VOGLIO PRESENTARTI UNA PERSONA

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POV NADINE

Seguii il trillo del cellulare, passando per il corridoio e fermandomi in salotto. Girai su me stessa cercando di capire da dove venisse quel suono e mi accucciai ai piedi del divano. Infilai il braccio tra i cuscini e lo trovai dopo alcuni tentativi. Come era finito lì sotto?

Appena vidi lampeggiare il nome di Mary mi ricordai che l'ultimo ad averlo usato era stato Alec. 

Alec!

Sollevai lo sguardo contro la porta chiusa della mia camera da letto. Alla settima volta che avevo sentito squillare il mio cellulare ero sgattaiolata da sotto le lenzuola, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliarlo. C'eravamo addormentati subito dopo aver fatto l'amore, quasi contemporaneamente, senza discutere di ciò che era successo tra noi. Ed ora mi sentivo quasi colpevole, e di certo troppo scombussolata per affrontarlo senza prima essermi preparata qualche frase intelligente da dirgli e che andasse oltre ad un banalissimo: "Ti è piaciuto?".

Il trillo del cellulare cessò e lo schermo tornò ad oscurarsi. Andai nella cronologia e trovai tre chiamate perse da parte del mio capo e altre due di mio padre. Ricomposi in fretta il numero dell'ospedale, ignorando la valanga di mail che mi erano arrivate durante la notte.

"Dottoressa Low", esordì col suo solito tono severo.

"Buongiorno dottor Torrence. Ho visto ora le sue chiamate".

"Si è presa un permesso per tutto il resto della settimana", dritto al punto. Non si poteva certo dire che il primario amasse girare attorno alle cose.

"Ho dei problemi di cui lei è al corrente e che vorrei risolvere prima della scadenza del suo ultimatum", calcai sull'ultima parola cercando di fargli percepire quanto fossi irritata.

"Ha deciso di abortire?", fraintese.

Deglutii. Sì, avrei voluto urlare. Invece strinsi la mascella e sputai quelle parole che avrebbero messo fine alla mia intera carriera medica. "Dottor Torrence, questa decisione non spetta solo a me. e lei lo sa benissimo".

"Già, già... suo marito", sospirò pesantemente contro la cornetta. "A proposito, vorrei complimentarmi con lui per la sua franchezza. E' lì con lei?".

Corrugai la fronte. Perchè diavolo voleva parlare con lui e non con me?

"No", mentii. "Mi dispiace per quello che le ha detto ieri".

"Oh, sono abituato a ben altro", liquidò le mie scuse mentre aldilà della cornetta sentivo chiaramente aprirsi la porta del suo ufficio. "Mi scusi un momento, dottoressa Low". Quindi si rivolse a chiunque fosse apena entrato. "Potrebbe comunicare lei gli esiti ai famigliari? Grazie. Tenga questi moduli. Sono già compilati, basta portarli in accettazione. Nadine? E' ancora in linea?".

"Sì", mormorai, sentendo ogni cellula del mio corpo sgheggiarsi. 

Mi mancava tutto questo. Mi mancava il mio lavoro. Mi mancavano i miei pazienti. Li avevo abbandonati tutti senza nemmeno un saluto e sapevo con fredda certezza, che qualunque decisione avessi preso, molto probabilmente non li avrei ritrovati in vita al mio ritorno.

"L'ho chiamata per dirle che le concedo le ferie. Mi auguro che lei e suo marito prendiate la decisione più giusta. Ah, quasi dimenticavo. Ho notato che nella scheda dei suoi dati c'è segnato nubile alla casella del suo stato famigliare".

Bhe, lo ero fino a trentasei ore fa. "Provvederò ad apportare la modifica".

"Ha intenzione di mantenere il suo cognome o di prendere quello di suo marito?".

Annaspai. Non ci avevo pensato. A dire il vero non volevo nemmeno pensarci. "Potremmo discuterne al mio rientro?".

"Ma certo. Nessun problema. La saluto, dottoressa Low. Le auguro ogni bene".

SEI MIA PER DIRITTOWhere stories live. Discover now