VIENI NEL MIO MONDO

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POV ALEC

Balzò in piedi e spinse le braccia in avanti, come a volersi difendere. Neanche avesse avuto una remota possibilità di uscire viva da un eventuale scontro con me.

"Come lo sai?". Il tono spaventato trasformò quella domanda in una minaccia.

Restò a fissarmi con aria stravolta per un minuto buono ed io impiegai ogni forza per mantenere le labbra piegate in un sorriso quasi reverente. Potevo intuire i suoi pensieri e non mi piacevano. il modo in cui mi guardava, tra il preoccupato e il furioso, mi faceva sentire un mostro. E con tutta probabilità, ai suoi occhi, lo ero per davvero. Cercai nella sua espressione il via libero per poterle rispondere. Mi aspettavo da un momento all'altro di vederla fuggire via da me. Era un mistero che non l'avesse già fatto.

"Sei tu!", mi accusò, additandomi. La paura si era eclissata, sostituita dalla furia.

Sapevo che il suo cervello era un modello esemplare di perfezione. Lavorava frenetico, senza lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, in un modo che la differenziava dalle altre donne che avevo incontrato. Eppure rimasi allibito quando con quell'accusa, mi dimostrò di aver intuito ciò che ero venuto a dirle. 

"Sei tu il padre", boccheggiò, in balìa della rabbia. Le guance rosate erano sbiancate, e le lunghe ciglia sembravano disegnare le occhiaie profonde sotto i suoi occhi. Infine sgranò gli occhi, insistendo a tenere un dito accusatorio puntato contro di me. "Mi hai violentata!".

Corrugai la fronte, facendo velocemente dietrofront: daccordo, forse non era poi così vero che il suo cervello lavorava meglio di quelle delle altre femmine. La sua fervida immaginazione era senza dubbio un ostacolo che non riusciva a raggirare e che la teneva ben lontana dalla verità dei fatti.

"Vi siete concessa a me volontariamente", mi difesi, allungando il braccio per abbassare il suo dito accusatorio. Ma subito ci corressi: "Daccordo, magari la nostra prima volta non lo eravate propriamente del tutto".

Nadine mosse velocemente la mano, prima ad indicare me, poi sè stessa. Quindi di nuovo me. "Io e te saremmo andati a letto insieme?". Poi scoppiò a ridere. Una di quelle risate che fanno venire la pelle d'oca e che portano con sé una buona dose di isterismo. "E allora, sapientone, spiegami come mai non lo ricordo".

"Perchè tutto questo è accaduto in un'epoca diversa da questa".

Miaccorsi troppo tardi di essermi sbilanciato troppo. Irrigidii la mascella inattesa di una reazione esagerata da parte sua. La sua calma mi stupì, spronandomi a continuare. Mi restavano su per giù pochi secondi prima di vederla urlare per lo sgomento, e volevo approfittarne.

"Nadine, noi due veniamo dal passato. Più precisamente dal 1612. Per questo non ricordate nulla. Ed ora mi sono fatto spedire nel futuro per proteggervi, e proteggere nostro figlio e... farvi tornare indietro".

Le lanciai un'occhiata e mi accorsi che mi stava esaminando con occhio critico, tutta concentrata su una serie di calcoli mentali per determinare in quale forma di pazzia fosse precipitato il mio cervello. 

"Io...", attaccò, ma si bloccò subito, umettandosi le labbra con la lingua. 

Seguii quel movimento come un assetato disperso nel deserto e dovetti distogliere lo sguardo per non correre il rischio di saltarle addosso. Come poteva eccitarmi anche in un simile momento? Perchè le concedevo di avere questo potere su di me?

"Come hai detto di chiamarti?", mi sorprese, usando un tono fermo, quasi professionale.

"Alec. Alec O'Braam".

"Bene, signor O'Braam...".

"O'Braam e basta. Nella nostra epoca vengo chiamato col mio cognome, senza che la parola signor lo preceda. Tra l'altro non sarebbe nemmeno il mio titolo".

SEI MIA PER DIRITTONơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ