Quaranta.

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Perla ha avuto la fantastica idea di invitare tutte le ragazze a casa nostra, per la fase del trucco e dei capelli, neanche dovesse sposarsi e festeggiare l'addio al nubilato. E' per tale motivo che, dalle sei di questo pomeriggio, c'è un continuo via vai, tra piastre e arriccia-capelli.

Dovresti seriamente smetterla di brontolare, Alisya.

Preferisco aspettare che le acque si calmino rilassandomi sul letto, mentre Lucia si piastra i capelli, contemplandosi allo specchio agganciato all'armadio della mia camera; le altre ragazze, Roberta, Grazia e Angela sono nel bagno, o almeno credo: il loro canto sembra provenire da lì.

«Non oso immaginare cosa succederà, quando andremo in vacanza.» -borbotto annoiata, piegando gli angoli della bocca verso il basso.

«Stasera dobbiamo decidere la meta, absolutely.» -ribatte Lucia, guardandomi dallo specchio. «Dobbiamo prenotare.».

«Sono passata dal non aver mai viaggiato in vita mia, al fare due viaggi in una sola estate!» -attesto ridacchiando, per poi scorrere una mano fra i capelli, liscissimi e profumati grazie allo shampoo che ho fatto oggi pomeriggio, prima che arrivasse la ciurma.

«Mi rincuora renderti felice.» -dichiara, scrollando le spalle. Sebbene ciò che ha detto sia piacevole e gentile, tuttavia i suoi occhi e il suo carattere risultano freddi, come il ghiaccio. E' probabile che per lei sia stato un grande sforzo, dire una frase del genere. Com'anche è prevedibile che, se provassi ad abbracciarla, mi scaglierebbe dall'altra parte della stanza.

«Cos'è questa?» -chiedo, interessata, guardando una strana borsa quadrata e dalla tinta nera, poggiata sul letto. Allungo una mano, curiosa di scoprirne l'interno.

«Non toccare!» -urla Lucia, come se le avessi appena puntato una pistola contro.

Il suo strillo mi fa sobbalzare, e istintivamente porto le mani al petto. «Ma che problemi hai?» -sbotto, stufata ma anche un po' divertita.

Con ancora una mano puntata verso di me, mi rivolge un sorriso calmante. «E' la mia macchina fotografica. Non sfiorarla.».

Scoppio a ridere. «Tu l'hai messa sul mio letto, che ne sapevo io!».

«Ora lo sai.».

«E perché hai una macchina fotografica?».

«Sono la fotografa del Carnaby.».

«Ahhhh.» -bofonchio, dimenando le mani, una volta compresa la situazione.

Restiamo per alcuni minuti in silenzio. Comincio ad essere sonnolenta, sdraiata su questo letto da ore. «Come mai Marta non c'è?» -chiedo, sinceramente interessata, fissando lo sguardo sulla sua schiena.

Mi piacerebbe coltivare un'amicizia con quella ragazza, soprattutto adesso che abbiamo chiarito. Insomma, non è che dobbiamo essere amiche per la pelle da un momento all'altro, ma sembra essere l'unica mancante oggi, e la sua assenza si avverte.

«Ci raggiunge stasera con Raffaele. Neanche Giovanni, Achille e Riccardo saranno dei nostri, dato che vanno alla festa di un loro amico.».

E guarda caso, qual è il nome che ha messo per primo?

«Ah, ho capito...» -sussurro, mescolando alla frase un prolungato sbadiglio. Mi alzo malvolentieri dal letto; percorro adagio i pochi metri che ci distanziano, come se le mie gambe pesassero dieci chili l'una.

 Mi alzo malvolentieri dal letto; percorro adagio i pochi metri che ci distanziano, come se le mie gambe pesassero dieci chili l'una

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