E' TUTTO UN SOGNO

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POV ALEC

Osservai l'ombra della tenda che si muoveva ad ogni alito di vento, accarezzando la schiena di Nadine in un'oscura carezza. Dalla piccola finestra si intravedeva uno spicchio di luna i cui raggi argentati combattevano per liberarsi dall'abbraccio delle nubi, precipitando poi all'interno della camera da letto per gettarla nella penombra. Avrei tanto voluto avere con me una candela per poter illuminare il volto di Nadine, ma in quella casa non ne avevo trovate. Ogni tratto del suo viso mi era mancato così tanto che mi sorpresi di essere riuscito a respirare per due mesi interi senza poterlo guardare. Era dolce, innocente, quasi prezioso, come un piccolo scrigno d'oro che nascondeva segreti e pensieri per me alieni. Ma nessuna battaglia vinta, nessuna esperienza passata mi suggerivano quale fosse la chiave adatta per aprirlo.

Ero costretto a rincorrere la mia donna saltando in varie epoche, e ogni volta dovevo farla innamorare di me, ricominciando tutto da capo, ricostruendo nel suo cuore l'amore che quel maledetto sortilegio distruggeva insieme ai suoi ricordi. 

Non c'erano alternative. Giusto o sbagliato che fosse, dovevo capire come raggirare l'ostacolo e avevo una sola settimana di tempo. E sarebbe stato tutto molto più semplice se gli ideali che guidavano la Nadine del futuro non fossero stati così differenti dai miei da porci su due piani completamente diversi. Potevamo parlarci ma non comprenderci. A meno che non avessi messo da parte tutto ciò che avevo imparato in quasi trentanni di vita per riadattare la mia testa a quella di un comunissimo uomo del futuro. 

Mi osservai nel riflesso della finestra e vidi il conflitto che infieriva dentro di me. Come potevo cambiare così tanto e in così poco tempo? Come potevo fingere di conoscere il nome di tutti quegli strani oggetti che sembravano non aver alcun utilizzo? 

E poi la mia mante tornò indietro nel tempo, fermandosi su alcuni ricordi legati a me e Nadine. Solo a quel punto cominciai a comprendere quanto fosse stato difficile per lei rapportarsi con me e i miei uomini. Non era una giustificazione per il suo carattere indomito e ribelle, ma una semplice e fondamentale constatazione. Era ammirevole il modo in cui aveva affrontato un'epoca in cui ogni suo atteggiamento rischiava di essere interpretato come stregoneria. Mi aveva affrontato a testa alta, gettandosi alle spalle l'intera esistenza per costruirne una nuova insieme a me. Ed ora dovevo fare altrettanto. Ma non ci sarei riuscito finchè lei non mi avrebbe creduto.

I fatti. Aveva bisogno di fatti, prove, poi l'avrei avuta in pugno. Le informazioni che avrebbe tratto da me sul passato potevano essere verificate, e ciò avrebbe avvalorato la mia dichiarazione di aver realmente vissuto nel passato e di essere stato con lei nel 1612.

Di colpo la mia mente venne attraversata da un viso. Forse c'era una soluzione. E quella soluzione aveva un nome.

Le sistemai le coperte e tornai di là, dove la sua amica stava mangiando qualcosa da un sacchetto. Sul retro lessi Fonzie e ogni parte di me attinse nella memoria un'evento che apparentemente credevo di aver rimosso.

"Fonzie", lessi ad alta voce.

Mary fece scattare la testa verso di me e si ficcò un dito in bocca, succhiandolo senza malizia. Poi scosse il piccolo sacchetto e lo allungò verso di me. "Ne vuoi un pò?".

"Allora è vero", mormorai.

"Che cosa?".

"Se non lecchi le dita godi solo a metà".

Mary si infilò un altro dito in bocca e quando lo tolse fece schioccare le labbra, tutta soddisfatta. "Te l'ha detto Nadine?".

"Mmmm", restai sul vago, prendendo il sacchetto che mi stava porgendo.

Infilai la mano e pescai alcune patate dall'aspetto strano e particolarmente secco. Non ero poi così certo di volerle assaggiare dopo averne sentito l'odore.

SEI MIA PER DIRITTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora