PASSIONE (attenzione: capitolo per un pubblico adulto)

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POV ALEC

Nadine era la classica donna per cui un uomo avrebbe ucciso. Più bella dell'amore stesso era diventata per me la rappresentazione vivente del più bel sogno che avesse mai potuto rallegrare le mie notti. 

Mentre fingevo di osservare la strada davanti a noi, incredibilmente sgombra da altre macchine, esaminai affascinato il suo profilo con la coda dell'occhio. Ogni tratto del suo volto era concentrato alla guida, la fronte leggermente corrucciata come se quei semplici movimenti del volante la snervassero. Gli occhi socchiusi, fissi sul parabrezza, erano come imbambolati sull'asfalto grigio tratteggiato da una linea bianca che veniva inghiottita sotto le ruote dell'auto su cui stavamo viaggiando. 

Tutto ad un tratto mi sentii la gola secca e dovetti inumidirmi le labbra. Ero impressionato dai dettagli che ero riuscito ad individuare in mia moglie. Conoscevo ogni singola sfumatura delle varie espressioni. Riconoscevo il modo in cui si mordicchiava il labbro inferiore quando facevamo delle ricerche sui libri o quando leggeva qualcosa sul suo computer, il modo in cui canticchiava quando pensava di essere sola e come incrociava le braccia al petto ogni volta che si sentiva offesa dalle mie parole. Conoscevo ogni impercettibile variazione del rossore che spesso le abbelliva le guancie, tingendole di una tonalità più forte quando dentro di lei montava l'eccitazione oppure di una leggermente più rosata quando stava meditando il modo in cui zittirmi o controbattere. Conoscevo i suoi gusti alimentari, l'odio profondo e apparentemente immotivato per il colore marrone, il tic nervoso che la portava a mangiucchiarsi i lati delle unghie quando la prendevo in giro, e soprattutto avevo imparato a memoria ogni singolo e più piccolo gemito che le mozzava il respiro affannato quando la stuzzicavo con le mie dita.

Seduto accanto a lei, nel silenzio dell'abitacolo, lasciai vagare gli occhi sulla punta del suo naso, sulle labbra, sull'arco definito del sopracciglio, sul profilo della mascella che si contraeva pochi secondi prima di girare il volante ed effettuare una curva. Erano tutti dettagli che nella mia epoca avevo finto di non notare e che arricchivano il mio sapere su di lei. Eppure allo stesso tempo lasciavano un'enorme falla che mi era impossibile riempire. Per quanto non avessi mai avuto problemi particolari nel farmi seguire e ubbidire da lei, in questa nuova epoca sembrava capace di svincolarsi abilmente dai miei ordini. Riusciva a sviare domande, a raggirare discorsi, a prendere decisioni con discrezione per poi convincermi subdolamente che fossi stato io a decidere al suo posto. Alzava la voce e imprecava come un uomo, camminava con meno grazia pur stando attenta a preservare la propria femminilità, dettava legge con suo padre e lavorava più di una serva. 

I miei ricordi intatti dipingevano un profilo dettagliato di Nadine, eppure, guardandola in quell'istante, mi resi conto che era divenuta una sconosciuta. L'avevo vista impacciata, titubante, aggressiva e impavida. Ma non sapevo decifrare questo suo nuovo carattere, così determinato e disinibito. Assurdamente mi spaventava e mi affascinava al contempo. Mi spaventava perchè, indipendentemente dall'epoca in cui ci trovavamo, l'uomo doveva incarnare la guida, la regola, l'autorevolezza, mentre la donna doveva uscire dalla logica dell'emancipazione e abbracciare con gioia il ruolo dell'accoglienza e del servizio. Cosa che ovviamente lei non sembrava in grado di fare. Non si sforzava nemmeno di smussare il proprio istinto di controllare tutto, anche il proprio marito, cercando di cambiarmi in base alla proprie aspettative. La sottomissione che mi aspettavo da lei, e che ero riuscito in parte ad ottenere nella mia epoca, non aveva niente a che fare con la prevaricazione o la supremazia arbitraria del maschio, ma si limitava a a riconoscere i ruoli differenti che la natura ci aveva attribuito. E per questo era indispensabile. Per questo la esigevo.

Strinsi i denti, facendoli cozzare uno contro l'altro, maledecendo il fatto che questa mancanza da parte sua riusciva ad affascinarmi in un modo perverso. Maledicevo persino il giorno che l'avevo incontrata. Rapportarmi con una mia pari era stimolante, sebbene il mio intento rimanesse fedele all'esigenza di portarla ad essere indulgente e disiderosa di accettarmi per quello che ero, senza lasciare al suo dispotico orgoglio di interferire. Ma allo stesso tempo assorbiva ogni mia forza. Sembrava che Nadine volesse lanciarmi una continua sfida per stabilire chi tra noi due fosse il più forte. E non avevo dubbi sull'esito di questa nostra battaglia. 

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