SÌ O NO?

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Norah

Non fumerò più con lui e non dividerò più nessuna cannuccia, l'ansia mi diceva così.

Era caduto in mare tante di quelle volte da odiare il suono dei miei sospiri trattenuti.

Non tolleravo neanche più i rimproveri del suo coach. Il fischietto e le urla mi stavano urtando i nervi. Quasi avrei preferito essere al lavoro, così mi sarei risparmiata queste strane emozioni che non riguardavano la mia persona.

Ci provai a farmi gli affari miei e prendere il sole con le cuffie alle orecchie, ma i miei occhi non vollero collaborare. Nel momento in cui videro Elia uscire dall'acqua, non smisero di controllare la situazione.

Il coach gli si posizionò a pochi passi dal viso e disse qualcosa che non riuscii a sentire. Elia però non parve contento, anzi, sembrava mortificato.

«Ti voglio in forma per domani» suggerì, anche se sembrava un ordine, prima di andare.

Elia annuì, socchiuse poi gli occhi mostrando frustrazione e infine si incamminò per entrare dentro casa.

È arrabbiato con me? Deve esserlo di sicuro.
Ieri sera mi aveva detto che avrebbe dovuto allenarsi e io, come una stupida, lo avevo tentato.

Lui ha obiettivi, non è come me, e dovrei smettere di tirare a fondo le persone con me.

Basta. Mi scuserò con lui e poi smetterò di parlargli.

Dovrei restituirgli il secondo volume? Sì, e comprerò gli altri. Non devo più...
I miei pensieri si bloccarono mentre la musica andava avanti e i piedi di Elia andavano spediti verso l'oceano, dopo aver sbattuto la porta di casa.

Abbassai il volume e ascoltai la voce di suo padre: lo stava chiamando ma lui scelse di farsi gli affari suoi. Si buttò in mare e a me non restava che aspettare che tornasse in superficie.

Anche Shell parve aspettare; se ne stava seduta sul telo, dandomi le spalle e scodinzolando. Dopo aver visto Elia tornare a riva, gli andò incontro, e lui, anche se era arrabbiato - perché una porta sbattuta è sempre sinonimo di rabbia -, gli sorrise accarezzandola.

Pensavo che mi avesse raggiunta, come faceva di solito, ma si sedette a riva.

Sentii una strana sensazione allo stomaco, una di quelle brutte. Decisi di reprimerla. Chiusi gli occhi e alzai il volume della musica, ma quello dei pensieri rimase più alto.

Va bene essere arrabbiati però così mi sembra esagerato. Ha un suo cervello, perciò se non voleva né bere e né fumare poteva tenere il pugno duro. Io non l'avevo di certo costretto.

E poi perché cavolo Shell è ancora con lui e non con me?

Mi alzai, tolsi le cuffie e sistemai tutto nella borsa di paglia. A ogni passo verso di lui, però, il mio fastidio diminuiva tanto quanto la mia sicurezza.

Non ero brava a mettermi nei panni degli altri e neanche a chiedere se ci fosse qualcosa che non andava, soprattutto quando la colpa era mia. Scusarmi non mi piaceva.

Fatto sta che mi sedetti al suo fianco guardando la sua mano accarezzare il collo di Shell.

Mi sorrise, niente di più. Poi si sdraiò sulla spiaggia e allora il mio cane iniziò a giocare da solo, scavando per terra.

ANCORADove le storie prendono vita. Scoprilo ora