Capitolo 40

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"Panta rei."
Tutto scorre.
Sottolineai questa frase sul libro di filosofia. Stavo ripetendo gli ultimi argomenti per l'ultimo esame della materia umanistica prima che la nota frase del filosofo greco non attrasse la mia attenzione.
"Tutto scorre, tutto è in continuo movimento." questo affermava.
Quanto era vero.
Da quando ero arrivata a Charlston City la mia vita era cambiata notevolmente.
Avevo una migliore amica, una casa fissa e addirittura un fidanzato.
Continuavo a pensare che scorrere fosse il sinonimo di passare e che quindi, in un modo o nell'altro, quell'orribile situazione in cui mi trovavo sarebbe passata.
In fondo era la verità, fra due giorni sarebbe tutto finito, o con la morte di Cedric o con la mia.
Decisi dunque di smettere di nascondermi dietro i libri e di prendere in mano la mia vita, qualsiasi fosse il prezzo.
Afferrai il telefono e chiamai mia madre. Parlammo per ore della scuola, di Harry, dei nonni finché il mio orecchio non diventò bollente e rosso fuoco.
Dopodiché scesi le scale e vidi i nonni seduti sul divano, chiacchierare davanti al televisore.
Mi sedetti tra i due e passammo l'intera giornata insieme. Era bello trascorrere del tempo insieme a loro, ne avevo bisogno più che altro. Erano l'unica goccia di normalità che mi era rimasta in questa vita incasinata in cui mi ritrovavo incastrata ogni giorno.
Anche solo stare in silenzio seduti uno accanto all'altro mi rasserenava.
Scorsi Colin osservarci dalla cucina ma lui era nella mia mente e sapeva che non volevo che ci disturbasse. Sapeva che probabilmente quella sarebbe stata l'ultima serata con i miei nonni.
Quando si fece tardi, ritornai in camera e mi infilai nel letto. Qui, i mille pensieri risalivano a galla nella mia testa. I pensieri più tristi, più spaventosi, solo le ipotesi più tragiche fluttuavano nel mio cervello.
Dopo essermi girata e rigirata così tante volte da perderne il conto, finalmente mi addormentai e il mattino arrivò veloce, tanto da aver avuto la sensazione di aver dormito solo pochi istanti.
Mi alzai dal letto e cominciai a preparami per la scuola. Avevo bisogno di parlare con Alexis, dovevo chiederle di accompagnarmi al Golden Gate.
Non mi ci volle molto per convincerla. Quando si trattava di andare a divertirsi era sempre ben disposta ad accettare qualsiasi invito, anche se le parve strano che fossi stata proprio io a proporle questa serata tra donne.
Per la prima volta, le ore scolastiche volarono in un battibaleno. Il fatidico giorno sembrava avere tanta fretta di arrivare.
Mi spaventava sapere che ci mancava davvero poco all'attuazione del piano e non riuscivo a non pensare ad altro.
"Emy? Emy?" disse Harry.
Mi voltai confusa. Non stavo ascoltando ciò che stava dicendo il ragazzo.
"Smettila di pensarci. Se non vuoi farlo nessuno ti giudicherà."
"Non ricominciamo, ti prego."
Harry ed io avevamo discusso parecchio sul da farsi. Cercava in tutti i modi di convincermi a lasciar perdere, di starmene buona a casa mentre lui cercava un modo per uccidere Cedric da solo.
Sapeva che ormai avevo deciso e che non avrei cambiato idea.
"Stasera non voglio scuse, sarai tutta mia."
Mi voltai con lo sguardo malizioso.
Sorrise e mi abbracciò, dando un bacio sui miei capelli.
"Sarà qualcosa di speciale."
Mi incuriosiva. Finalmente dopo la decisione di fermare Cedric, ero riuscita a pensare ad altro all'infuori di quell'essere demoniaco.
Accennai un sorriso al pensiero che aveva preparato qualcosa per me, magari qualcosa di particolare, di romantico.
Tornata a casa mangiai e mi rilassai un po' prima di buttarmi sotto una doccia fredda.
Mi insaponai dalla testa fino ai piedi dopodiché con i capelli gocciolanti aprii l'armadio alla ricerca di un abito adatto per l'occasione.
Afferrai una gonna nera stretta e una camicetta bianca, le indossai e cominciai ad osservarmi allo specchio.
Non andava bene.
Non ero mai stata così agitata nell'incontrare Harry. Volevo essere bella per lui, volevo l'abito perfetto per lui.
Trovai un vestitino blu scuro, lungo sopra al ginocchio che utilizzai unicamente per la festa di compleanno di zio Jack.
Presi un paio di ballerine bianche e decisi che quel completo andava bene.
Provai a legare i capelli ma alla fine preferii lasciarli sciolti.
Il campanello bussò e sentii la sua voce salutare i nonni.
Come al solito ero in ritardo.
Misi il lucida labbra e due spruzzi di profumo, feci un bel respiro e scesi al piano di sotto.
"Andiamo?" bisbigliai imbarazzata.
Harry si voltò e si soffermò a guardarmi sorridendo.
Anche lui era più elegante del solito, indossava jeans neri, camicia bianca e per completare il tutto, una bella giacca.
"Non fate tardi." raccomandò nonna Margaret.
"Non preoccupatevi, la riporterò sana e salva." scherzò Harry afferrandomi la mano e portandomi poi verso la sua auto.
Mi aprì lo sportello come un vero gentiluomo e ci avviammo.
Ero nervosa come non mai, a tal punto che le parole non uscivano facilmente dalla mia bocca.
Tremavo tutta e percepivo un fastidio allo stomaco, le cosiddette farfalle.
"Sei bellissima."
Arrossii e chinai il volto.
"G-grazie."
Cavolo, balbettavo anche.
Ridacchiò, sapeva il mio stato d'animo e provava piacere ad essere lui la causa del mio scombussolamento.
"Non dirmi che sei agitata."
"Non sono agitata" dissi "non lo sono per niente."
Sorrise e mi afferrò la mano.
Dopo circa mezz'ora di strada arrivammo in una piccola villetta.
Non entrammo in casa ma andammo sul retro.
Qui c'era un enorme piscina, illuminata dalle tante piccole candele che le facevamo da contorno. Non molto distante poi, si trovava un tavolo già apparecchiato.
Petali di rosa ci guidarono verso esso mentre dall'alto le stelle e la luna facevano da guardiane.
Sempre mano nella mano ci avvicinammo alla nostra postazione, scostò la mia sedia per farmici sedere e dopo ciò si sedette anche Harry di fronte.
"Non ci credo che tu abbia fatto tutto questo." dissi ancora incredula e stupefatta.
Cercavo di smettere di sorridere ma le mie labbra si rifiutavano categoricamente.
Cominciammo a mangiare ciò che il ragazzo aveva preparato prettamente con le sue mani. Questo, il fatto che aveva cucinato per me, mi faceva ancor più innamorare di lui.
"Non immaginavo che fossi un così bravo cuoco."
"Sono un ragazzo da tante sorprese." scherzò "Volevo che fosse tutto perfetto, in fondo possiamo definirlo come il nostro secondo appuntamento."
Era vero. Stavamo ormai da tanto insieme ed eravamo usciti un'unica volta come una coppia normale. Questo mi riportò a pensare alla causa del perché non erano così frequenti. Non c'erano momenti di tranquillità nelle nostre vite e l'ultimo pensiero probabilmente, era proprio un appuntamento romantico.
"Sai, venivo ogni estate qui con i miei genitori. Preferivo stare in piscina piuttosto che in mare."
Lo ascoltavo, estasiata dal suo viso incantevole e dalla sua voce profonda.
"A volte, mi chiedo come abbia fatto mio padre..."
"A fare cosa?"
"A non preoccuparsi, ad essere ogni giorno rilassato nonostante fosse un demone e sua moglie no."
In quel momento capii perché Colin lo aveva chiamato "mezzo demone". Solo suo padre era come lui, ed era per questo motivo che a differenza di Josh, Cedric e Constantine riusciva a differenziare i due diversi poli.
Aveva mantenuto la sua parte umana grazie alla madre.
"C'è una cosa chiamata amore, Harry."
"È questo il problema, ho paura di fare del male alla persona che amo di più." mi guardò negli occhi ma poi riabbassò lo sguardo.
Mi alzai, gli andai vicino e lo baciai.
Harry mi prese la mano e mi portò nel lato opposto della piscina a forma di fagiolo.
Qui, c'era una coperta distesa sul pavimento a bordo piscina. Ci stendemmo su di essa, abbracciati e in silenzio.
Posai la testa sul suo petto e mi concentrai nel sentire il dolce suono del suo cuore e del suo respiro che tanto mi rilassavano. Socchiusi gli occhi e bisbigliai: "Vorrei che questa serata non finisse mai."
La mano di Harry tra i miei capelli si fermò e nonostante non potessi guardarlo, conoscevo la sua espressione.
Si sedette e di conseguenza mi alzai anch'io. Cominciò a sbottonarsi la camicia, finché bottone per volta non la tolse del tutto.
"Che stai facendo?"
"Voglio farmi il bagno."
"Sei pazzo? È tardi."
Tolse le scarpe e sbottonò i jeans finché non rimase in boxer e si tuffò in acqua.
"Andiamo, Emy. Domani farai la tua pazzia più grande, puoi fare anche questo." disse avvicinandosi al bordo.
"Sei un cretino, lo sai vero?"
Abbassai la chiusura lampo nel lato del vestito e lo lasciai cadere per terra, lo sfilai da vicino ai miei piedi e mi avvicinai alla piscina lentamente mentre Harry seguiva ogni mio movimento.
Indugiai un po' prima di tuffarmici.
L'acqua era piacevolmente calda, cominciai a muovere braccia e gambe per rimanere a galla.
Harry si avvicinò a me, nuotandomi intorno.
"Non è fantastico qui?" disse.
"Magnifico."
Mi voltai e portai le mani dietro al suo collo, guardai i suoi occhi brillare più delle stesse stelle che si trovavano in quel cielo limpido e notturno e lasciai che le sue labbra toccassero le mie.
Dopo non molto le mie gambe cominciarono ad allentarsi così mi avvicinai al bordo e mi riposai un po'. Harry mi seguì e mi chiuse tra le sue possenti braccia.
Lo abbracciai affondando il viso nel suo collo. Non volevo che tutto questo finisse, non lo volevo.
"Promettimi solo che..." cominciò a dire il ragazzo "che se la situazione inizierà a diventare troppo complicata, te ne andrai e ti metterai in salvo."
Non mi mossi dalla mia posizione.
Era una promessa che non avrei potuto mantenere così restai in silenzio e lasciai che fosse lui stesso a capirlo.
"Ti amo come non ho mai amato nessuno, sai?" gli sussurrai.
Lo guardai negli occhi e cercai di concentrarmi il più possibile su di essi. Avevo bisogno di ricordare ogni piccola fazione del suo viso, ogni minimo particolare, ogni sfumatura, ogni cosa. Il suo tocco delicato, il suo profumo, il suono della sua voce, la dolcezza dei suoi baci, la presa delle sue mani, andavo alla ricerca di tutte queste piccole cose perché non sapevo se l'indomani le avrei mai più riviste.

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