Capitolo 33

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Constantine si gettò violentemente su Josh e cominciarono a lottare. Vedevo il ragazzo in estrema difficoltà, con il viso coperto di sangue mescolato alle gocce di pioggia. Sentivo una presa allo stomaco ogni qualvolta che un pugno di Constantine si posavo sulla faccia di Josh.
La testa mi scoppiava, era come se avessi due chiodi conficcati nel cranio. Iniziai ad avere brividi di freddo eppure stavo bollendo.
Saltai e portai le mani alla bocca quando Josh finì sull'asfalto, senza forze. Trattenni un grido nel vedere quella scena e mi precipitai fuori.
Cosa diamine stavo facendo?
In quel modo mi sarei fatta ammazzare anche io, ma le gambe avevano iniziato a camminare da sole, senza il mio comando.
Appena aprii la porta, Constantine si voltò quasi come se sentisse il mio profumo.
Restavo immobile mentre lui mi sorrise e cominciò a prendere a calci Josh.
"Smettila!" urlai con tutta la voce che avevo in corpo, ma ovviamente non mi ascoltò. Lo implorai ma nulla.
Così gli andai vicino e cercai di spingerlo, di colpirlo, ma sembrava esser fatto della stessa materia del ferro. Accumulai tutto quel poco di forza che mi restava e gli sferrai un colpo in pieno viso.
Provai un dolore indescrivibile, probabilmente mi ero distrutta le ossa della mano, ma ciò che più mi preoccupava di certo non era quello.
Constantine s'incupì e quel suo sorrisetto che aveva da casa mia, scomparve improvvisamente.
Indietreggiai quando capii che non era arrabbiato, era furioso o di più.
Iniziai a tremare di paura e l'adrenalina che, prima di quel momento devastava il mio corpo, si era trasformata in puro terrore.
Il demone cominciò a respirare irregolarmente, affannosamente.
Mi afferrò i capelli e strillai dal dolore, mi trasse a sé, tenendomi di spalle, e avvicinò il suo viso al mio collo per poi annusarlo.
Cercai di porre resistenza ma ad ogni mio movimento, la presa sui miei capelli diventava sempre più stretta e dunque dolorosa.
L'altra mano si spostò sul collo, ma non per strangolarmi, ma per spezzarlo direttamente.
In meno di un minuto sarei dovuta essere morta ma stranamente la presa di Constantine si allentò ed io colsi subito l'occasione per allontanarmi, ma mi cadde sulla schiena.
Spaventata che volesse aggredirmi nuovamente, lo scaraventai d'istinto per terra.
In quell'instante capii che era morto.
Mi girai e vidi Josh, col pugnale ricoperto di sangue, che mi aveva appena salvato la vita.
Entrammo in casa, senza che nessuno parlasse. Mi sentivo traumatizzata, spaventata, impaurita come non lo ero mai stata. Credevo di morire, credevo che Constantine mi avrebbe uccisa, che non avrei mai più visto la luce del sole.
Cercai di comporre ancora una volta il numero di cellulare di Harry, per vedere che fine avesse fatto, ma le mie mani tremavano troppo.
"Emy, stai bene?"
La voce di Josh mi fece venir voglia di piangere ma non lo feci.
Mi voltai e nonostante volessi, non riuscii a dire una sola parola.
Dolcemente Josh, con un asciugamano, sfregò la mia testa per cercare di asciugare i miei capelli, mentre il mio sguardo era vuoto e perso, diretto verso il fuoco caldo ed accogliente del camino.
"Sei stata brava. Se non fossi arrivata tu, probabilmente adesso sarei nell'altro mondo."
Lo guardai e pensai a tutto ciò che volevo dirgli, del fatto che avevo avuto, e che avevo ancora, tanta paura che morissi, che lui morisse, ma le uniche parole che fuoriuscirono dalla mia bocca furono: "Grazie, Josh."
Mi sorrise e pensai a come facesse a mantenere così bene il controllo.
In quel momento avevo bisogno di Harry più che mai, della sua voce rassicurante, dei suoi abbracci, dei suoi occhi ma non c'era e mi faceva star male il pensiero che gli fosse accaduto qualcosa.
Mi alzai dal divano con l'intento di ritornarmene a casa mia, ma nell'esatto momento in cui raggiunsi la posizione eretta, l'intera stanza mi parve girare e muoversi confusamente, finché non ci fu buio totale.
La voce allarmata di Josh, mi fece riprendere i sensi che avevo appena perso. Riuscivo a stento a tenere aperti gli occhi.
"Sto bene, Josh." continuavo a ripetere, cercando di convincere entrambi.
Mi afferrò per le gambe e per la schiena e mi alzò dal pavimento. Salimmo al piano di sopra diretti in camera del ragazzo e lentamente mi fece stendere sul suo letto.
"Emy, stai male, sei di fuoco."
Non capivo una virgola di ciò che Josh cercava di dirmi, sapevo solo che volevo dormire.
In men che non si dica, i miei occhi si chiusero e sprofondai in un sonno profondo.
Josh era seduto accanto al letto e vegliava su di me, senza riposo.
Uscì dalla camera un paio di volte e nel momento di sua assenza ne approfittai per richiamare per l'ultima volta Harry. Squillava una, due volte ma poi udii dei passi avvicinarsi verso la camera e spensi in fretta tutto. Finsi di dormire per evitare discorsi su come mi sentissi o roba del genere.
Sentivo Josh osservarmi, fermo alla mia sinistra. Cominciai a sospettare del fatto che probabilmente aveva capito che in realtà ero sveglia, ma continuai ugualmente con la farsa.
Sentii una pressione sul materasso e il respiro di Josh farsi sempre più vicino. Iniziai ad agitarmi ma restavo immobile, fino al punto in cui lentamente le sue labbra toccarono le mie.
Il mio cuore cominciò a pulsare a dismisura finché il campanello suonò e si staccò dalla mia bocca.
Quando se ne andò sospirai e mi posai una mano sul petto, come se volessi incoraggiare il mio cuore a rallentare.
"Come sta?"
Harry arrivò in camera e si avvicinò a me che continuavo a tenere gli occhi chiusi. Sentii la sua mano sfiorarmi i capelli, cosa che mi rassicurò e infastidì alla stesso tempo.
Si presentava così dopo che ero stata attaccata e quasi uccisa da un demone, senza una chiamata, un messaggio, niente.
"Ha la febbre. È meglio se passa la notte qui."
"Lei non resta da sola con te."
"Davvero, Harry? L'hai abbandonata ed è grazie a me che puoi ancora vedere la tua amata respirare."
Dopo le parole di Josh, Harry rimase in silenzio consapevole che stavolta Josh non aveva torto.
"Resto anche io, allora."
Josh tacque ma poi con un segno fece capire ad Harry di recarsi in salone per non disturbarmi.
Il ragazzo dagli occhi smeraldo, si avvicinò nuovamente a me e baciò la mia fronte, per poi andarsene.
Mi portai le mani al viso e strofinai gli occhi, stanca e afflitta, desiderosa che quella giornata non fosse mai esistita.

Il mattino seguente, quando aprii gli occhi, il primo pensiero che pervase la mia mente fu quello di andare via e chiudermi nella mia camera.
Andai in bagno prima di scendere le scale per prendere il coraggio di affrontare un altro nuovo giorno.
La casa era illuminata dai raggi del sole e se solo i ricordi della serata precedente non ricomparissero nella mia testa continuamente, sarebbe potuta essere una giornata piacevole o almeno normale.
Una volta arrivata in salone vidi Josh, Harry e a mia estrema sorpresa, Juliet.
Stavo a testa basso quando avevo tutti i loro occhi puntati addosso, ma la voce di Harry ruppe quel silenzio quando mi salutò dolcemente.
Avevo così tante cose da dirgli, da chiedergli.
Era ferito? Lo avevano attaccato? Stava bene? Perché non rispondeva alle mie chiamate? Perché mi aveva abbandonato?
Ma non dissi nulla di questo.
"Dove sono le chiavi della mia auto?" chiesi a Josh.
Il ragazzo aprì la mano e le fece ciondolare e tintinnare.
"Non sono in vena di scherzare, Josh." dissi stanca e un tantino innervosita.
"Emy..." intervenne Harry "noi abbiamo pensato che è meglio per te, se resti qui per qualche giorno, per evitare spiacevoli inconvenienti."
Harry, dal mio arrivo a Charlston City, non aveva fatto altro che ripetermi di stare lontano da Josh ed ora voleva che restassi a casa sua?
Volevano tenermi segregata in una stanza per la mia sicurezza, per avermi sotto controllo, ma io non potevo, non volevo.
"Voglio andarmene a casa, Harry." insistetti.
"Smettila di fare la bambina, resterai qui che ti piaccia o no."
Mi voltai al parlare di Juliet che mi lanciava uno sguardo di sfida e ciò mi infastidì ancor di più della sua stessa presenza.
"Mi stai minacciando?"
"Se proverai a scappare, non esiterò a spezzarti una gamba a differenza di loro due."
Restai in silenzio. Non avevo nulla da dirle. Guardai Harry per un'ultima volta, sperando che avesse fatto qualcosa per aiutarmi ma tacque. Me ne uscii fuori al terrazzo, l'unico luogo in cui potevo essere lontano dalle loro voci, dai loro sguardi, da loro.
Pioveva, come sempre. La pioggia era così fine e sottile che pareva quasi di non vederla.
Mi sedetti sul freddo pavimento al riparo dall'acqua, portai le ginocchia al petto e le cinsi con le braccia.
Sentivo dentro me, un miscuglio di emozioni, che mi portavano ad urlare, a piangere, a sfogarmi in qualsiasi modo possibile.
Ero frustrata, confusa, impaurita e ciò che invece mi procurava rabbia era il fatto che Harry non se ne accorgesse.
Se solo fosse venuto a spiegarmi, a parlare o anche solo a sedersi accanto a me probabilmente mi sarei sentita meglio, invece no, restavo sola, sperando che si ricordasse della mia esistenza.
All'improvviso mi ritrovai una coperta sulla testa, la spostai e vidi Josh avvicinarsi a me.
"Harry ha inviato col tuo cellulare un messaggio ai tuoi nonni, ha detto loro che stai da Alexis."
Restò all'in piedi, con le mani infilate nelle tasche dei jeans, a fissare il vuoto ed io lui.
"Mettila se proprio vuoi restare qui fuori per tutta la giornata, avrai ancora un po' di febbre."
"Vattene via, Josh."
Mi sorrise ed io mi coprii con la calda coperta che mi aveva appena portato.
Restammo in silenzio per un po' mentre lui si mise comodo, seduto di fianco a me, ed io continuavo a chiedermi perché non se ne andasse, lasciandomi in pace.
"Dovresti andare a parlargli."
"Da quand'è che sei diventato un consulente di coppia?" dissi guardandolo, cercando di sfuggire dall'argomento.
Se gli avessi risposto nel modo in cui realmente mi sentivo, mi avrebbe preso in giro per il resto della vita. Perché si, volevo che venisse lui a cercarmi, a parlarmi e non io, ma queste cose i ragazzi non le possono capire.
"Credevo che ormai il nostro rapporto fosse diventato più intimo."
Il sorrisetto che avevo accennato dalla mia pseudo battuta, era scomparso e riapparso sul suo di viso.
"Credevi davvero che non mi accorgessi che eri sveglia? Il tuo cuore batteva così forte che anche un sordo lo avrebbe sentito."
Bisbigliò l'ultima frase al mio orecchio e non appena si spostò, mostrò quella sua odiosa espressione, fiero di essere riuscito nell'intento di mettermi in assoluto imbarazzo.
"È da ieri sera che mi domando perché non hai contestato a quel bacio." concluse alzandosi da terra "Magari dovresti chiedertelo anche tu."
Quando ormai era andato via, strappai via dalle mie spalle la sua coperta e la buttai lontano, lasciandola bagnare dalle tante gocce d'acqua, che ripetutamente si schiantavano sul suolo.
Mi portai le mani tra i capelli, ancora più confusa di come lo ero dieci minuti prima.
Aveva ragione, perché non avevo fatto nulla? Perché gli avevo permesso di baciarmi?
Volevo solo che tutto finisse, che fosse tutto perfetto come l'appuntamento con Harry, come una qualsiasi giornata normale, ma invece no, doveva essere tutto complicato perché ormai era questa la vita di Emily McLaw.

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