Ventuno.

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Sto cercando con tutte le mie forze di non pensarci, ma fallisco puntualmente. Il mio pensiero ricade sempre su Michelangelo.

Mi chiedo, davvero curiosa, quali siano le sue intenzioni. Perché ho a che fare con un ragazzo così lunatico?

Sospiro. Parli proprio tu. Vorrei davvero, davvero tanto, cambiare le cose; prendere coraggio, fare un bel respiro e mandargli un messaggio.

Le mie dita si muovono automaticamente, e decidono di digitare un sms a Michelangelo:

"Oggi sono andata a casa di Raffaele, e c'era -naturalmente- anche Marta. Puoi spiegarmi perché adesso siete insieme?".

Certo, come se potesse rispondermi. Sospiro, cancellando il testo.

Sono un'idiota.


Il mio stomaco protesta brontolando, e mi accorgo di non aver cenato. Dannazione, credo di aver perso lo stimolo dell'appetito. Ho fame, ma cosa posso mangiare?

Sospiro, mentre incrocio le gambe e la mia pelle striscia sul freddo e verde metallo della panchina.

I jeans si sono accartocciati sulla coscia e adesso pare che io abbia uno slip. Mi alzo e mi guardo intorno; con movimenti alquanto ridicoli, copro la gamba con il tessuto chiaro dei pantaloncini. Dovrò prenderne un paio più comodi e soprattutto più larghi: per Dio!

C'è un bar-gelateria di fronte. Credo proprio di aver voglia di un gelato.

Percorro il marciapiede e attraverso la strada. Entro nella gelateria; è davvero un bel posticino, semplice ma pulito. Non c'è molto, in realtà; ma c'è l'aria condizionata, ed un lungo bancone che offre almeno una trentina di gusti.

Diamine, c'è l'imbarazzo della scelta. «Buonasera.» -saluto, ad alta voce.

Una ragazza bionda, con una divisa blu ed un cappellino giallo mi sorride:«Ciao, dimmi.»

Ordino un cono da due gusti più panna. Questo è un momento davvero critico, ogni volta che prendo un gelato impiego cinque minuti solo per scegliere il gusto. Ce ne sono davvero tanti: dai classici, a quelli a frutta, dai gusti kinder a quelli densi, come la nutella. Dopo un'accurata riflessione, interrotta solo da alcune occhiate divertite che mi ha rivolto la ragazza, opto per Oreo e Smarties.

Prendo il mio cono, per poi pagare. Mi affretto ad uscire, perchè il mio gelato si sta pericolosamente sciogliendo, e varie gocce mi cadono sul dorso della mano, rendendolo appiccicoso.

Attraverso di nuovo la strada, risiedendomi sulla medesima panchina. E' vicinissima alle ringhiere che affacciano sul mare, dunque do le spalle a chiunque passeggi sul marciapiede, ed è una fortuna.

Lecco in santa pace il mio gelato, alla vista di nessuno e senza che qualche pervertito faccia commenti poco gradevoli. Faccio piccoli morsetti, avvertendo il gelo tra i denti, fino a mangiare tutta la parte esterna al cono.


Quando ho finito, sembro una bambina che ha appena finito di giocare con la colla stick: le mie mani sono appiccicose, e a nulla serve il misero fazzolettino della gelateria. 

Mi guardo intorno alla ricerca di aiuto: la salvezza è a pochi metri da me. Guardo con occhi luminosi la piccola fontana, che giace abbandonata in un angolino del litorale.

Mi alzo, avvicinandomi in fretta. Sollevo la maniglia dell'acqua e...

«Cazzo!» -impreco. Ho tutte le gambe bagnate, pare che qualcuno ci abbia messo una bomba dentro questa fontana. «Vaffanculo.»

Heart of CourageWhere stories live. Discover now