Capitolo 18

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Dopo quello spiacevole evento, qualcosa cambiò in Harry.
Non era più lo stesso, inventava scuse e mi mentiva come se non me ne accorgessi, in poche parole mi evitava completamente.
Non credevo fosse stato per quello che mi aveva fatto, dopotutto gli avevo detto esplicitamente che non era nulla di grave eppure da quel giorno smise di guardarmi negli occhi. Cercavo in tutti i modi di fare qualcosa ma senza alcun risultato.
Anche Alexis notò questo strano distacco fra noi, ma io continuavo a pensare che presto gli sarebbe passata, almeno speravo.
La cosa che però iniziò a farmi "preoccupare" fu quando un giorno Alexis ed io decidemmo di entrare a scuola insieme.
Entrammo, prendemmo le nostre cose dagli armadietti e ci avviammo per andare in classe. Fin qui nulla di anormale.
Da lontano Alexis vide Harry insieme al suo gruppetto che frequentava più del solito in questo periodo. Subito mi avvertì e allora passammo accanto lui dato che si trovava sulla nostra strada.
Finalmente dopo vari giorni, mi avrebbe di nuovo rivolto la parola ma invece quando eravamo a tre passi da lui, lo vidi guardare dalla testa ai piedi Alexis, accennarle un sorriso e salutarla con il suo antico "Ciao, piccola". Rimasi totalmente spiazzata dal modo in cui mi ignorò.
Era come se per lui non esistessi più, ero invisibile ai suoi occhi.
Entrammo in classe, ci sedemmo ed entrambe rimanemmo sorprese dalla sua reazione.
"Ok, forse hai ragione...Si sta comportando davvero in modo strano." puntualizzò Alexis mentre io restavo in silenzio.
"Se ti fa stare così male, perchè non gli parli? Che ti costa?" continuò.
"Io? Male? Ma che sei scema! A me non interessa un bel niente di quello che gli passa in quella zucca vuota. Si sarà svegliato dal lato sbagliato del letto..."
"Si...per quasi due mesi." Erano due ore intere che il professore parlava e parlava ancora. Dire che non ce la facevo più è poco. Allora senza pensarci due volte chiesi di uscire per poter andare al bagno e per mia fortuna riuscii ad uscire da quell'inferno.
Gironzolai per un po' nei corridoi, fermandomi un paio di volte vicino al distributore automatico per comprare qualche merendina.
All'improvviso, però sentii un risata provenire dal fondo del corridoio deserto. Allora con la barretta di cioccolato alle nocciole mi avviai per vedere chi fosse. Data la mia incredibile fortuna incontrai proprio Harry, l'ultima persona al mondo che avrei voluto vedere. Mi risuonarono in mente le parole di Alexis. In effetti dovevo solo parlargli non dovevamo mica fare un duello all'ultimo sangue.
Quindi, decisa come non mai, mi avvicinai a lui che come sempre stava in compagnia di un paio di amici. "Dobbiamo parlare..." dissi facendo cenno di stare da soli.
Il ragazzo sbuffò, creando una risatina di sottofondo da parte dei compagni che lentamente si allontanarono.
"Mi dici che cavolo ti prende? Sono quasi due mesi che non mi rivolgi la parola, ti ho per caso fatto qualcosa di male?!" dissi senza mantere la calma. Harry, con il viso calato, iniziò a ridere, portando poi la mano destra vicino ai suoi occhi, strofinandoli un paio di volte. E sempre con il viso soddisfatto e pieno di sè rispose:
"No, ma davvero tu pensavi che io potessi essere tuo amico? Ti sei guardata? Sono il ragazzo più popolare della scuola e non so come ho fatto a farmi vedere così spesso con una come te. Mi dispiace ma al limite puoi organizzarmi un appuntamento con la tua amica, è davvero un bel bocconcino." Rimasi pietrificata. Non so se era il mio cuore che si stava spezzando o quel filino di calma che mi tratteneva dal prenderlo a sprangate.
Lo fissavo attentamente in quegli occhi verdi come non mai.
"Oh dai, Emy, non guardarmi così. Cosa aspettavi? Che mi fossi innamorato di te? Che volessi invitarti al ballo, per poi vivere insieme felici e contenti? Mi dispiace deluderti, ma questa non è una fiaba, questa è la realtà che ti piaccia o no." Reagisci Emy! Cosa diamine stai aspettando! "D'accordo Harry se questo che vuoi. Il tuo consiglio è stato ben accettato." e così dicendo mi voltai e me ne andai per rientrare in classe.
Il ragazzo rimase fermo, con i pugni ben saldi. Poi, dopo aver fatto un lungo sospiro, afferrò dalla tasca posteriore il cellulare e iniziò a scrivere un messaggio diretto a Juliet. "Fatto."
Finalmente suonò l'ultima campanella. Dovevo scappare da quel luogo, dovevo tornare a casa e dormirci sopra.
Era inutile fingere che stessi bene, non riuscivo a capacitarmene, non per le sue parole ma per il motivo. Quella che si sarebbe dovuta arrabbiare ero solo ed unicamente io, che mi ero ritrovata ricoperta di cicatrici per tutta la schiena e invece no, lui si arrabbia e se ne va così, senza alcuna spiegazione. Forse però aveva ragione, vivevo in una fiaba, perchè ammetto che pensavo di poterlo aiutare se almeno me ne avesse dato la possibilità.
Come potevo vivere nella realtà quando vengo a sapere che la persona di cui mi fidavo maggiormente è un mostro, un mostro che ti fa del male fuori e dentro?

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