ANCORA

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Norah

Con poco preavviso, perché Elia era fatto così, avvolse la mia schiena con un solo braccio, e con l'altro mi sollevò la gamba per far sì che mi aggrappassi alla sua vita.

La parte più calda di me sentì la sua, e io persi le parole, perciò usai la lingua per baciarlo. Voleva dirgli: ti voglio, ora. E a quanto pare parlavamo la stessa lingua: lesto a capire ciò che desideravo.

Mi staccò dalla porta e mi portò in superficie, fuori dall'acqua alta. Salì le scale come se volesse trascinarmi a riva. Chiuse la porta, cosicché quel mare mosso non potesse più raggiungermi. Mi sdraiò sul letto, e io mi sentii al sicuro, sulla sabbia.

«Sei sicura di voler correre il rischio?» Abbassò la cerniera laterale del mio vestitino.

Deglutì. La mia saliva come la mia voglia di averlo erano implacabili. «Perché non dovrei?»

Elia aprì le mie ginocchia per farsi spazio. Avrei dovuto sentire più fresco a causa della finestra aperta ma il fuoco si insinuò dentro di me, e non mi aveva ancora toccata.

«Perché non ti so dire se dopo io potrei lasciarti andare.»

Mi tolse il vestitino con una manualità tale da pensare che era già andato a letto con tante altre ragazze. Scoprii una nuova emozione: la gelosia. Gli tirai la maglietta per avvicinarlo a me, come se volessi togliere altre mani sul suo corpo.

«E se dopo, io non volessi essere lasciata in pace?»

Lui posò i palmi all'altezza della testa per incatenarmi con il suo corpo. Era alto, spalle larghe, addome, gambe e braccia allenate. Mi sentivo minuscola al confronto.

Il suo sguardo, profumo agrumato e speziato, pelle, ebbero il pieno controllo di me. Volevo quasi pregarlo di toccarmi.

Si avvicinò al mio orecchio e io chiusi gli occhi per incamerare tutte quelle nuove emozioni, e focalizzarmi sulle sensazioni, come un cieco. Ascoltai le sue parole. Le sentii forti e chiare.

«Allora in quel caso sei mia.»

Quel sussurro mi entrò nei timpani. L'informazione raggiunse il cervello e diede l'input al cuore di battere all'impazzata.

Sua. Con lui avrei scoperto cosa vuol dire appartenere a qualcuno?

Il mio cuore si chiese: vogliamo appartenergli?

Al solo pensiero che la sua lingua, labbra, corpo, potessero essere solo miei, avrei voluto concedermi subito. Voglio essere sua. Voglio che lui sia mio.

Avvicinò le labbra alle mie. Le leccò, poi le baciò, infine le morse. Sentii il sapore del sangue: ci passò la lingua sopra. Sembrava che volesse punirmi per tutte le volte che lasciavo lui in mezzo l'oceano per tornarmene a riva.

Tornò a stendere le braccia. Le sue labbra erano gonfie ma di certo non doloranti come le mie.

Il mio sguardo era puntato sul suo, ma lui si focalizzò sul mio corpo che si contorse per il modo in cui i suoi occhi mi intrappolavano in quel letto. Voglia incontrollabile mista a imbarazzo: mi sentivo nuda davanti a un ragazzo per la prima volta.

Mi faceva sentire un granello di sabbia in mezzo l'oceano. O in questo caso un granello al sole: cocente.

Studiò ogni centimetro di pelle nuda e ogni merletto della mia lingerie bianca.

Tornò a guardare me e le sue iridi si scurirono. Le pupille dilatate mi diedero la certezza che voleva essere usato per bene da me.

Mi contorsi ancora, sollevai la testa, poi la poggiai di nuovo, leccai le labbra: non riuscivo a stare ferma. Volevo che mi usasse, in ogni modo possibile.

ANCORAWhere stories live. Discover now