Capitolo 26

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Ovunque ti girassi in camera di Alexis riuscivi a trovare qualcosa di rosa. Le pareti interamente rosa, il copriletto rosa, il lumino rosa, tutto. Per non parlare di una grossa quantità di peluche, sul letto, sulle mensole, sulla scrivania. Era strano come quella camera rappresentasse perfettamente la personalità di Alexis. Grande femminilità ma con ancora quel po' di timore di crescere, una specie di sindrome di Peter Pan. Mi fece accomodare sul suo letto mentre lei aprì il grosso armadio di legno e iniziò a spostare i vestiti a destra e a sinistra. Restai seduta in silenzio osservandola finchè lei non disse squadrandomi dalla testa fino a piedi: "Non verrai così alla festa così spero."
"Cosa c'è che non va?" "Oh Emy, quante cose devo ancora insegnarti. Allora siediti qui." disse la ragazza indicando la sedia di fronte alla ballerina. La guardavo attraverso l'immagine riflessa nello specchio mentre lei metteva le mani nei miei capelli.
"Hai mai provato a piastarei i capelli? Secondo me staresti molto bene liscia." "Ehm, Alexis, cosa vuoi farmi? Non mi va di farmi carina." "Oh non preoccuparti, tu non devi fare niente, penso io a tutto. Basta che stai ferma e zitta soprattutto." Ammetto che quel sorrisetto che si formò sulle sue labbra mi preoccupò un tantino. Per prima cosa si occupò dei capelli, piastrandoli come aveva già accennato, poi cercò di truccarmi ma alla vista dell'ombretto, iniziai a lamentarmi ma come se nulla fosse, lei continuò tranquillamente.
Infine cacciò dal suo armadio delle "meraviglie", come diceva lei, un vestitino nero, stretto, leggermente scollato dietro alla schiena. "Stai scherzando vero?" dissi ridendo alla vista dell'abitino. "Ho la faccia di una che scherza quando si tratta di moda? Non ti lascerò mai venire con quei jeans." E dopo varie lamentele e lievi discussioni, riuscì a costringermi ad indossarlo. Ovviamente non avrei mai osato mettere delle scarpe alte, anche perchè non avevo idea di come si portassero. Così rimasi fedele alle mie converse bianche. Intanto anche Alexis iniziò a prepararsi finchè non arrivò il momento di recarsi a casa di Jessie. Andammo con la macchina di Alexis dopotutto ancora dovevo provare la mia chevrolet. Non distava moltissimo il luogo della festa e parcheggiammo qualche metro più avanti dato che posto non ce n'era. Prima di uscire dall'auto, Alexis afferrò dalla borsetta il lucidalabbra, prese lo specchietto e iniziò a posarselo sulle labbra. "Appena mi vedrà, capirà cos'ha perso quel bastardo." disse aprendo lo sportello ed io sorridendo la seguii. Prima ancora che varcassimo la porta, già si sentiva la musica ad alto volume scoppiarci nelle orecchie. La porta era ovviamente aperta e da questo deducemmo che a divertirsi non c'erano solo gli invitati ma anche qualche estreneo. Immaginavo la scena di quando i genitori di Jessie sarebbero venuti a conoscenza del casino che aveva creato il figlio. Non ero mai andata ad una festa, e dopo le scene che vidi non so se ci sarei riandata. Ragazzi ubriachi fradici che non si reggevano in piedi, altri che pomiciavano disgustosamente sul divano, altri che dopo qualche bicchiere di vodka in più, ricacciavano tutto fuori. "Dio, guarda lì" disse Alexis facendomi cenno di guardare verso la pista da ballo. Vidi Karen muoversi pietosamente al ritmo della musica altissima, da far scoppiar i timpani. Appena i miei occhi videro quegli strani movimenti, non riuscii a trattenere le risate.
"Non ridere, non ridere." continuò Alexis trattenendo il più possibile le risate. "Styles, ore dieci." Fissai il pavimento per qualche instante. Non avevo il coraggio di voltarmi, ma ne avevo una gran voglia. "Emy, credevi che non me ne fossi accorta della collana che porti al collo? Studio Harry da quando ho iniziato il liceo e non l'ho mai visto senza quest'oggetto, non so come ce l'abbia tu ma se è stato lui a dartela, vuol dire che a te ci tiene e non poco. Quindi adesso muovi quel tuo grazioso culetto e va da lui." e così dicendo Alexis mi diede un bello spintone verso Harry. Con quel gesto la ragazza attirò la sua attenzione su di me. Iniziai ad andare in escandescenza e l'unica cosa che riuscivo a pensare era che avrei dovuto riempire di botte quella biondina. "Ciao" dissi con il tono più impacciato che avessi mai fatto in vita mia. "Ciao" rispose lui sorridendo "Sei..." "Ridicola, lo so. Colpa di Alexis." "Bellissima. Sei bellissima."
Cavolo quanto lo odiavo quando faceva così, quando mi guardava con quei occhi ai quali non riuscivo a resistere. Mi metteva in estrema difficoltà e restai muta al suo complimento. "Sei ancora arrabbiata con me?" "Harry, non lo sono mai stata. E' solo che avrei voluto che fossi stato tu a dirmelo." "Cosa? Scusami con questa musica non riesco a sentirti." Dunque il ragazzo si chinò leggermente e si avvicinò al mio viso per ascoltarmi meglio. All'improvviso un'ondata del suo profumo mi travolse mentre il mio cuore iniziò ad aumentare la velocità. Mi fissava con quel sorrisetto come se sapesse che standomi così vicino non riuscivo a ragionare. "Fanculo, Styles ." dissi spontaneamente mentre lui si sciolse in una risata. "Ti va se continuiamo a parlare qui fuori, magari con qualcosa da bere?" "Ok, ti aspetto sul retro." Camminai facendomi spazio tra la gente finchè non arrivai alla porta che mi avrebbe portato fuori da quel caos. Feci un sospiro di sollievo quando le mie orecchie cominciarono di nuovo a sentire normalmente. Non c'era assolutamente silenzio anche perchè ero ancora vicina alla casa e la musica rimbombava ancora, ma per un istante almeno ero un po' più tranquilla. Fuori si congelava ed Harry non si dava una mossa ad arrivare. Cercai di riscaldarmi strofinando le mani sulle braccia e andando avanti e indietro. Ma ad un tratto sentii delle voci maschili alterate non molto distanti da dov'ero io e dato che l'istinto aveva sempre la meglio su di me, seguii quelle voci. "Sei diventato un rammollito. Lo sapevamo che non eri all'altezza. Mi fai addirittura pena, guarda."
Vidi allora, in mezzo alla strada deserta tre ombre. Riconobbi subito Josh che sembrava essere la causa della discussione. Gli altri due invece si assomigliavano molto, entrambi avevano la pelle molto chiara e la testa rasata. In apparenza sembravano molto esili e mingherlini eppure notavo che Josh ne era intimorito. Da dove mi trovavo, non riuscivo però a capire bene cosa si stessero dicendo e così mi avvicinai ancora di più. Dovevo fare attenzione in quel vicoletto a non fare troppo rumore ma proprio in un momento di distrazione andai a sbattere contro dei bidoni dell'immondizia.
"Merda." sussurrai, socchiudendo gli occhi, sperando che tutto quel trambusto non mi avesse messo nei guai, ma appena riaprii gli occhi vidi il viso dei tre ragazzi rivolto verso di me. "E' maleducazione origliare le conversazioni altrui." disse uno dei pelati.
Cercai allora di indietreggiare lentamente mentre loro invece si avvicinavano finchè non mi ritrovai con le spalle al muro e quest'uomo starmi di fronte. Afferrò una ciocca dei miei capelli e l'annussò. "Non toccarmi." dissi dando un forte schiaffo sulla sua mano. Rise voltandosi verso l'amico, mentre Josh restava a fissare con aria sofferente e pugni stretti. "Josh, è lei la figlia di McLaw?" Il ragazzo rimase immobile con lo sguardo basso, rispondendo chiaramente alla domanda.
"Adesso si spiega questo caratterino. Tale padre, tale figlia." ridacchiò poi quest'uomo dagli occhi gialli.
Come faceva a conoscere mio padre? Chi diavolo era?
Insistentemente continuava a sfiorarmi il viso, facendo si che il mio disgusto crescesse. La sua mano poi si spostò sulla pelle del braccio.
Allora senza pensarci due volte, lo spinsi violentemente causando ancora una volta una sua risata. "Ah, questo non dovevi farlo." disse con un tono diverso, molto più severo, molto più arrabbiato. Istintivamente cercai qualcosa che avrebbe potuto difendermi, ma non c'era nulla, nè una bottiglia, nè un pezzo di vetro, nulla. Posai la mano sul muro e sentii qualcosa pungermi. Vidi un chiodo sporgere dalla parete e provai in tutti i modi di estrarlo mentre lui man mano si avvicinava. Quando ormai era vicino a me, sentii la sua presa sul mio collo stringersi sempre più forte e in quel momento vidi i suoi occhi gialli come il sole. Quando finalmente il chiodo venne fuori, non esitai un secondo a ficcarglielo dritto in gola. Si allontanò cercando di urlare, con le mani poggiate sulla ferita sanguinante. Con le braccia cercava di afferrarmi ma non riusciva a prendermi, finchè poi non cadde al suolo in una pozza di sangue, il suo sangue. Probabilmente gli avevo perforato un'arteria e chiunque sarebbe morto dissanguato, ma sapevo che lui non era come chiunque. Nel frattempo io rimasi immobile, senza sapere cosa fare. Facevo la dura ma in fondo non avevo mai fatto del male a nessuno. Sentii il suono di due bottiglie di vetro rompersi sul suolo e vidi Josh urlare "Harry, portala via da qui!" Harry, in fretta, mi afferrò la mano e mi portò lontano da lì. Non sapevo cos'avrebbe fatto Josh, non sapevo dove mi stava portando Harry, sapevo solo che tutto era successo per colpa mia.

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