TUTTI HANNO UN PASSATO

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POV ALEC

Non glielo avevo detto. Nemmeno ora che, per la prima volta da quando ci eravamo incontrati nel futuro, eravamo riusciti a ritagliarci un momento tutto nostro. 

Le parole non dette stavano marcendo dentro di me, trasformandosi in un fastidioso bruciore all'attaccatura dello stomaco. Infiammavano quella parte di me che mi urlava in faccia di essere un codardo. Eppure, ogni volta che gli occhi di Nadine incontrovano i miei, erano capaci di rimescolare tutte le mie emozioni, scuotendole a forza e lasciandole ricadere come piccoli frammenti di luce, oscurati dal coraggio che mi veniva a mancare. Sapevo che era questione di tempo. Prima o poi avrei dovuto metterla al corrente che esisteva un metodo per tornare nella nostra epoca senza che un sacrificio suggellasse la potenza e la misticità legati ad esso. Un semplice tatuaggio, cui il disegno era rimasto sepolto nei sotterranei del mio castello per più di quattrocento anni. Vista dall'esterno, quella possibilità poteva essere la soluzione più semplice. Ma dal mio punto di vista era tutto un altro paio di maniche. Lord Stuart era stato chiaro al riguardo, informandomi che non vi era l'assoluta certezza che avrebbe funzionato. Quello che non mi aveva detto era cosa sarebbe accaduto se quel tatuaggio non avesse funzionato. 

Un'altra fitta allo stomaco, più forte di quelle precedenti, mi fece quasi piegare in due mentre Nadine mi stava spiegando a cosa servivano quelle strisce bianche dipinte in mezzo ad una strada. L'ascoltai, fingendomi interessato, ben conscio che la mia mente era ancora sepolta in quel groviglio di pensieri e dubbi. E se Nadine e mio figlio fossero rimasti intrappolati in un tempo non definito? Se il tatuaggio non avesse funzionato, c'era forse il rischio che sarebbero rimasti imprigionati in un anno che non poteva contare i secondi e le ore? Per sempre? Oltre l'eternità? Era molto meno rischioso sacrificarmi in prima persona piuttosto che affrontare la paura che a rimetterci, sarebbe stata la mia famiglia. La sua sicurezza veniva prima della mia stessa vita. Lottavo in continuazione per conquistare il suo amore e poi mi ritrovavo a parteggiare per la mia morte... dovevo trovare un filo conduttore che riuscisse a far convivere questi pensieri contradditori che, proprio essendo tali, si contrastavano in un continuo tentativo di fusione.

Era dunque questo l'amore? Possibile che tutti quanti erano alla costante ricerca di questo sentimento, sapendo che non si può amare una persona senza tremare al solo pensiero di vederla soffrire, senza chiudere occhio per paura che qualcuno te la porti via? Che assurdità! 

"Cosa credete di trovare nei libri?", domandai, sollevando la testa per osservare l'ampio portone dall'aspetto antico. Intagliato nel legno, nella parte superiore, vi era incisa una scritta in latino: verba volant, scripta manent. "Le parole volano, ciò che è scritto rimane", tradussi a voce alta.

"Sai parlare il latino?", si stupì, bloccando per un momento la mano sulla grande maniglia intarsiata da piccole scheggie di vetro, prima di spalancare l'anta.

Le nostre ombre si allungarono in avanti, confondendosi l'una dentro l'altra. Restai ad osservarle, desiderando che i nostri cuori potessero fondersi allo stesso modo.

"Nel 1600 è una lingua molto diffusa. Allora?", la incalzai, avanzando dietro di lei per permettere alla mia sagoma di restare unita alla sua. In fin dei conti era l'unico legame che al momento sentivo di avere con lei. "Da dove facciamo partire la nostra ricerca?".

"Sai leggere?", chiese, impacciata.

La guardai di sbieco. "Certo che so leggere".

"Credevo sapessi usare solo la spada", ridacchiò.

Inarcai un sopracciglio, spostandomi di lato per consentirle di farmi strada. "Diciamo che alle volte, con determinate persone, la spada insegna più di quanto possa mai fare qualche parola scritta su un libro".

SEI MIA PER DIRITTOWhere stories live. Discover now