Capitolo 35

3.9K 165 7
                                    

Quando lentamente aprii gli occhi al volger del mattino, notai Harry poggiato su una mano, osservarmi.
"Buongiorno, dormigliona."
Sorrisi e mi stiracchiai. Mi ci volevano almeno un altro paio d'ore per poter connettere al cento percento il cervello.
Gli diedi le spalle e chiusi ancora una volta gli occhi.
Lo sentii ridacchiare e poi la sua calda mano si posò sul mio ventre, sfiorando la pelle nuda, e iniziò a dare tanti piccoli baci sulla mia guancia sinistra.
Ci coccolammo per un po' prima di uscire definitivamente dal letto, dopodiché scendemmo al piano di sotto a fare colazione.
Lo fissavo mentre dolcemente preparava da mangiare. Mi versò un bicchiere di succo d'arancia, prese cereali e biscotti e si offrì di cucinare uova e bacon.
"Finalmente hanno fatto pace i due innamorati."
Josh arrivò e strappò via dalle mie mani la ciotola con latte e cereali, e cominciò a mangiare.
Rimasi basita e soprattutto infastidita ma tacqui ugualmente, masticando l'ultimo boccone.
"Avete confessato i vostri peccati, deduco."
Cominciai a tossire dopo che i cereali mi erano appena andati di traverso. Lui, invece mi guardava compiaciuto, come se non aspettasse altro che un altro litigio tra Harry e me.
"Non voglio restare un'altra notte qui."
"Cosa ti turba, Emy?"
Lo avrei ammazzato prima o poi.
"Credo sia normale, dopo due giorni, voler ritornare a casa propria."
Lo guardai in cagnesco. Doveva tacere.
Qualunque erano le motivazioni, dovevo ritornare a casa. Avevamo chiesto ad Alexis di coprirmi, ma non potevo chiederle di mentire ancora.
Se i nonni avessero scoperto che avevo passato due notti da Josh Hustins, sarebbero andati su tutte le furie.
"Hai ragione, ti riporto a casa." disse Harry, stampandomi un bacio sulla fronte.
Sorrisi e corsi di sopra a prepararmi.
Uscita dal bagno, sciolsi i capelli e improvvisamente venne Josh e mi sbatté con il muro del corridoio.
Socchiusi gli occhi spaventata dall'atto improvviso.
"Sono felice che tu e il tuo ragazzo vi siate chiariti."
Mi teneva imprigionata e le sue braccia erano le sbarre.
"Cosa diamine vuoi, Josh..." dissi alterata, evitando il suo sguardo.
"Te."
Si avvicinò sempre più ma poi lo spinsi via e col viso di fuoco gli dissi:
"Io amo Harry, Josh, io amo lui."
Mi voltai e vidi il ragazzo dagli occhi di smeraldi in fondo al corridoio.
Camminai in fretta verso lui, non notando il cenno che Josh gli fece.
Stava a braccia incrociate, poggiato al muro con l'aria di chi è pronto a polemizzare e a litigare.
"Harry, lasciami spiegare..."
Non conclusi la frase che mi ritrovai la bocca del ragazzo premere sulla mia intensamente.
"Tu sapevi..."
"Sapevo."
Esitai un istante poi lo ribaciai.
Ero stanca di litigare, ero stanca di arrabbiarmi, ero stanca di tutto tranne di amarlo.

Quando mi trovai sull'uscio della porta di casa mia, finalmente mi sentii libera e al sicuro.
Non esisteva luogo migliore della propria casa, ero tranquilla nonostante il fatto che avevo scoperto che Constantine sapeva dove abitavo ma ormai, lui non era più un problema.
I nonni, la mia camera, il mio letto, il set da disegno mi erano mancati anche se si trattava di soli due giorni.
Harry aspettò in auto che entrassi in casa per non destare sospetti, dopodiché se ne andò.
"Sono tornata!" esclamai.
Ero felice di poter ritornare alla normalità, come se per pochi istanti potessi cancellare i brutti momenti che erano accaduti e focalizzare la mia mente solo su cosa avrei mangiato per pranzo.
"Bentornata, Emily. Com'è andata da Alexis?" chiese nonna Margaret.
Mi ammutolii quando sentii delle voci provenire dal salone.
Riconobbi quella di nonno Fred ma l'altra era a me sconosciuta.
La pace che avevo provato pochi secondi prima, era volata via.
Mi addentrai nel salone e vidi questo ragazzo dagli occhi blu e capelli biondo scuro, seduto sul divano.
Si alzò, non appena mi vide.
"Lei è Emy." disse il nonno.
Mi raggiunse, mi prese delicatamente la mano e la baciò.
"È un piacere conoscerti, Emy."
Ritrassi immediatamente la mano.
Mi fissava con mezzo sorrisetto formato sul viso e notai una piccola fossetta accennata sulla sua guancia.
Dai suoi occhi intuii che tramava qualcosa o almeno avere quel ragazzo in casa mi rendeva inquieta.
Aveva all'incirca una ventina d'anni eppure era come se appartenesse ad un mondo molto più lontano dal mio.
"Chi sei?" chiesi sfacciata, provocando in lui una leggera risatina.
Il nonno mi guardò come se volesse dirmi di comportarmi bene, per fare bella figura.
"Perdonami, non mi sono presentato, il mio nome è Colin."
"Questo bravo ragazzo è arrivato ieri sera e aveva bisogno di un posto dove passare la notte, quindi è restato qui e si fermerà finché ne avrà bisogno."
Che cosa?
I miei nonni volevano ospitare un completo sconosciuto in casa nostra per cortesia?
Era impossibile. Nonno Fred era sempre stato ben chiaro su questo tipo di cose, mai fidarsi di nessuno, e ora invita persone a caso a passare la notte da noi?
Era tutto troppo strano.
"Nonno, potrei parlati?"
Ci allontanammo e ci dirigemmo verso la cucina per poter parlare liberamente senza orecchie indiscrete.
"È inutile, Emy, Colin resterà qui, che ti piaccia o no. Abbiamo già deciso."
"Ma nonno potrebbe essere pericoloso! Chi ci dice che non sia un maniaco o peggio!"
"È un bravo ragazzo, non preoccuparti, tesoro."
Girò le spalle e ritornò in salotto.
Cosa diamine stava succedendo? Perché si stavano comportando in quella assurda maniera?
Non riuscivo a capire. Quel Colin poteva essere un maniaco o un demone. E se fosse un alleato di Cedric? Sarebbe stata la fine per me.
Salii le scale velocemente ma senza dare nell'occhio. Entrai in camera mia e vidi vestiti, scarpe e altra roba che non mi appartenevano. Una valigia era posata sul pavimento e non ci pensai due volte a rovistare fra le cose di Colin per avere qualche risposta in più.
"Sei anche una ficcanaso, quindi."
Mi alzai in fretta, sobbalzando al suono della sua voce.
Appoggiato alla porta con le braccia incrociate, non sembrava infastidito dal mio gesto ma anzi, sembrava quasi che se l'aspettasse.
"Non troverai nessuna mannaia, accetta o altro da serial killer, se è questo che ti preoccupa."
Varcò la soglia e si avvicinò a me mentre mantenevo la distanza.
Più passavo tempo con lui e più mi convincevo che fosse un demone ma soprattutto che fosse pronto a sferrarsi su di me per uccidermi.
"Non voglio farti del male, Emily. Voglio aiutarti."
"Perché sei qui?"
Esitò un istante prima di rispondere, non per riflettere su cosa dire ma per provare ancora più gusto a tenermi sulle spine.
"Le voci girano, piccola Emy. Ti sei messa contro qualcosa di più grande di te e dei tuoi teneri amici demoni."
Mi sentii il cuore in gola non appena pronunciò quella parola.
Era anche lui uno di loro, ma era dalla parte del nemico. Dovevo fare qualcosa, dovevo scappare e portare via i nonni con me, ma il come era impossibile. Sembravano essere ipnotizzati dal ragazzo dagli occhi blu oceano, non li riconoscevo.
"Mi manda tuo padre."
Mio padre?
L'uomo che mi aveva abbandonata, che per nove lunghi anni era scomparso e continuava ad essere solo un ricordo. L'uomo che avevo scoperto essere un cacciatore di demoni, folle e ossessionato da loro. L'uomo che non approverebbe mai la vita che stavo vivendo.
Restai ancora più perplessa e confusa, non sapevo che pensare e che dire.
"Quindi tu sei un..."
"Oh no, no" disse stendendosi sul letto e posando le mani dietro alla nuca "sono un angelo."
Lo guardai e, dopo aver tentato invano di trattenermi, scoppiai in una sonora risata.
"Sei serio?" chiesi dunque.
"Esistono i demoni perché non dovrebbero esserci anche gli angeli?"
Cavolo, la mia vita stava cadendo nell'assurdo.
Demoni, angeli, cacciatori, ci mancavano solo vampiri, bacchette magiche e animali parlanti.
Ma come Harry era un demone, Colin poteva essere un angelo.
"Credevo che voi abitaste in paradiso, aveste le ali, l'aureola e quelle cose lì. Non sembri un angelo."
"Non mi sembra che Harry sia un mostro alato, dai denti aguzzi e con un paio di lunghe corna."
Tacqui.
Nonostante fosse un angelo, non riuscivo a sentirmi al sicuro con lui. Aveva l'aria di chi ha visto di tutto, di chi ha fatto di tutto.
Solo perché diceva di essere un angelo, di certo non voleva dire che mi sarei potuta fidare di lui. Ma in qualsiasi modo la pensassi, lui restava in casa mia, senza che i nonni obiettassero, e da quel momento non potevo più sentirmi al sicuro in nessun luogo di Charlston City.

DemonWhere stories live. Discover now