Capitolo 1

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Sbatté piano le palpebre per liberare gli occhi da quel velo di tenebra che li aveva avvolti durante il sonno. Si sollevò a sedere e una violenta scarica di dolore gli attraversò la schiena, lasciandolo senza fiato per un lungo istante. I suoi occhi grigi scandagliarono l'umida cella in cui si trovava, ancora offuscati dalla sonnolenza; gli ci volle qualche secondo per ricordare dove si trovasse e per capire che quelle immagini che aveva appena rivissuto, per quanto vivide, erano solo un sogno.

Un ricordo.

Mandò un sospiro che si perse nell'irreale silenzio che sovrastava i corpi addormentati degli altri ragazzi. 

Erano trascorsi sei mesi.

Sei mesi da quel ultimo ricordo.

Sei mesi dalla sua cattura.

Sei mesi dall'ultima volta che aveva visto Furlan.

Mi chiedo se tu sia ancora vivo... si sorprese a pensare.

Era accaduto tutto così in fretta: si erano lasciati alle spalle la brughiera e, dopo giorni di cammino, erano riusciti a raggiungere una delle poche zone ancora considerate sicure, dove avevano deciso di fermarsi.

Si erano rifocillati, Furlan aveva addirittura legato con un paio di ragazze del posto e alla fine, esausti, erano scivolati entrambi in un sonno senza sogni.

Loro erano arrivati all'improvviso.

Le vesti scure e gli stivali imbottiti li avevano celati anche agli sviluppati sensi di Levi, che aveva scorto la loro presenza quando era ormai troppo tardi.

Si era battuto. Dopotutto era forte, abile e abituato da sempre a combattere. Era certo di averne uccisi parecchi.

Ma loro era numerosi.

Lo avevano colto alle spalle, come i peggiori vigliacchi e tramortito.

L'ultima immagine che si era fissata nella sua memoria era il volto di Furlan sfigurato da una smorfia rabbiosa e il suo grido, che invocava il nome di Levi.

Da allora, di lui, non aveva più saputo nulla.

Quando si era risvegliato si era ritrovato in quella cella, con mani e piedi serrati da strette catene; con lui decine di ragazze e ragazzi di tutte le età.

Ci venderanno al primo postribolo o al primo bastardo che ci farà ammazzare di fatica.

Ormai si era come rassegnato a quel pensiero.

Se nei primi giorni aveva perlomeno cercato di ribellarsi le continue botte e umiliazioni avevano fiaccato il suo spirito battagliero.  Si era piegato.

Affondò la testa nelle mani e si strinse le ginocchia al petto con un guaito strozzato; erano trascorsi giorni dall'ultima volta che qualcuno si era preoccupato di dargli da mangiare e lo stomaco gli doleva con sempre più frequenza.

Per non parlare di quell'indistinto dolore alle spalle dove, uno dei suoi aguzzini, uno di quei maledetti cacciatori di tesori, aveva avuto la brillante idea di incidergli la pelle con un tatuaggio a forma di ali.

Una bianca e una blu. 

Aperte, come quelle di un angelo.

<<Questo qui è parecchio carino>> aveva detto quando, durante l'ispezione della merce si era ritrovato di fronte a Levi:

<<Bel corpo, un visino niente male e...- le dita uncinate si erano serrate contro la mascella del ragazzo, ma non un gemito era sfuggito a quelle labbra contratte. 

-E due occhi da paura...>>

<<Un vero angioletto non credi? Il nanerottolo qui ci frutterà parecchio>> era stato il sadico commento di un secondo cacciatore.

<<Quasi mi dispiace venderlo senza poterlo provare...>>

Lo sputo di Levi lo aveva  colpito in pieno volto, sulla guancia sbarbata.

<<Lurido...>> 

Levi si era ritrovato a terra, con lo stomaco premuto contro il pavimento sporco, con quel maniaco seduto a cavalcioni sulla schiena.

Invano aveva cercato di dibattersi.

<<Che caratterino! Credo di avere appena trovato il nome per questo insolente>> La biforcuta lingua dell'uomo gli aveva carezzato l'orecchio, riempendolo di saliva, poi la voce falsamente carezzevole gli aveva sussurrato: <<Angel>>.

Levi si riscosse scuotendo con forza il capo a destra e sinistra. Quel nome gli rimbombava in testa da mesi. E con lui la terribile certezza che, ora che aveva un nome, non sarebbe passato molto prima che si decidessero a venderlo.

Aggrottò la fronte nella sua solita espressione accigliata cercando di valutare, forse per l'ennesima volta, come fare per uscire da quella sgradevole situazione.

Ma, come sempre, non trovò alcuna soluzione.

Un'eco di passi lo distolse dai suoi pensieri. Si rizzò di colpo, imitato da qualcuno dei suoi compagni e tese le orecchie.

Che si fossero improvvisamente ricordati di nutrirli?

La porta si aprì con un cigolio fastidioso e una luce divampante illuminò la cella, accecando Levi per un istante; <<Angel!>> berciò la figura appena apparsa sulla soglia, colpendo il pavimento con il pesante bastone che reggeva tra le mani.

<<Angel!>>

Levi si levò in piedi, con la mano premuta contro la fronte come unica protezione per gli occhi.

Nell'aria riecheggiò il tintinnare di un mazzo di chiavi; 

<<Preparati angioletto. Oggi conoscerai il tuo nuovo padrone>> 






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