ABISSO

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Norah

La stagione estiva era finita e io avevo passato le ultime due settimane al mare, a lavoro, al pub, e a leggere manga: stavo per finire il penultimo volume.

Tra qualche giorno Taylor e Ronnie sarebbero tornati al college e, come ogni anno, mi sentivo triste.

Quest'anno però, grazie a Elia, l'avrei sopportato e superato meglio.

All'improvviso, però, le cose cambiarono, come le stagioni.

Perché a questa velocità si modificano gli avvenimenti della mia vita: un giorno prima avevo una madre che mi preparava la colazione, il giorno dopo non potevo neanche più sentirne l'odore.

Ora, invece, cosa mi aspettava?

Bastò il suono del campanello, Elia sulla soglia della porta e una frase che nei film (e a quanto pare anche nella vita reale) non prometteva niente di buono per cambiare ogni cosa.

«Ti devo parlare...»

Lo stomaco si strinse, ma non volevo pensare che lui potesse ferirmi, era da escludere, perciò mi buttai in mare aperto per ascoltarlo.

Lui mi avrebbe salvata sempre, no?

«Dimmi.»

Raggiungemmo la spiaggia per parlare in tranquillità. Le giornate erano più corte, l'oceano agitato, il sole coperto dalle nuvole, perciò la gente aveva smesso di passare pomeriggi interi al mare.

L'autunno voleva il suo spazio, ormai.
Eravamo completamente soli.

Elia nascose le mani nelle tasche della felpa e, come me, aveva coperto la testa con il cappuccio. Il vento iniziava a farsi freddo.

«Ho ricevuto un'e-mail, oggi.»

Mh, ok? «Che e-mail?»

Trattenne il respiro per un po', quando lo lasciò andare, le sue iridi chiare mirarono quel mare scuro. Sembrava che volesse iniziare un discorso ma non riusciva a esprimersi.

Feci qualche passo per avere la sua attenzione. «Quindi?»

Tornò a guardarmi ma non era in grado di farlo per più di qualche secondo. Non aveva mai avuto problemi nel farlo.

C'era qualcosa che non andava.

«Ok...» Soffiò. «Tempo fa avevo mandato un'e-mail.» Si bloccò di nuovo.

Mi stavo spazientendo. Il mio cervello iniziò a creare castelli e i miei non erano mai di sabbia, erano abbastanza solidi e forti. «Parla, Elia.»

A ogni suo respiro lungo, io ne perdevo dieci. «Sono venuto nel North Carolina per mio padre. Qui ci sono delle belle onde, ho trovato un buon coach, ma non è mai stata questa la mia meta.»

Meta? Di cosa sta parlando? Qual è la sua meta?

Una forte pressione colpì le mie orecchie, sentendole fischiare. Avrei quasi voluto che i timpani scoppiassero cosicché io non potessi sentire ciò che aveva da dire.

«Per i surfisti c'è solo una meta che conta, ed è... l'Australia.»

Ho sentito bene? I timpani funzionano ancora? Io funziono ancora?

«Mi hanno scelto tra vari surfisti e verrò seguito da coach che contano.»

Ha detto "verrò" e non "verrei": futuro e non condizionale. Ha già scelto, quindi?

No, credo di non sentire. Non voglio sentire. Non sento neanche i battiti del mio cuore. Penso che tutto si sia fermato.

«In... Australia?» domandai, alquanto scossa.

ANCORADove le storie prendono vita. Scoprilo ora