Due.

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Capitolo revisionato.

Mentre cammino, è come se io sia ferma al mio posto e tutto intorno si muova. Ho la testa fra le nuvole, totalmente. Fisso lo sguardo sui miei piedi, incentrandomi per qualche istante sul meccanismo delle gambe che permette al mio corpo di avanzare, e ripenso alla telefonata ricevuta ieri sera. 

Ero stesa sul letto, nullafacente come al solito. «Alisya!» ha esclamato qualcuno che, probabilmente, non avevo salvato in rubrica.

«Ehm.. sì, con chi parlo?» ho chiesto, incerta. Non ricevo spesso telefonate, se non da Lorena -la suora che mi ha preso in affidamento quando ero neonata.

Di tutta risposta, ho avuto una fragorosa risata che ha fatto tremare il telefono e stordire le mie orecchie. «Fai sul serio, Ali!?».

Mi sono illuminata ed ho sorriso, col cuore che ha cominciato a pulsare freneticamente. No, sul serio? Non potevo crederci e, a dirla tutta, ancora stento a farlo.

Continuavo a sorridere come un'ebete, ma rendendomi poi conto che non potesse vedermi, ho detto:«Perla! La mia Perla, oh Dio! Quanto tempo... come stai?». -chiesi, alzandomi di scatto e cominciando a percorrere la stanza con stravaganti saltelli, avvertendo lo stato d'animo mutarsi prontamente.

Le ultime note erano velate da appannata malinconia. Perla si era trasferita quando eravamo al terzo anno di liceo, a causa del lavoro dei genitori -entrambi carabinieri. E' stata una separazione difficile da superare e risentire la sua voce mi ha portato le lacrime agli occhi, inevitabilmente. Nonostante io sia orfana e non abbia mai conosciuto le persone che mi hanno messa al mondo, Perla mi ha fatta sentire meno sola ed io le sarò grata per sempre.

Ha messo fine ai miei pensieri e, conoscendomi, è andata subito al sodo. «Che domande! Sto bene, grazie! Ti chiamo perché ho una notizia da darti. Innanzitutto...prooonta?» -ha esclamato, preparandomi mentalmente. «Sono a Rimini!».

Mentre parlava, ho trattenuto il fiato e gli occhi mi si sono fatti lucidi. Non ho risposto, al che Perla ha sospirato, senza dire nulla. «Ali, vorrei vederti domani, se è possibile. Il resto... preferisco dirtelo da vicino.» Mi sono tappata la bocca per lo stupore, non potevo crederci -e non ci credo neanche ora- al fatto che stia per vederla.

No, un attimo, ho pensato. Il resto? Cos'altro aveva da raccontarmi?

Si è interrotta, probabilmente in attesa di un cenno di vita da parte mia. «Certo...» -ho balbettato, inquisitoria- «Possiamo incontrarci al bar dove lavoro. Ho anche io tante cose da raccontarti.»; in realtà la mia vita è monotona e noiosa, ma qualcosina da raccontare ci sarebbe sicuramente stata. Credo. Le ho comunicato l'indirizzo e ci siamo date appuntamento.

Dunque eccomi qui, in attesa, seduta ad un tavolino di legno, con un'elegante candela al centro; è a forma di rosa bianca e ne accarezzo distrattamente i petali. 

L'aria è tesa. Io sono tesa. L'ansia sta per mangiarmi viva. Come ci si comporta con una persona che non vedi da più di tre anni?

Oh, bella domanda. A quest'età un anno significa tanto; figuriamoci tre. Esperienze, gioie, dolori... tutte cose che si affrontano e che, inevitabilmente, ci cambiano. Non so chi mi troverò davanti, cosa ci saremmo dette? Ci sarebbe sempre stata quella confidenza, che avevamo concesso l'una all'altra in passato? E cosa avrà da dirmi? Ma soprattutto perché, diamine, mi sto facendo tutti questi problemi?

La mia io interiore si catapulta disperatamente con la testa nel muro, più volte. Ansia futile. Non ha senso che io abbia tutte queste preoccupazioni, dopotutto è stata lei a richiamarmi. Cerca di convincertene, Alisya. 

Heart of CourageWhere stories live. Discover now