Trentasette - Alys.

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Dedico questo capitolo speciale alla mia piccola sorellina, con la speranza che sappia quanto tengo a lei, e quanto lo facciano anche le persone che le sono attorno.

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Sto per rispondere, ma sono interrotta da uno strano rumore proveniente dalla tasca dei suoi jeans. Michelangelo storce la bocca esitante e si allontana per sfilare dalla tasca il cellulare.

Ad un tratto, le sue sopracciglia si aggrottano, donandogli un'espressione buia e tormentata. Picchietta col pollice sullo schermo per rispondere a qualcuno, poi lo ripone in tasca, ancora accigliato. Chi gli ha scritto?

I suoi occhi tristi mi guardano sfiniti, e per qualche attimo si perdono nei miei. Sbuffa e abbassa lo sguardo, facendolo scorrere da un punto all'altro del marciapiede, in modo frenetico e rincretinito, come se stesse escogitando qualcosa.

Sbatto le palpebre, confusa. «Michelangelo?» - sussurro, invitandolo silenziosamente a comunicare come una persona normale; ma sembra che un pensiero terribile gli abbia appena attraversato la mente: dejavù, della prima volta che siamo usciti, con la differenza che adesso non ci siamo scambiati il nostro primo bacio.

Sbuffa, ignorandomi nuovamente. Aggrotto le sopracciglia, confusa, e cerco di nascondere il respiro, che si fa sempre più reciso. Che hai, Michelangelo? Perché fai così?

Solleva di nuovo gli occhi, lo sguardo grigio e pesante che purtroppo conosco molto bene.

Non è un buon segno.

Non è per niente un buon segno.

Sbuffa, per poi voltare le spalle e camminare verso la macchina, lasciandomi interdetta come un'idiota. Ho lo sguardo puntato sulla schiena di Michelangelo, sperando invano che si volti a rispondermi. Alza una mano e piega ripetutamente un indice, invitandomi a raggiungerlo, consapevole del fatto che lo stia ancora guardando. Naturalmente.

«Non sono un cane.» -mormoro, tra me e me. Decido in ogni caso di seguirlo, con la speranza che mi dica cosa diamine gli passi per la testa.

Cerco inutilmente di stare al suo passo e raggiungerlo, avvertendo il respiro farsi sempre più affannoso. «Ma che è successo!?» - esclamo in maniera affranta, sperando che almeno si degni di rispondere.

Resta in silenzio, raggiunge la sua portiera e, prima di aprirla, mi rivolge un'inspiegabile occhiataccia truce.

«Sali.» -ordina, freddo.

Mpff, se lo scorda. Alzo un sopracciglio, risentita dalla sua ruvidezza. «Ma ti freghi!» -rispondo, facendo un gesto secco con la mano.

«E sali, muoviti Alisya!» -sbraita nervoso, per poi sbattere la portiera con violenza e lasciarmi perplessa; disattiva le quattro frecce e abbassa i finestrini.

«Tu hai qualche problema al cervello. 'Fanculo.» -sussurro, sperando con tutta me stessa che mi abbia sentito. Dopo questo fenomenale teatrino, ha anche il coraggio di invitarmi a salire in macchina. Ma che cazzo gli prende?

«'Fanculo tu.»

Fantastico. Prima scopro che dei criminali mi danno la caccia, poi che il mio ragazzo fosse a conoscenza di tutto ciò e infine devo anche essere trattata così, senza un apparente motivo.

Giro i tacchi e faccio 'ciao' con la mano, congedandolo. «Ci vediamo quando ti calmi.» -mormoro.

Sbuffa. «Chiama Perla, fatti venire a prendere.» - lo sento mormorare.

«Non chiamo proprio nessuno.» - mormoro e, dopo dieci secondi, sono già dall'altra parte della strada, con le lacrime agli occhi e il folle istinto di tornare indietro.

Heart of CourageWhere stories live. Discover now