Capitolo 4

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-'No, non toccarmi. Cazzo no, no, cazzo, va via!' Mi sveglio urlando, madido di sudore.
Bree è ai piedi del letto che mi guarda triste e spaventata. Sentivo le sue mani che cercavano invano di svegliarmi, ma non ci riuscivo. Guardo l'orologio e sono le tre del mattino. Troppo presto. Mi passo una mano tra i capelli, anche quelli sudati. Lei mi guarda, aspettando che dica qualcosa, ma non ho niente da dirle, niente di bello almeno, così mi alzo dal letto e mi avvio verso il bagno, imprigionando il suo sguardo perso dentro al cuore, prima di chiudere la porta.

Quando riemergo, Bree è a letto. Si è coperta con un lenzuolo e mi da le spalle. Non indossa il suo top e mentre mi avvicino, posso scorgere i suoi nei, la linea della sua spina dorsale, l'alone della sua piccola anima. Sfioro con le dita le sue costole, rabbrividisce ma non si gira.
Le bacio una spalla, poi l'altra, poi il collo.
-'Cosa c'era nel tuo incubo?' Dice girandosi, con un'innocenza che mi blocca.
-'Non cominciare.' Dico quasi sbuffando. Smetto di carezzarla e mi accendo una sigaretta alzandomi dal letto, diretto verso il terrazzo. Mi segue.
-'Voglio saperlo. Dimmelo.' Insiste. Mi irrito.
-'Perché cazzo vuoi saperlo, eh?' Sbotto frustrato. Lei mi guarda un attimo prima di rispondere. Poi sorride. Un sorriso amaro.
-'Perché mi sono promessa di amare tutto di te. Anche quello che ti fa paura.' Dice senza finzione o falsità, mentre io rimango bloccato nella potenza delle sue parole. La guardo per un tempo infinito senza distogliere gli occhi dai suoi. E' così bella. Mi avvicino e le sfioro una guancia con la mano, lei chiude gli occhi poggiandosi ad essa e per un attimo, dimentico tutto. La stringo a me e la bacio, un bacio che dice tutto, tutto quello che forse non sarò mai in grado di dire. Quando ci stacchiamo, siamo entrambi senza fiato. Sorride.
-'Nel mio incubo c'è lei. Ci siamo noi in una scena di vita normale, poi lei va via e il buio è onnipresente. Mi vuole prendere, mi vuole con sé. Al niente dico di non toccarmi, al vuoto dico di andare via, ma quando lei non c'è, lui non se ne va. Non lo fa mai.' Sussurro scuro in volto. Lei mi guarda e pesanti lacrime solcano le sue guance stanche.
-'Forse io e il mio amore, non saremo mai abbastanza grandi per eliminare lei e il dolore che ti causa eppure, non smetterò mai di provarci.' Dice più convinta ed io vorrei rispondere che lei è più che abbastanza, che lei è tutto quello che un povero mortale potrebbe mai desiderare nella vita, eppure resto zitto, resto a guardarla e a chiedermi cosa abbia fatto mai di buono, per averla accanto a me.

In ufficio, non ci sono particolari incombenze, ma resto comunque fino a tardi a lavorare. Sono le ventuno e l'intero edificio è vuoto. Resterei volentieri un altro po', ma ho voglia di bere e ciò mi induce ad andarmene. Giù al palazzo, vedo Blondie. E' poggiata elegantemente vicino la mia macchina e il mio umore migliora di colpo. Indossa dei morbidi pantaloni neri a zampa, con una camicia lunga manica color lilla e un giubbetto corto di pelle e scarpe con il tacco alto. Ha raccolto i capelli in un coda alta e ogni volta, mi sembra sempre più bella della volta scorsa. Vorrei toccarla ma resisto.
-'Giusto in tempo. Stavo per andare a prendere una birra, ma magari adesso potrei prendere te.' Dico con voce peccaminosa, mangiandola con gli occhi. Lei ride di gusto e tutto il mondo, si ferma a guardarla.
-'Sei sempre il solito romantico. Magari se fai il cattivo potrai prendermi dopo. Al momento, anche io ho sete.' Dice con voce affabile. Mi fa perdere la testa. Le apro la porta della macchina e lei si accomoda sbattendo le ciglia. Ognuno di noi, sa a che gioco sta giocando l'altro ed è per questo che ci divertiamo. Andiamo al vecchio bistrò dove ci piaceva andare il venerdì e ci scoliamo un paio di birre come se non fosse mai cambiato niente. Balliamo lì senza musica e la sua pelle, ha lo stesso profumo di casa, lo stesso profumo di quando finalmente ritrovi qualcosa che ti è mancato da morire. Quando torniamo a casa, sono già ubriaco di lei. La voglio, la desidero. Lei si spoglia lentamente per me e quando rimane nuda davanti al mio letto, so con certezza che da qualche parte lassù Dio esiste e che anche se si è impegnato molto a fare il mondo, solo quando ha creato lei, ha creato tutto il dannato universo. 

-'Non mi hai ancora detto che ci facevi lì fuori ad aspettarmi.' Dico affondando il naso nei suoi capelli, mentre la stringo a me più forte. E' appoggiata sul mio petto mentre siamo ancora a letto, mentre lì fuori, la luna intreccia le stelle.
-'Avevo voglia di vederti. Non credo ci sia altro da dire.' Dice così, come se fosse la cosa più normale del mondo. Per un attimo, sorrido.
-'Io ho sempre voglia di vederti, ma non è abbastanza.' Sussurro. A lei non sfugge niente.
-'In che senso non è abbastanza?' Dice adesso guardandomi in viso. Bellissima.
-'Perché vederti, significa anche vederti andare via e certe sere in cui la luna non c'è, io non sono così forte.' Dico lasciando cadere per un attimo, paure e barriere. I suoi occhi si bagnano improvvisamente ed io la stringo a me. Singhiozza.
-'Ti amo.' Dice tra le lacrime ed io mi perdo nel suo corpo che per stanotte, è la mia casa.

E ti guardo dormire, mentre mi bevo un goccio ed io mi chiedo come possa dal nulla, come possa dal marcio che c'è in me, sbocciare un fiore come te. Ed io mi chiedo come possa a fine novembre, sbocciare un fiore come te e come tu possa essere la mia primavera fuori stagione.

Rehab. Non ti amerò mai come meriti.Where stories live. Discover now