Capitolo 30

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Occhi che cambiavano, spirito di vendetta, forza sovrannaturale, in quel libro c'era scritto tutto esattamente com'era nella realtà stessa. Erano descritti come esseri della notte, figli delle tenebre, venuti dall'inferno per sfamare la loro sete di terrore e paura. Orribili immagini si trovavano su quasi ogni pagina, di mostri alati, dal viso deforme o dai denti aguzzi. Se solo ripensavo al volto di Harry non riuscivo a concepire che lui fosse un demone, non sarei mai potuta arrivare a quel pensiero. Ma se invece immaginavo anche solo la sagoma di Cedric, allora sì, lui era il ritratto perfetto di un mostro senza cuore.
Seduta sul terreno, con la schiena poggiata su un tronco d'albero, stavo lontana da sguardi indiscreti di tutti i ragazzi della scuola che al rintocco della campanella, si precipitarono fuori per ritornare a casa.
Ero talmente concentrata che restai ferma dov'ero mentre man mano quel luogo diventava sempre più solitario e silenzioso.
"Emy, che stai facendo qui? Fa un freddo incredibile, ti accompagno a casa." disse Harry avvicinandosi a me. "Cosa stai facendo?"
"Nulla." risposi ferma chiudendo subito il libro e alzandomi da terra, ma il ragazzo non esitò molto prima di strapparmelo dalle mani.
La sua espressione cambiò radicalmente quando capì di cosa trattava ciò che attirava tanto la mia attenzione.
Era infastidito dalla cosa ed io sinceramente non riuscivo a capirne il motivo.
"Perché?"
"Perché, Harry? Mi chiedi perché?" dissi agitandomi quel giusto da farmi incominciare ad alzare la voce. "Perché c'è un demone che mi sta dando la caccia e non la smetterà finché non vedrà il mio cadavere giacere immobile sul terreno. Non potete prendervi tutta la responsabilità tu e Josh, perché sono io che l'ha colpito, sono io che l'ho fatto arrabbiare e sono io quella che vuole morta. Non posso e non starò con le mani in mano mentre voi cercate di proteggermi."
"Ha ragione."
All'improvviso Josh, come sempre, comparve dal nulla e camminò verso noi. Harry portò gli occhi in cielo, innervosito dalla presenza ormai fissa, di Josh.
"Un demone non può morire e questo vuol dire che Cedric non morirà."
Lo guardai con gli occhi spalancati e terrorizzati, all'idea che quel bastardo avrebbe avuto tutta l'eternità per cercare me o chiunque altro innocente fosse nel suo mirino.
"Stai dicendo che siete tutti immortali?" dissi di conseguenza.
"Ah no, certo che no. Nel preciso istante in cui un demone compie il suo centesimo compleanno, il corpo muore e l'anima va dritta da dove è venuta, all'inferno."
Infilai le mani tra i capelli e sospirai disperata.
"Ma c'è qualcosa che può ucciderli prima del dovuto. Sono dei pugnali, ma non ho idea di dove possiamo trovarli."
"Hai detto dei pugnali?" chiesi allora, ricordando le varie immagini del libro che poco prima stavo leggendo.
Afferrai il libro che Harry aveva posato per terra e in fretta giravo le pagine finché non arrivai al punto desiderato.
"Eccoli." affermai.
"Sette pugnali furono creati per distruggere il male che esisteva nel mondo, già dai tempi più remoti. Dalle più antiche popolazioni ai giorni d'oggi, questi pugnali sono sempre stati oggetto di grande valore, tanto che solamente chi si poneva al servizio del bene poteva essere al suo possesso. I sette pugnali furono dispersi in tutto il mondo, fra cui due distrutti. Il potere che essi hanno su un demone è pari ad una pallottola dritta nel cervello di un umano, dunque morte istantanea."
Josh lesse il paragrafo accanto all'immagine di uno dei coltelli, ad alta voce mentre noi cercavamo un modo per ritrovarli.
Si era aperto un varco di speranza in quell'oscurità in cui mi trovavo, ma avrei dovuto setacciare l'intero globo per avere tra le mani almeno uno di quegli oggetti.
Il mio viso era chiaramente preoccupato e pensieroso quando Harry ed io ci incamminavo verso la sua auto.
Restammo in silenzio per la maggior parte del viaggio, probabilmente anche lui, esattamente come me, non riusciva a smettere di pensare.
"Stasera usciamo."affermò il ragazzo improvvisamente.
"Cosa?"
"Usciamo. Hai bisogno di distrarti un po' e allontanarti anche da questa faccenda per qualche ora."
Lo fissai e lo sorrisi. Si preoccupava per me ogni singolo istante, riusciva a capire come mi sentissi e soffriva per non essere capace di essermi di aiuto.
"D'accordo, per me va bene."

Avevo ritardato di parecchio e i nonni erano già a tavola con il piatto caldo di fronte.
"Emily, che fine avevi fatto?" domandò nonna Margaret, non appena iniziai a pranzare anche io.
"Mi sono fermata a parlare con un professore per chiedergli com'era andato il test."
E così la giornata andò avanti, mentre la nonna mi faceva il terzo grado, il tempo passava ed io non mi resi conto che entro poco tempo Harry sarebbe arrivato a casa.
Corsi subito sotto la doccia, restai immobile davanti all'armadio, indecisa su cosa indossare ma quando sentii il campanello suonare, in fretta e furia cominciai a vestirmi. Pettinai i capelli, lasciando quell'effetto disordinato che ben si addiceva alla mia personalità, e scesi al piano di sotto.
Harry stava sul divano, segno evidente che aspettava da un bel po', a parlare con nonno Fred.
Notai poi, che il nonno aveva intuito la nostra situazione sentimentale e che aveva già riempito il ragazzo di varie raccomandazioni tipiche.
Sorrisi, divertita dell'accaduto ma soprattutto dal viso buffo di Harry e poi insieme uscimmo.
"Bene, allora? Dove mi porti?"
"Ho intenzione di farti trascorrere una serata come tutte le ragazze normali della tua età."
Io non ero come tutte le ragazze normali della mia età. Io ero me.
Restai comunque in silenzio, attendendo chissà in che luogo mi avrebbe portato.
Parcheggiammo l'auto e con il braccio di Harry sulle mie spalle, ci avviammo verso un locale.
Luce soffusa, musica e tanta gente.
Ci avvicinammo al bancone, dove si trovavano la maggior parte delle persone, ed Harry ordinò due birre.
Io non bevevo. Non avevo mai assaggiato nulla di alcolico in vita mia, forse perché non ero mai andata né in locali del genere né alle solite feste adolescenziali. Ma non mi andava di sfigurare davanti al lui, non volevo sembrargli una bambina senza alcuna esperienza.
"È disgustosa." esclamai facendo una strana smorfia, dopo aver fatto un sorso dalla bottiglia.
Il ragazzo ridacchiò, gustandosi la bevanda.
Ne bevvi ugualmente una metà mentre il resto lo finì Harry.
Stavo seduta al bancone in silenzio, osservando le persone che ballavano in pista.
"Ma tu non ti diverti mai?" disse Harry avvicinandosi al mio orecchio.
Lo osservai perplessa.
"Certo, che mi diverto."
"Davvero?"
"Davvero."
Istigata dall'espressione piena di sé del ragazzo, mi buttai in pista e cominciai a ballare.
Ancheggiavo a ritmo di musica, portavo in aria le braccia e ogni tanto passavo le mani tra i capelli, tutto questo fissando Harry poggiato con un braccio sul bancone, bere l'ultima goccia di birra, senza distogliere mai i suoi occhi dai miei.
Accennai un sorriso quando vidi che mi stava raggiungendo, e mi voltai di spalle.
Sentii la sua mano carezzare il mio ventre e il suo respiro colpire il mio collo. Quell'azione mi fece ribollire tutta e dovetti riprendere il controllo.
"Mi spiace, ma ho un ragazzo e se mi vedesse con te, ti spaccherebbe la faccia." scherzai voltandomi e posando le mie mani dietro al suo collo.
"Correrò il rischio." sussurrò per poi stamparmi un lungo bacio.
Mi alzai leggermente sulle punte e affondai le dita nei suoi bruni capelli.
In quel momento, sembrava esistessimo solo noi due e il nostro amore. Era come se la musica si fosse fermata e che il locale fosse vuoto. C'eravamo solo io, lui, e le nostre labbra che, come due calamite, si cercavano sempre e difficilmente riuscivano a separarsi.
Dopo non molto mi stancai di tutto quel fracasso ed Harry subito lo capì. Così ritornammo in auto.
"Sapevo che ti saresti stancata presto di questo posto, infatti ho un piano di riserva."
Lo studiavo con aria compiaciuta mentre era concentrato sulla strada. Era così adorabile il fatto che si impegnasse in quel modo per rendere speciale il nostro primo appuntamento. Non lo ammettevo ancora del tutto, ma i sentimenti che provavo per quel ragazzo erano davvero forti, incommensurabili.
Scostai subito lo sguardo quando si voltò per guardarmi un secondo prima di rigirarsi sulla via.
Sorrise, notando che lo stavo fissando già da un po', e trascinò la sua mano lungo la mia coscia fino ad afferrare la mia mano. Incrociò le sue dita alle mie e allungò il mio braccio verso sé. Mentre era intento a guidare mi stampava tanti teneri baci sulla pelle fredda della mano sinistra. Restai a godermi quel gesto così dolce e magico per un po' finché poi non dissi: "Ci sai proprio fare con le ragazze, tu."
La mia era una sottospecie di frecciatina che avevo lanciato per ribadire il fatto che Harry aveva parecchia esperienza in campo amoroso. Ma lui lo prese come un complimento ed io finsi che fosse così.
"È abbastanza lontano come posto." osservò Harry.
"Che ne dici se facciamo un gioco per perdere un po' di tempo?"
"Che proponi?"
"Una domanda ciascuno, possiamo chiedere qualsiasi cosa, tutto è lecito."
Mi guardò con un'espressione dubbiosa ma poi cedette e mi lasciò iniziare.
"Lo sai che Juliet è innamorata di te?"
"Cosa?"
"Oh ti prego Harry, non fare il finto tonto. Neanche uno stupido non poteva non accorgersene."
Restò in silenzio, con la tipica faccia di chi viene messo con le spalle contro il muro.
"Beh in effetti non è che non l'ho mai notato...ma fra noi può esserci solo un'amicizia, niente di più."
"Ok, fingerò di crederti. Vai tocca a te."
Pensò prima per qualche secondo mentre io aspettavo chissà che domanda mi toccava rispondere, ma il gioco era cominciato e dovevamo concluderlo.
"Perché eri così stronza con me i primi mesi che sei arrivata a Charlston City?"
Risi per la sua franchezza e dopo aver riflettuto un attimo sulla risposta, dissi: "Non ero stronza, ero arrabbiata. Eri l'unico amico che avevo e mi avevi detto che non mi avresti abbandonato, invece non appena ho lasciato casa mia, già mi avevi dimenticata."
Ad un tratto, mi sentii in imbarazzo. Era stato un comportamento infantile che solo una stupida come me, poteva avere. Come potevo incolpare Harry di una cosa accaduta nove anni prima. Era un bambino, esattamente come lo ero anch'io, non poteva far nulla.
"Hai ragione. Hai fatto bene ad odiarmi."
"Ehi,ehi aspetta. Non ho mai detto di odiarti, mi davi solo sui nervi."
Accennò un sorriso e si fermò al semaforo che segnava il rosso.
Si girò, mi guardò negli occhi e mi diede un bacetto sulla guancia.
"Ok, di nuovo io. Mh..." ed ecco che uscivano fuori le domande alla quali avevo davvero bisogno di risposte "perché mi ha trattato così male quel giorno a scuola? Perché hai detto quelle cose orribili?"
Fissavo le mie gambe aspettando che parlasse. Ci ammutolimmo entrambi e ci fu silenzio.
Ripensai a quella giornata, a noi due in mezzo al corridoio della scuola, alle sue parole e al mio cuore infrangersi in tanti pezzi.
"Ho avuto paura. Dopo quello che era successo nel bosco, avevo paura che mi sarei arrabbiato ancora e che avrei potuto farti del male di nuovo. E questo non potevo sopportarlo. Quando ti ho vista in bagno con la schiena distrutta, mi si è spezzato il cuore e aperta la mente. Juliet mi aveva consigliato di allontanarti e giuro Emy, è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto in tutta la mia vita."
Harry fermò l'auto, si voltò e mi chiese se fossi arrabbiata. Lo baciai in risposta del suo dubbio.
Non potevo esserlo. Ormai mi fidavo di lui più di chiunque altro e avrei creduto a qualsiasi cosa mi avesse detto.
Il ragazzo arrivò dall'altra parte della vettura e mi aprì lo sportello.
"Wow."
Solo quell'esclamazione riuscì ad uscire dalla mia bocca.
Eravamo su una collinetta al chiaro di luna. Il panorama davanti ai nostri occhi, era la cosa più bella che la mia vista avrebbe mai potuto anche solo immaginare.
Migliaia di luci, di tutta la città, brillavano e sembravano danzare l'una con l'altra. Harry con una mano mi alzò il viso, rivolgendolo verso la notte. Una miriade di stelle tempestavano l'intero cielo notturno, anch'esse brillanti, come milioni di diamanti incastonati nella volta celeste.
Restai a bocca aperta, senza parole. Non riuscivo a credere a ciò che vedevo. Sembrava di essere in uno di quei film romantici, in cui tutto era perfetto.
"Oh mio dio Harry. È meraviglioso, è stupendo questo posto."
Mi avvicinai al punto più sporgente del terreno e osservai quel fantastico paradiso.
"Sapevo che ti sarebbe piaciuto."
Restammo in silenzio.
Io contemplavo quella meraviglia, ancora incredula, ed Harry me.
"Non cambierei nulla della mia vita. Nulla."
Mi rivolsi verso di lui e lo fissai dritto negli occhi. Quella frase era ciò che pensavo ma soprattutto ciò che sentivo, e volevo che Harry sapesse che in qualunque modo la mia vita sarebbe andata, era con lui che la immaginavo.

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