"Emy, ti prego fermati!" urlò Harry quasi raggiungendomi.
Smisi di zoppicare e iniziai letteralmente a correre.
Sentivo che si stava avvicinando sempre più ed io non volevo, non volevo stargli accanto neanche per un minuto.
"Adesso ti ho presa." ridacchiò lui afferrandomi il polso.
Preoccupata guardai i suoi occhi che stavano ritornando verdi ma ugualmente si intravedevano sfumature dorate.
"Harry lasciami andare o giuro che urlerò fino a romperti i timpani."
"Emy, non fare così... Non andartene, resta qui...con me."
Sembrava essere ritornato alla normalità. Lentamente mi porse la mano ma appena lui lasciò la presa, abbassai lo sguardo per poi andarmene senza degnarlo di una parola.
Ritornai a casa straziata da quello che era successo.
Chiusa in camera, guardavo il suo ritratto e pensavo che non poteva essere cattivo, non lui.
Non cenai. Stavo al buio nella mia stanza a fissare il vuoto, a pensare sempre e solo lui.
I nonni preoccupati si domandarono il perchè di questo mio comportamento ma mentii semplicemente dicendo che non mi sentivo un gran che bene. Per fortuna non fecero altre domande.
Così passarono giorni in cui ci nascondevamo dietro ad uno sguardo.
Forse avrei dovuto farlo spiegare, perchè non l'ho fatto?
Mi ritrovavo pentita di quello che avevo commesso. Il problema era che, si forse era pericoloso, ma era come se sentissi un vuoto dentro che non riuscivo a colmare da sola. Almeno finalmente, arrivò l'ora della signorina Knivels. In assoluto la mia insegnante preferita. Insegnava psicologia, per questo spesso finivamo col parlare di problemi che riguardavano gli alunni stessi.
Mentre aspettavamo la professoressa, Alexis mi guardava in modo strano. Leggermente alterata le urlai cosa avesse e lei perplessa rispose : "Emy...non credo che hai saputo cos'è successo..."
"Alexis...cosa?!" "Dean, il miglior amico dell'amico di Harry, è andato in giro a dire che beh...Harry non voglia più Karen. I particolari non li conosco bene, ma pare che Karen sia venuta a conoscenza di queste voci e che ha avuto una bella litigata con Styles..."
"Cosa le ha fatto?!" chiesi pensando a quella povera ragazza.
"Nulla cosa doveva farle, scusa? Dicevo... si sono lasciati e ora lei è incazzata nera...con te."
Rimanemmo in silenzio. Per fortuna la Knivels arrivò dando un dolce buongiorno alla classe.
Come avrei voluto assomigliare anche solo un po' a quella donna. Alta, snella, occhi azzurri come il ghiaccio e capelli biondi che portava sempre legati. Tutti l'ammiravano, femmine e maschi.
Quel giorno indossava un gonna a tubino nera, camicia bianca e scarpe col tacco abbinate alla camicia. Elencò tutti i nomi della classe e iniziò a parlare con una certa Lizzie.
Questa ragazza era molto legata all'insegnante dato che spesso le raccontava i suoi problemi in cerca di consigli.
Alla classe intera Lizzie rivelò che aveva scoperto che la sorella aveva intenzione di scappare via con il nuovo fidanzato.
Quanto poteva interessarmi dei problemi della sorella di questa tizia? Già ne avevo abbastanza da me. Ma la Knivels cominciò a fare un discorso che catturò la mia attenzione. "Tua sorella quanti anni ha? Due in meno a te quindi 15 giusto? Indubbiamente è solo presa dall'amore e non riesce a pensar ad altro, ma tu che sei più grande hai mai provato a parlarle, a farla ragionare? Sai la cosa che distigue noi dagli animali è la ragione. Stai colpevolizzando una persona senza neanche conoscere la sua versione dei fatti. Chi ti dice che in realtà quella persona ha solo bisogno di appoggio, di qualcuno con cui parlare, con cui sfogarsi, una persona con la quale si può essere se stessi senza essere giudicati... Questo è un problema che quasi tutti hanno ma per una volta, per una sola volta perchè non proviamo a fidarci delle persone che ci circondano?"
Rimasi con gli occhi spalancati. In effetti la professoressa aveva del tutto ragione ma ormai quella storia faceva parte del passato. Erano tre giorni che Harry ed io non parlavamo e sapevo che ora non sarei più potuta tornare sui miei passi. L'insegnate continuò la sua lezione, eppure rimasi estraniata da tutto.
Fissavo la finestra dalla quale ogni tanto si vedeva un lampo (altro che Inghilterra, a Charlston City piove 360 giorni all'anno.).
Mi "risvegliai" al suono dell'ultima campanella. Finalmente fuori da quella prigione. Restavo ferma vicino alla porta dell'entrata in cerca di Alexis. Avevo bisogno del suo ombrello. Ma era scomparsa del tutto. Oh si, mi aveva detto che oggi veniva la madre a prenderla.
Così non mi restava altro che camminare sotto la pioggia.
Il cappuccio della felpa non servì molto dato che i miei scuri capelli si bagnarono ugualmente. Sapevo che il tempo faceva pena in questa città eppure continuavo a dimenticare ogni volta l'ombrello.
Ma in fondo poi, non era così male starsene in mezzo alla strada durante un temporale. Per lo meno la gente si chiudeva in casa.
Incrociai le braccia cercando di riscaldarmi ma non cambiò un bel niente. Iniziò a piovere ancor più forte, talmente forte che dovetti fermarmi al coperto sotto ad un balcone.
C'era ancora un bel pezzo di strada da fare, ye.
Dopo circa cinque minuti, un auto nera ricoperta d'acqua, si fermò di fronte a me. Lentamente il finestrino si abbassò e riconobbi quella chioma castana inconfondibile. "Ciao...ehm, che ci fai ancora qui?"
"Aspetto che spiova semplice no?"
Ero nervosa e felice allo stesso tempo. Vedere quegli occhi smeraldo spiccare in quel paesaggio scuro e triste mi faceva sentire un tantino meglio, ma comunque non riuscivo a stare del tutto tranquilla con lui.
"Hai bisogno di un passaggio?" chiese sforgiando un dolce sorriso.
"Non preoccuparti, grazie lo stesso. Tanto fra poco smette."
"Ma non l'hai ancora capito che qui piove e basta. Ma se vuoi restare qui al freddo, fai pure. Peccato ti avrei offerto una bella cioccolata calda, ma evidentemente sarà per la prossima volta..." fece spalluccie e sorridendo il più piano possibile richiudeva il finestrino.
"Ok,ok. Hai vinto." e così dicendo entrai nella sua auto. Per la metà del viaggio stemmo in silenzio, in un imbarazzante silenzio, poi però, lui si fermò in caffetteria per mantenere la sua promessa.
Io rimasi in macchina ad aspettarlo. Non ci mise molto a ritornare.
"Ecco a te. Attenta che scotta. Guarda ho preso anche dei biscottini se ti va, se non ti va li mangio tutti io."
Gli sorrisi e lo ringraziai. Mangiammo la cioccolata in auto, per non farla raffreddare. Parlammo un po' della scuola ma per la maggior parte del tempo si sentiva solo lo scrocchiare dei biscotti.
"Ne mangerei a volontà questi biscotti..." disse Harry prima di mettere in moto, ma fu fermato da me che strappai via le chiavi dalla sua mano. "Emy, che ti prende?" chiese piegando le sopracciglia.
"Harry noi...noi dobbiamo parlare..." risposi stringendo forte tra le mani le chiavi.
"Ah scusami ma credevo che non li volessi e me li sono mangiati. Ti avevo avvertita però."
"Harry, dai. Sono successe troppe cose strane e ho pensato che..."
"Cosa? Che sono un tipo strano, lo so ma sono così non posso farci nulla." "Per una volta mi prendi sul serio? Sai benissimo di cosa parlo e non dire il contrario. Hai distrutto il sacco della palestra, hai piegato solo appoggiandoti il ferro dell'armadietto e poi.. e poi i tuoi occhi cambiano colore..." Il suo stare zitto mi innervosiva e preoccupava. I suoi occhi fissavano la strada isolata. C'era un velo di tristezza e mi spezzava il cuore sapere che ero stata io a procurarglielo.
"Sarà stata la luce del sole..." sussurrò accenando un lieve sorriso.
"Harry... ti prego, puoi fidarti di me."
"Va bene. Vuoi la verità, avrai la verità. Odio me stesso ogni giorno sempre di più. Mi spaventa, ma no quello che sono ma quello che potrei fare. Mi spaventa il fatto che se solo mi arrabbio per due secondi divento un'altra persona, non sono più Harry. Cambio il colore degli occhi, riesco ad alzare un automobile con una sola mano e non riesco a trattenermi perchè la rabbia diventa più forte della mia coscienza. Non pensare a storie come "L'incredibile Hulk" non diventerò mai gigante e verde, almeno spero. Non ci sono stati esperimenti o roba del genere sono nato così. A due anni e mezzo i miei se ne sono resi conto dato che il mio soldatino finì dietro al frigorifero e praticamente lo spostai dall'altra parte della cucina. Sono nato così e non sono l'unico, anche mio padre era come me. Ci sono persone che hanno imparato a controllarlo, altre che non hanno più questa specie di doppia personalità ma ormai la parte cattiva ha trionfato. Sai i miei insieme a tua madre hanno cercato una spiegazione a tutto questo che porta solo all'assurdo. Tua mamma ti ha portata via quando per la prima volta ha visto un bambino distruggere la porta di ferro del laboratorio di papà. Era spaventa non mi aveva mai visto all'opera e ha deciso che non era sicuro stare qui, ma poi ha incontrato mia madre ed eccoti qui, dopo nove anni."
Ascoltai affascinata ma anche sconvolta la storia di Harry. Non riuscivo a credere alle mie orecchie, mi sembrava di stare in un film.
Ci mancavano solo i vampiri, qualche licantropo o qualche fata turchina. Sapevo che stavo per sbagliare di nuovo ma istintivamente aprii lo sportello e camminai sotto alla pioggia ancora una volta.
Harry sembrava sorpreso ma soprattutto ferito dal mio gesto.
Uscì anche lui e urlò il mio nome. Mi sembrava di rivevere la stessa scena di tre giorni prima. Mi bloccai, dando le spalle al ragazzo. Tenevo i pugni ben stretti e restavo in silenzio anche perchè la voce non riusciva ad uscire.
"Emy...cosa fai..." disse avvicinandosi lentamente.
"Mi dispiace, Harry, mi dispiace...ma come puoi assicurarmi che non mi farai del male? Che non farai del male alla mia famiglia? Se solo tu volessi, potresti uccidermi senza alcuna difficoltà..."
Sentii la sua mano poggiarsi sul mio braccio che delicatamente mi faceva strada per girarmi verso di lui. "Guardami negli occhi. Questo è il vero Harry ed io non potrei mai farti del male e sai perchè? Perchè farei del male a me stesso."
Fissavo il basso, non sapevo cosa fare. Sentii la mano destra di Harry posarsi sul mio volto, ma al suo tocco indietreggiai di qualche passo.
"Mi sono fidato di te, adesso è il tuo turno." continuò porgendomi la mano di nuovo, allo stesso modo. Guardavo i suoi meravigliosi occhi fissare i miei che però ritornarono verso il basso. Il sorriso che aveva sul viso, scomparve. "Capis..."sussurrò Harry ma si fermò appena sentì la mia mano stingere la sua. Alzò il viso mostrandomi il più bel sorriso che avessi mai visto. Fece un passo verso di me e con il braccio mi tirò verso di lui.
Ci ritrovammo stretti l'uno all'altro. La sua mano poggiava sui miei capelli mentre l'altra sulla mia schiena.
Sentivo il suono del suo cuore battere, il mio probabilmente era già scoppiato. Lentamente allungai anche io le mie braccia portandole sulla sua massiccia schiena. Avevo scoperto la cosa che avrebbe dovuto sconvolgermi totalmente invece no, ero la ragazza più felice del pianeta, per ora.
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Demon
FanfictionEmy è una semplice ragazza che non ha mai avuto una vita come tutte le altre. Ciò che desidera più al mondo è solo un po' di tranquillità. Si ritroverà costretta a trasferirsi a Charlston City dove rincontrerà un ragazzo dai molti segreti. Troverà l...
