Sei.

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No, non ci credo. Sul serio? Ma è qui per le chiavi, o abita nel mio stesso palazzo? Perché, se è così, torno a vivere qui senza esitazione.

Quando le pietre preziose blu zaffiro fissano il loro sguardo sulla mia figura, mi rendo conto che effettivamente non è un miraggio, ma è proprio qui, a pochi metri da me. E' la prima volta che fisso i miei occhi nei suoi, alla luce del sole. Sebbene io conosca a memoria la lista dei colori con tanto di codici identificativi, tuttavia per qualche attimo penso di non aver mai incrociato due gioielli tanto profondi e luminosi.

Scuoto la testa con un movimento impercettibile, tornando in me.

Le opzioni sono varie. Fingo di non conoscerlo? Se accenna a ieri sera gli dico che non portavo gli occhiali, dunque non lo ricordavo? Ma io non porto gli occhiali. Ero ubriaca? Sono la sorella gemella? Ma se sono orfana e figlia unica!

Riprendo a respirare regolarmente, cercando di darmi un contegno, ed alzo gli occhi al cielo. Non dovrei farmi persuadere dall'agitazione; alla fine è solo un imbecille che ha voglia di prendermi in giro, altrimenti non si spiegherebbe quel sorrisetto compiaciuto che porta in volto. «Ma guarda chi si rivede!» -esclama, allargando le braccia e sbandierando un umorismo fuori dal comune. Cosa c'è di tanto divertente?

«Ciao...» -borbotto, indifferente, malcelando la smorfia in cui la mia espressione si trasforma. «Sei qui perché...».

«Sono 'quello delle chiavi'.» -mi interrompe, unendo le mani alla base della sua schiena e facendo oscillare il peso del corpo dalle punte ai talloni, nervosamente.

Qualcuno mi aiuti a capire il perché di questa fantastica coincidenza.

«Vuoi entrare?» -anche se per me potresti restare fuori la porta. «Sai com'è, non vorrei scappassi di nuovo.» -e questa da dove è uscita, Alisya?

Evito di aggrottare le sopracciglia per quanto detto; ostentando sicurezza, come al solito, arriccio il naso, civettuola, come se non avessi rivelato una minuscola percentuale di interesse nei suoi riguardi. «Ho delle chiavi da consegnarti.» -continuo, con un sorriso acido, mentre mi scosto, invitandolo silenziosamente ad entrare.

«Ed io ho delle chiavi da prendere!» -afferma con enfasi. Dio santo, ma non si rende conto di essere ridicolo?, «Scappare di nuovo? Che intendi?» -domanda, un cipiglio in volto e il labbro inferiore sporto in avanti; una faccia da prendere a schiaffi. Non so se stia fingendo o meno; in ogni caso, urta violentemente il mio sistema nervoso.

«Niente di importante.» -mormoro, scrollando le spalle. No, assolutamente, nulla di importante. «Accomodati.» -aggiungo, chiudendo la porta d'ingresso. Sembriamo due attori di una patetica commedia, in cui i protagonisti fingono di trattarsi con gentilezza ma al contempo si odiano. Ecco, io credo di odiarlo.

Dannazione, è colpa di quel sorrisetto che continua a sfoggiare senza motivo, se il mio cervello ha deciso di disdegnarlo. Indossa una maglia verde chiaro e dei jeans corti, che gli arrivano sopra al ginocchio. Anche se, effettivamente è magro, sembra enorme; mi chiedo se sia la solita posizione che assume, o se stia rafforzando i muscoli della schiena e delle braccia per mettersi in mostra. Alzo gli occhi al cielo per quanto è ridicolo: molto più probabile la seconda.

«Allora, queste sono le chiavi.» -gliele consegno, cercando di avere un tono deciso e sicuro, mentre penso alla solita sfortuna che mi ha portata a questa coincidenza. Allungo un braccio e, facendo ben attenzione a non sfiorare la sua pelle, deposito le chiavi nel suo palmo. Tiro un respiro e schiudo le labbra per dire:"Ora puoi andartene.", ma quello che fa mi provoca un sussulto: infila le chiavi in tasca con un movimento rapidissimo e, con la stessa velocità, afferra la mia mano, ancora sospesa a mezz'aria. «Comunque, io sono Michelangelo.»

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