Otto.

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Capitolo revisionato.

L'atmosfera è a dir poco imbarazzante; Michelangelo guida in silenzio, sospirando di tanto in tanto, mentre io poggio la tempia al finestrino freddo, osservando la vita notturna animata della mia città. Vorrei spezzare questo mutismo, solo che non trovo il modo.

Ogni tanto lancio delle occhiate fugaci nella sua direzione, ed ogni volta provo ad acciuffare dei piccoli dettagli appartenenti al suo viso; un piccolo neo vicino l'orecchio, la mascella squadrata, le labbra carnose che di tanto in tanto si schiudono, lasciando oltrepassare uno sbuffo, a causa del traffico in cui siamo incastrati.

Si volta nella mia direzione, con un sorriso che va da un orecchio all'altro. «Sono felice di essere qui con te, stasera.».

Incrocio le braccia, divertita, e cerco in tutti i modi di scacciare l'imbarazzo formatosi sulle mie guance. «Come potevo negarti questo piacere?».

«Ah, cara» -esclama, derisorio, afferrandomi il mento con le dita- «Se è per questo, sono io ad onorarti con la mia presenza.».

Soffoco una risata. «Non mi fai né caldo né freddo.».

Poggia di nuovo la mano sul cambio. «Sono profondamente offeso.» -mormora, scuotendo la testa.

«Dico solo quello che penso.» -ribatto divertita, con voce un po' stridula, scrollando le spalle.

«Ah, sapessi cosa penso io in questo momento...» -mormora, continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.

Mi mordo un labbro, divertita, per poi avvicinarmi quel che basta per lasciargli un bacio sulla guancia. «A cosa pensi?» -domando, maliziosa, quando mi allontano e torno al mio posto.

Si morde l'interno di una guancia e socchiude gli occhi, come a trattenersi. La penombra, la macchina chiusa, i vetri fumè, la confidenza che io gli sto dando, Michelangelo che fa lo stesso. «Sto pensando a...».

«A?» - lo sprono a continuare, civettuola, piegando le gambe e voltandomi nella sua direzione.

«A dov'è casa tua.».

Ma come, a dov'è casa mia? Non mi sta mica dicendo che mi riaccompagna a casa... la serata non può finire così. «Ci sei cascata.» - esclama, dinanzi la mia espressione perplessa e delusa. «Però, se non ti aggiusti il vestito, ti riporto a casa e salgo anch'io.».

Schiudo le labbra e trattengo il respiro, per quanto le mie orecchie hanno appena sentito. Porto lo sguardo sulle mie gambe; eppure il vestito non è esageratamente sollevato. «Ti sconvolgi con così poco?».

«No, Alisya, tu mi fai perdere la testa con così poco.».

Contro qualsiasi aspettativa, mia e di Michelangelo, scoppio in una fragorosa risata per quanto udito; rido ancor di più nel momento in cui Michelangelo si volta a guardarmi, stranito. «Che c'è?» -domanda, con la fronte aggrottata e un mezzo sorriso stampato in volto.

Come faccio a spiegargli che vale lo stesso per me?, penso, mentre la risata che scuote il mio torace non mi permette di dargli risposta. In un attimo, una sensazione strana mi avvolge e, non so perché, ma mi sento come se volessi superare tutta questa prima fase, quella dove ci si incontra e si impara a scoprire sempre di più sull'altro. Vorrei passare alla fase in cui ci si conosce alla perfezione, da levigare ogni parte in eccesso e riempire quella mancante, per formare un incastro impeccabile.

A questo pensiero, la mia risata va rimpicciolendosi e, senza motivo, l'ansia di quello che sta succedendo mi avvolge il collo con le mani. E se andasse male, qualsiasi cosa si sta formando tra di noi? Non posso far entrare Michelangelo così velocemente nella mia vita, non posso e non voglio. Io sono autosufficiente. Autonoma. Indipendente. Sono sicura di me.

Heart of CourageWhere stories live. Discover now