LANTERNA

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Norah

Nei giorni seguenti parlai poco con mio padre e lo evitai in qualsiasi modo possibile. Se lui si faceva trovare a lavoro, io andavo via. Quando rientrava in casa io uscivo, e prendevo in ostaggio la camera di Elia.

A me non dispiaceva perché avevamo tante cose da fare insieme: parlare, baciarci e saltarci addosso. Cambiavo idea, però, quando mi suggeriva di provare a parlare e a chiarire con mio padre.

Prendeva sempre quello stupido taccuino, che puntualmente lasciava vuoto, e cercava di farmi il lavaggio del cervello.

Alla fine fu mio padre a prendere in ostaggio il mio cuore. Scelse di parlarmi il giorno prima del mio compleanno: il 24 agosto, trattenendomi in casa.

«Neanche quest'anno vuoi festeggiare?»

Odiavo la sera del 23 e la notte del 24 perché non c'era più nessuno che mi preparava una crostata da mangiare, una candela da soffiare e una lanterna da lasciare in cielo.

Cose che potevo fare con altre persone, lo sapevo, ma non ero mai stata pronta a sostituire la presenza di mia madre.

«Esatto» risposi, guardando il sole calante dalla finestra della cucina.

«Elia sa che fai il compleanno?»

Sa anche che non voglio festeggiarlo. «Sì.»

«Mh» sospirò, sicuramente in difficoltà per le mie monosillabe. «Sembra che questo ragazzo ti piaccia.»

Mi esasperai. «E a te? Questa Cloe ti piace?» Enfatizzai sul nome della donna, ma poi qualcosa mi fece calare le difese: i suoi occhi. Li guardai; non lo facevo da giorni. Sembravano tristi. Era mia la colpa?

Abbassò lo sguardo, poggiò le mani sulla penisola e guardò il mare al di fuori dalla finestra. Con il colore del tramonto i suoi occhi sembravano dorati: non era vero che somigliavano al mare sporco, erano belli, profondi e misteriosi, come i sentieri dei boschi: come i miei.

«Sì, Cloe mi piace, ma ciò non vuol dire che prenderà il posto della mamma. Nessuno potrà mai farlo. Non a caso, l'aspetto di Cloe è l'opposto al suo. Dietro occhi chiari vedrei sempre quelli di tua mamma perché io non ho mai smesso di amarla e mai lo farò. Sono solo stato costretto a smettere.»

Guardò me. Per fortuna io non potevo ricordargli il colore dei suoi occhi.

«Non ti chiederò mai di sostituirla. Vorrei solamente che, insieme, ricominciassimo a vivere, anche senza di lei. Che iniziassimo ad accettarlo. Cloe mi sta aiutando molto in questo.»

Forse come Elia stava aiutando me.

«Ci vuole tempo, lo so, per me, per te, ma spero che un giorno tu possa darle la possibilità di conoscerti.»

Sapeva che non ero brava a fare nuove conoscenze ma, se quella sera di qualche mese prima non fossi andata a cena per la prima volta dagli Stone, non avrei mai conosciuto quel bravo surfista.

Le parole di Elia mi entrarono in testa, nonché tutti i consigli che mi avevano aiutato a sbollentare la mia rabbia incontrollabile verso mio padre e verso una donna che non conoscevo nemmeno.

Lui aveva accettato i miei suggerimenti riguardo i suoi genitori: stava imparando a gestire la rabbia e uscire di casa quando la situazione diventava opprimente. Io ero pronta a seguire i suoi.

Avevo già visto gli occhi spenti di mia mamma, non avevo intenzione di guardare anche quelli di mio padre. Soprattutto non volevo esserne la causa, perciò...

«Ci penserò...» esordì.

Gli occhi ripresero luce. «Grazie.» Fece un caldo sorriso, caldo come il colore di quel tramonto. «Allora...» Batté le mani, entusiasta. «Magari uno di questi giorni potremmo organizzare una cena. Con Elia anche, che dici?»

ANCORAWo Geschichten leben. Entdecke jetzt