Capitolo 37

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Mi dispiace sia trascorso così tanto tempo dall'ultimo aggiornamento. Wattpad mi ha dato un sacco di problemi (cancellando il capitolo più volte, fino a farmi passare la voglia di scrivere per un bel po') e gli esami non hanno contribuito...
Ci tenevo comunque a ringraziarvi, qualche giorno fa questa storia ha superato le 10k di visualizzazioni, un traguardo che mai mi sarei aspettata di raggiungere.
Grazie. Questo capitolo è per tutti voi.

Levi.

Apro piano gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di volte per liberarmi dalla stanchezza dovuta all'ennesima notte trascorsa in bianco.

La luce del sole, che sguscia attraverso  le persiane, alla pari di un ladro, illumina distrattamente le mie mani, libere dall'ingombro del lenzuolo.

Mi prendo un paio di minuti per ricordare dove mi trovo: le pareti di legno, i mobili scarni e modesti, privi, tuttavia di polvere o sporco, insieme al leggero russare di Furlan steso nel letto a fianco al mio, mi riporta tutto alla memoria, soffocandomi di informazioni.

Sono a Shiganshina, una delle ultime comunità libere.
E sono salvo.

Ogni volta, questo ultimo pensiero mi colpisce con una violenza spaventosa.

Mi sollevo seduto e la luce del sole, come in un muto saluto, percorre la mia pelle ancora segnata dagli orrori di Duncan, sfiorandoli in una calda carezza.

Respiro piano, massaggiandomi il collo ormai libero dalla costrizione del collare: deglutire e muoverlo mi provoca ancora forti dolori e i lividi non sono ancora scomparsi, ma è una sensazione piacevole.

Dal collo, lascio scivolare le dita verso la spalla, là dove si erge la terribile D e... il morso di Eren.

Lo delineo piano, scoprendomi a sorridere.
Ogni tocco mi riporta alla mente un particolare del suo viso; ogni carezza è un bacio gentile che ho ricevuto.

Torna a prendermi moccioso, penso, come se quel piccolo pensiero potesse raggiungerlo.

Torna a prendermi.

È in quel momento che ci conficco con forza le unghie.

Un gemito mi sfugge dalle labbra, mentre l'odore del sangue mi raggiunge le narici; con le unghie scavo in quella ferita cercando di riaprirla, scarnificando la pelle per impedirle di guarire.

È una follia...ma quel dannato morso è tutto ciò che mi resta del moccioso.

L'operazione è breve, ma estremamente dolorosa e a fatica riesco a impedirmi di svegliare Furlan con i miei guaiti.

Quando ho finito, lascio crollare la mano sulle lenzuola candide, insozzandole con piccole macchie cremisi; resto così, con le mani in grembo incrostate di sangue, la fronte impregnata di sudore, la bocca spalancata in cerca d'aria e lo sguardo vuoto.

Sono libero, mi ripeto, ma so che non è vero.

***

<<Oi mastro Levi, avete sentito la notizia?>>

Il moro era così preso dal suo lavoro che quasi non udì la voce di Oruo.

Immagazzinare le scorte della comunità era un lavoro noioso e pesante, eppure, per qualche motivo, a Levi non dispiaceva per niente.

Riordinare, pulire, catalogare.
C'era qualcosa di estremamente rilassante. Qualcosa che gli impediva di pensare.

Sollevò lo sguardo dalla grossa cassa che aveva appena finito di sistemare, per posarlo sul tozzo ragazzo che lo stava sfinendo di chiacchiere da più di un'ora; Oruo era alto e sgraziato, con un viso che ricordava quello di un vecchio, piuttosto che un giovane nel fiore della vita.

Apocalipse EreriWhere stories live. Discover now