Capitolo 15

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Le ore di lezione sembravano non passare più eppure da una parte, era un bene perchè ero leggermente agitata al pensiero che fra meno di due ore sarei dovuta stare da sola con Harry. Forse, anzi sicuramente, era Alexis a finire di preoccuparmi dato che era più in ansia di me. Quando la campanella suonò per l'ultima volta, iniziai a sentire uno strano vuoto nello stomaco. Cercavo ovviamente di nascondere il tutto il meglio possibile e direi di esserci riuscita visto che spesso Alexis meravigliata mi chiedeva come riuscissi a restare così calma.
"Guarda che se non è qui fuori, io me ne vado. Di certo non mi metto ad aspettarlo." dissi prima di varcare l'uscita della scuola.
Scendemmo le scale e ci ritrovammo nel cortile.
"Visto? Non c'è. Ci vediamo Alexis. Ciao." continuai cercando di andarmene mentre Alexis provava in tutti i modi di farmi aspettare almeno qualche minuto per vedere se arrivasse.
"Dai, Emy, altri due minuti e ce ne andiamo." disse la ragazza che fu interrotta da una voce maschile proveniente da dietro le mie spalle.
"Ho fatto tardi, lo so, mi dispiace." disse Harry arrivando di corsa "Il professore di matematica mi ha intrattenuto in classe...Adesso scusami piccola ma mi rubo la tua amica. A domani."
Sentii la sua mano incrociarsi con la mia. Lentamente mi faceva strada per portarmi chissà dove, mentre io restavo lì ferma e zitta.
"Che carina che sei, mi hai anche aspettato fuori scuola. Devo essere sincero credevo che te ne fossi andata."
"In realtà dovevo andarmene...devi ringraziare Alexis se ora stiamo insieme e comunque dove mi stai portando?"
" È una sorpresa. Aspetta e vedrai, siamo quasi arrivati."
Ci allontanammo di poco dalle nostre case dato che eravamo a piedi, però per arrivare dove voleva il ragazzo, abbiamo dovuto salire una piccola collinetta. Mi era familiare quel posto eppure ancora non ricordavo bene. "Eccoci!" esclamò Harry. Alla vista di quella distesa di prato verde, colorato da qualche fiorellino qua e là, mi venne tutto in mente. Da bambini, Harry ed io, venivamo sempre qui, per parlare, giocare, per stare semplicemente insieme.
"Allora? Non mi dire che ti sei dimenticata tutto." scherzò il ragazzo.
"Non potrei mai farlo..." risposi sorridendo con gli occhi che brillavano.
"Sai, vengo davvero spesso qui, soprattutto se sono arrabbiato," ridacchiò Harry, distendendosi ai piedi di un albero "mi rilasso se penso a tutte le belle giornate che passavamo proprio qui insieme."
Allora anch'io mi misi all'ombra di quest'albero maestoso, dalle foglie verde chiaro. Cacciai dalla borsa il mio blocco da disegno e iniziai a fare la rappresentazione di quello spettacolo incantevole.
Mentre me ne stavo tutta applicata invece, Harry fissava il cielo con le mani dietro alla nuca. Il suo sguardo era così intenso da perdersi dentro e io fingevo che sentire la sua gamba sfiorare la mia, non provocasse nulla. "Non capisco perchè ogni volta che vengo qui, ho l'immagine di quando nove anni fa ti ritrovai proprio sotto quest'albero, col viso ricoperto di lacrime. Quando mi avvicinai a te chiedendoti il motivo per cui stavi così male, ti buttasti sul mio petto e piangesti ancor più forte. I tuoi stavano divorziando e sapevi che avresti dovuto lasciare Charlston City e non sai quanto mi faceva rabbia sapere che non potevo fare niente per farti ritornare a sorridere...". Rimasi pietrificata dalle parole di Harry. Ricordavo ancora bene quell'episodio e devo ammettere che mi fu di molto aiuto in quel momento. Mi voltai verso di lui e sorridendo gli dissi: "Ti sei comportato come un ottimo amico quel giorno... Harry, adesso non aspettarti che ti riempia di complimenti o che ti salti tra le braccia, non sono quel tipo di persona, però davvero, grazie...anche se in ritardo."
Il ragazzo dagli occhi smeraldo, ridacchiando si avvicinò a me. Posò la sua mano sinistra sul prato, con la schiena riuscivo a sentire il suo braccio sfiorarmi. Il mio cuore iniziò a battere sempre più, speravo solo che lui non capisse che riusciva a mandarmi in tilt.
"Posso?" disse sfilando il foglio da sotto le mie mani "certo che hai tanto talento. L'hai sempre avuto...".
I nostri visi erano così vicini. Non sapevo cosa fare, fissavo il mio disegno cercando di ignorare quella situazione evidente. Con la coda dell'occhio vedevo Harry che fissava me in attesa che mi girassi per guardarlo in quei maledetti occhi. Oh diamine, non avevo più otto anni!
Così allora, con il respiro che man mano accelerava, mi voltai. Era più vicino di quanto immaginassi. Stava lì a fissarmi le labbra ed io non aspettavo altro che mi baciasse, cavolo quanto lo volevo.
La sua grande mano spostò i miei capelli per posarsi sul collo e quando ormai pensai che era fatta, sentii un rumore di una motocicletta.
Mi girai, rovinando quel momento, e vidi una donna che indossava un giubbotto di pelle nero, jeans e stivali perfettamente abbinati al giubbotto. Si sfilò il casco dalla testa, lasciando svolazzare i suoi lunghi capelli biondi come il sole.
Harry appena la vide, si alzò e si avvicinò a lei dicendo ironicamente: "Sei arrivata proprio nel momento giusto, guarda."
Mi alzai allora anch'io e andai verso loro, afferrando la mia borsa.
Mamma mia e com'era bella quella ragazza, meravigliosa oserei dire.
Mi sentivo un po' di troppo accanto a lei ma per il momento restai lì.
"È questa qui?" chiese rivolta ad Harry che rispose:
"Si...Emy ricordi quando ti ho detto che non sono l'unico 'diverso' in questa città, beh lei è come me diciamo, l'unica differenza è che lei ha imparato a controllare l'altra parte e sta cercando di insegnarlo anche a me. Emy, Juliet. Juliet, Emy."
Mi limitai a sorriderle ma lei invece continuò dicendo: "Senti, spero che Harry ti abbia detto che non devi parlarne con nessuno. Se lo farai saranno grossi guai non per noi ovviamente, ma per te."
"Vedo che sei molto simpatica." le sorrisi stuzzicandola.
Ci saremo sicuramente divertite noi due. Guardai il cellulare e vidi che erano le quattro e sei minuti. Perfetto ero in ritardo. Salutai Harry e Juliet e andai di corsa verso l'indirizzo che mi aveva dato Josh. Dopo circa cinque minuti arrivai fuori a quest'enorme cancello di ferro battuto. Suonai e mi aprirono. Una volta entrata, rimasi a bocca aperta alla vista di una mega villa. Mai visto nulla del genere.
Ad accogliermi in casa fu una cameriera che mi stava portando in una delle tantissime camere di quella casa. Onestamente pensai di aver sbagliato indirizzo ma dopo aver notato che la cameriera sapeva il mio nome avevo capito che quella era proprio la casa di Josh Hustins.

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