. Essere manovrata e strumentalizzata da altre persone che sapevano bene qual era il loro ruolo. E il mio ruolo invece in questo gioco malato chiamato realtà, quale sarebbe stato?

La morte era veloce. Questa era l'unica consolazione per me. Da quando avevo scoperto la verità su me stessa e su mia madre non avevo chiuso occhio. Provavo una profonda tristezza e il vuoto che avevo nel cuore non sembrava essere nato da un giorno all'altro. Mi era sempre chiesta chi fossero i miei genitori, chi fosse mia madre,  mio padre, magari se avessi avuto anche un fratello o una sorella, Clara mi aveva raccontato solo fandonie. Ma scoprire la verità in quel modo, a crudo, non mi sembrava neppure reale. Mia madre si era suicidata e in più era una cacciatrice. Si chiamava Kristen Parker e io non sapevo nessuna di queste cose. 

Ma la cosa più triste era stato il fatto che Kristen avesse nascosto nella mia mente un segreto troppo grande, persino per un Cacciatore esperto. Così facendo, mi aveva messa in serio pericolo. Oppure mi aveva protetto essendo che era l'unica cosa che apparentemente mi teneva in vita? Il confine era così labile. Cosa potevo mai pensare di quella donna? Mi aveva portato via i ricordi e ora la mia vita era distrutta per colpa di quel segreto che aveva un sapore tanto aspro ed estraneo.

Cercai di destarmi da quei pensieri che mi tormentavano ormai da giorni. Da quando Dimitri era tornato alla villa sganciando bombe incendiare su di me, avevo parlato molto poco con i membri della famiglia White. Davo sempre risposte monosillabiche e cercavo di sviare qualsiasi tentativo di avvicinamento.

Dovevo pensare.

Dovevo riflettere.

Essere sempre forte costava parecchio: la mia sicurezza stava vacillando sempre di più. Avevo fatto la prepotente fino ad allora, spavalda e sicura di me fino all'inverosimile, ma in realtà avevo una gran paura di morire. Nonostante la mia vita facesse abbastanza schifo non la volevo perdere. 

Tutti questi pensieri mi distraevano e non avevo più quella forza d'animo che mi spingeva a spaccare tutto pur di dimostrare che valevo qualcosa. Pur di dimostrare che avevo, almeno un po', l'autocontrollo. Dovevo diventare cacciatrice. E non perché era la cosa giusta da fare, ma per dimostrare a me stessa quanto valessi. Per dimostrare agli altri la mia forza. Ma era sempre più difficile farlo. Tutto sembrava tremendamente sbagliato e contro di me. Ogni volta che facevo un passo avanti, qualcosa mi spingeva due passi indietro.

Sentii bussare alla porta. Mi alzai sui gomiti e inclinai la testa di lato. Ero esausta per la lezione di quella mattina e mi toccava anche fare i compiti dopo l'allenamento. Con l'umore nero non ero proprio in vena di ricevere visite. Il fatto che avessero bussato escludeva Celina, e questo era un bene. Doveva essere Alexander. Era lui il "passaparola" in quella casa.

Mi diressi verso la porta, aprendola. Trasalii vedendo la figura inconfondibile di Dimitri sulla soglia. Cercai di mascherare il più possibile lo stupore quanto il mio irrazionale senso di sollievo che stavo provando nel vederlo. Aveva bussato, decisamente strano. Aveva per caso imparato le buone maniere nel suo folle viaggio alla ricerca della setta? Anche il suo atteggiamento era ambiguo: aveva le mani rigidamente inserite nelle tasche dei jeans e non mi stava guardando, la testa era calata verso le scarpe e lo sguardo era incerto, le labbra dischiuse. Se non lo conoscessi avrei detto che fosse in imbarazzo.

Utrem Humano SanguineWhere stories live. Discover now