UN PUNTINO NELL'UNIVERSO

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Elia

Scaricai tutta la rabbia accumulata in mesi o forse in anni su quel ragazzo.

Il figlio perfetto del poliziotto Stone aveva le nocche insanguinate, e non era il suo.

Nessun pentimento. Approfittarsi di ragazze ubriache và contro la mia etica perciò, al solo pensiero che potesse toccare Norah in quello stato, ero quasi tentato di tornare indietro e dargli il resto, ma la vocina nella mia testa mi suggeriva di calmarmi.

Taylor e Ronnie non sapevano dove fossi o dove fosse Norah perché i loro genitori avevano chiesto loro aiuto per l'afflusso di gente e fu proprio in quel momento in cui mi accorsi di lei, ubriaca e sola con quel tipo.

Ora mi trovo qui: davanti casa sua.

Tentai di tenerla ferma dal fianco per appoggiarla sulla porta, mentre con la mano libera cercavo le sue chiavi nella borsetta. Li trovai e aprii, senza permesso, senza problemi.

Per fortuna Shell mi aveva già riconosciuto dall'odore, perciò non fece nient'altro che scodinzolare; era tardi e il padre di Norah di certo dormiva.

Cercai di fare piano, anche se i suoi passi sembravano quelli di un elefante visto che non riusciva a stare in piedi senza un appoggio.

Mi avvicinai al frigorifero per prendere dell'acqua fresca, come se fossi a casa mia; far riprendere Norah era la mia priorità e avrei messo da parte ogni esitazione.

Adocchiai la rampa di scale e decisi di metterla in braccio per fare meno baccano possibile. Aggrappai il collo della bottiglia con le dita e cercai di tenere tutto un equilibrio.

Lei poggiò la testa sul mio petto e cercò, invano, di toccare le mie spalle o collo, non capivo dove volesse arrivare con i gesti perché non era in grado di fare nulla visto che era senza forze. Sembrava quasi una sonnambula.

Essendo che le nostre case erano uguali e la sua stanza si affacciava alla mia finestra, trovai la sua con facilità, ma avrei potuto capirlo anche solo leggendo la targhetta con il suo nome.

Era dorata, consumata; pensai che non l'avesse mai cambiata. Entrai e la sua camera era tutto fuorché antica come quella targhetta, ma non ebbi di certo il tempo di adocchiarla, sembrava però molto ordinata.

La misi seduta ai piedi del letto e, per necessità, lei si apprestò a distendersi, ma io la sorressi dalle braccia, altrimenti la testa le avrebbe girato come un uragano.

Mi misi in ginocchio e lei buttò la testa avanti, poggiando la fronte sulla mia spalla. «Elia...» bofonchiò.

Bene, aveva almeno capito chi era stato a entrare in casa sua.

Facendo attenzione e con gesti lenti, aprii il tappo della bottiglia. «Tieni, bevi.»

Si staccò per pochi secondi, il giusto per bere due sorsi. Me la porse, e trovò di nuovo appoggio su di me. «Devo fare... pipì.»

Pipì. Deve fare pipì. Ok. Come... cosa devo fare?

«Sì, Norah, aspetta... Staccati.» Tentai di spostarle le braccia posate a peso morto sulle mie spalle. Mi alzai e aiutai anche lei per portarla al bagno.

ANCORADove le storie prendono vita. Scoprilo ora