Capitolo 5

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Mi sveglio stranamente rilassato. Blondie è già andata via, ma non mi aspettavo di trovarla. Lei è così, non ha bisogno che le si dica di andare via, non ha bisogno che le si dica di restare. D'altronde non lo fa mai. Durante la nostra relazione, era così facile dire di si, così difficile dire di no. Avevamo lo stesso brutto carattere e la stessa passione nell'odiarci fino a distruggerci, con la differenza, di esser sempre pronti a raccogliere gli uni, i pezzi mancanti dell'altro. Un tempo qualcuno avrebbe detto, che solo lei sapeva ricostruirmi, che solo lei era il pezzo mancante di me stesso, ma non è così, forse non lo è mai stato. Sono sempre stato integro io, è lei che mi ha distrutto, che mi distrugge ed io glielo permetto perché solo lei può. Continuerei con questo mio discorso melodrammatico del cazzo, se non fosse che bussano alla porta e se non fosse Grace.

-'Ciao bambina. Mi sei mancata.' Dico con voce smielata. Lei sembra perdersi per un attimo. Oh, è così facile. Le sfioro una guancia con un dito, poi con due, poi con la mano. Lei si avvicina lentamente, pensando che non lo noti e socchiude gli occhi. Una mano è sul suo collo, l'altra sul suo sedere, lei schiude le labbra, convinta che io la baci, impaziente che io la baci. Mi avvicino e le sue labbra sfiorano la mia barba. Inspira ed io mi allontano, scoppiando a ridere.
-'Ma non eri arrabbiata con me? E ora è cosi facile averti?' Rido sommessamente. Lei apre gli occhi di scatto e sbuffa irritata.
-'Io sono sempre arrabbiata con te, ma poi mi distrai.' Dice, facendo un bel respiro e provando a calmarsi. Si toglie il soprabito, poggiandolo al divano, rivelandomi un vestito color viola davvero molto corto. Non indossa le calze. Resisto.
-'Non mi offri nemmeno da bere?' Chiede passandosi una mano tra i capelli con fare distratto. Assottiglio lo sguardo.
-'Perché, hai sete?' chiedo noncurante mentre prendo la bottiglia di vino bianco dal frigo. Lei deglutisce mentre si accomoda sul divano.
Mi osserva.
-'Molta.'Risponde appena, accavallando le gambe. Le porgo il bicchiere di vino, sedendomi accanto a lei e mentre si sporge, fingo di farlo cadere accidentalmente. Il vino le cola addosso ed io mi infiammo.
-'Scusami, sono così distratto.' Dico, fingendo desolazione nella voce. Se ne accorge. Si asciuga delle gocce con un dito per poi portarselo alla bocca.
-'Buono.' Sussurra appena, guardandomi dietro le lunga ciglia. Ai.
-'Scommetto che è ancora più buono, se versato su di te.' Sussurra ancora, per poi portare lo stesso dito, sulla mia di bocca. Ah, Grace.
-'Tesoro, io vado, ho le prove a teatro. Buona giornata.' Sento appena le parole di Grace, mentre mi da un bacio sulla fronte e se ne va. Forse sto sognando.

Quando riemergo, sono le sei del pomeriggio passate. Ho passato l'intero sabato a dormire, cosa che non mi succedeva da tanto, tantissimo tempo. Sarà stato il vino o l'effetto che mi fa avere un'altra donna, dopo che ho toccato Blondie. Scuoto la testa, versandomi un brandy, impedendomi di pensare a lei. Le sto dando troppa importanza.

In serata, mi ritrovo fuori casa di Bree. Le luci sono spente e non si sentono rumori. Busso alla porta e al campanello più volte, ma non apre nessuno. Strano. Faccio il giro della casa e vedo che la finestra della sua camera da letto è aperta. Entro silenziosamente, e la scorgo sul letto, con addosso solo la sua felpa. Sta dormendo e non si accorge della mia presenza. Decido di lasciarla dormire, mentre mi guardo intorno. La sua scrivania è un caos di libri e appunti e la sua grafia disordinata invade le pagine bianche, sullo sgabello accanto ci sono dei vestiti, magari quelli che ha indossato durante il giorno e per un attimo, annuso una sua maglietta. Che sciocco. Lascio perdere i vestiti e mi avvicino al suo letto. Come sempre guardo le fotografie appese al muro, notando con stupore che ce ne sono altre, sempre tutte diverse. Adesso c'è qualcuna di Bree mentre studia in biblioteca sommersa da volumi enormi, mentre fa la linguaccia a qualcuno che sta scattando la fotografia. Noto con attenzione anche una foto mia, mentre sono al bar che bevo qualcosa da solo con lo sguardo perso. La foto è stata scattata da dietro il vetro, forse proprio da lei una di queste sere fredde di novembre. Sorrido appena. Un sorriso malinconico. Ci sono anche altre foto, foto nuove di lei e di quel ragazzo, James. Ce n'è qualcuna al parco mentre sono su una panchina, con lei che ride e lui che la guarda pieno di meraviglia. Un'altra mentre forse sono ad una festa, lei con la sua mini di pelle rossa e la mano di lui sulla sua spalla, qualcuna mentre sono al peschereccio, seduti a tavola, con un enorme piatto di pasta davanti con Bree che sorride maliziosa. Ce n'è anche qualcuna di sua zia mentre cucina e una di lei e sua madre quando era poco più che una bambina. Chissà come andavano i rapporti tra di loro, non mi ha più raccontato niente. Anche se io, nemmeno gliel'ho chiesto. Per un secondo, mi rabbuio. Distolgo lo sguardo dal collage sempre più grande, distratto dai versi che Bree sta emettendo. Mugola qualcosa di incomprensibile nel sonno, per poi girarsi un paio di volte senza svegliarsi.
Ah piccola, chissà cosa stai sognando.
Chissà se mi stai sognando.
Con le dita sposto una ciocca di capelli caduta sul suo viso dietro l'orecchio e mi viene da sussurrarle una ninna nanna che un tempo conoscevo ma che adesso non so più cantare. E mi viene da sussurrarle una favola che mia madre mi raccontava da bambino, dove c'era una guerriera coraggiosa e un principe da salvare. Sai, quando le chiedevo perché era lei a dover salvare lui, mi rispondeva che anche gli uomini potevano essere fragili, che le donne vengono salvate sempre, ma agli uomini chi ci pensa? Ecco Bree, secondo me sei tu quella guerriera che mia madre mi raccontava.
E se non ti ho incontrata prima, era solo perché non eri ancora nata.
Sei così piccola e così buona.
Io così cattivo e così solo.

Rehab. Non ti amerò mai come meriti.Where stories live. Discover now